Salerno: GdF, maxi evasione fiscale, denunce

 Al termine di una lunga e complessa indagine, è stata scoperta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Salerno una maxi evasione fiscale perpetrata da una società operante nel settore dei trasporti. Nello specifico, si è trattato di un lavoro di paziente ricostruzione che ha consentito agli investigatori: di considerare non detraibili 3 milioni di euro di I.V.A. e accertare 200.000 euro di I.R.A.P. non versata nelle casse dell’Erario; di recuperare a maggiore tassazione ai fini delle imposte dirette 4 milioni di euro di costi ritenuti indeducibili; di segnalare all’Autorità Giudiziaria due responsabili per i reati di dichiarazione fraudolenta e dichiarazione infedele (art. 3 e 4 del d. lgs n. 74/2000). Le indagini, avviate d’iniziativa a seguito di una mirata attività di analisi, hanno evidenziato che il contribuente, da un lato, al fine di abbattere notevolmente il reddito su cui calcolare le imposte dirette, ha riportato costi non documentati e, dall’altro, al fine di beneficiare di indebiti crediti I.V.A., interpretando arbitrariamente una norma che consente agli autotrasportatori di posticipare il momento della registrazione delle fatture, ha indicato dati non veritieri nelle liquidazioni periodiche ed ha omesso di indicare operazioni imponibili. Successivamente, è stato richiesto all’A.G. competente, l’emissione di apposito decreto per il sequestro per equivalente di beni nella disponibilità della società. Il provvedimento, eseguito nei giorni scorsi, ha consentito di sottoporre a sequestro preventivo circa 15.000 euro di somme di danaro detenute su un conto corrente bancario e ben 59 automezzi del valore complessivo di 280.000 euro. è importante sottolineare, nel caso in esame, l’applicazione  della norma che – introdotta con la legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) – estende anche ai reati tributari la c.d. “confisca per equivalente”, ossia la possibilità, qualora non si possa procedere alla confisca dei beni che costituiscono il diretto profitto del reato, di “aggredire” comunque i beni di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente al suddetto profitto.