Liberi, davvero?
“Non c’é nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri”.(René Descartes) Il celebre filosofo vissuto nella prima metà del seicento ha, a mio parere, sintetizzato una piccola grande verità, difficilissima da accettare. Cosa mai abbiamo il potere di controllare appieno, della nostra esistenza, se non i nostri pensieri? Anche su quelli, in verità, abbiamo assai meno controllo di ciò che possiamo in buona fede credere, condizionati come siamo in maniera più o meno occulta. Certo, all’epoca di Cartesio non esisteva la globalizzazione o la pubblicità, lontani erano i tempi del famoso fotogramma di Watson, le teorie sul condizionamento di Pavlov e dello stesso Watson, eppure la natura umana non era certo molto diversa da quella odierna. Casomai erano molte meno le occasioni in cui menti più assetate di potere esercitavano le loro influenze sui più fragili. Oggi l’uomo è molto fragile, estremamente sensibile alle lusinghe del carisma e dello stereotipo. Non si può spiegare altrimenti l’inerzia intellettuale dei nostri giorni, in cui langue in modo francamente preoccupante lo spirito critico del singolo individuo. Dove regna l’inerzia intellettuale, presto o tardi tiranneggia la paura. Meglio, molto meglio chiudersi nelle isole più o meno felici delle nostre quattro mura, piuttosto che porsi domande e trovarsi nella condizione di doversi rispondere. Questa sorta di anestesia interiore è una delle prime cause dell’anomia morale con cui iniziamo a confrontarci. Cos’altro mai può esserci dietro episodi aberranti come il pestaggio del bimbo di soli sei anni di Catanzaro da parte di tre compagni di scuola? Oh, certo, si può parlare di disagio, di bullismo ultra-precoce, si possono interpellare studiosi di ogni risma. Questo non toglie che la prima causa di atti di violenza, specialmente se compiuti in gruppo, sia una totale assenza di comprensione empatico-emotiva del rapporto io-altro. Paroloni tecnici per esprimere un concetto terra terra: io vivo nel mio mondo, il tuo non mi appartiene e non mi interessa, il tuo dolore non mi appartiene e non mi interessa, il mio piacere conta, null’altro. Così è più crudo, ma chiarissimo. Aiutare sin da piccolissimi i bambini a riflettere sulle loro azioni è fondamentale, ma ormai chi riflette più su ciò che ci circonda? Siamo tutti, o quasi per fortuna, informatissimi sull’ultimo insulto volato in un qualsivoglia reality o sul campo di calcio “del cuore”, ma chissenefrega del profugo che rischia la pelle inseguendo una speranza, al massimo vade retro se lo piazzano a qualche chilometro da noi. Fragili siamo, fragilissimi di fronte a qualunque condizione rompa l’equilibrio della quotidianità. E pensare che nulla possiamo controllare, se non i nostri pensieri, e sempre meno anche quelli: dipende dal coraggio che abbiamo di uscire dai nostri schemi interiori. Oggi, il buon Cartesio, avrebbe pane per i suoi denti, trovando ben difficilmente esseri umani liberi e consapevoli dei propri pensieri. E probabilmente si limiterebbe solo a occuparsi di Scienza e non dell’uomo.
Ottimo articolo. Ben vengano gli articoli di riflessione, specie se hanno il dono della sintesi e non riciclano aria fritta o concetti per pochi eletti. Complimenti per essersi sbilanciata con un finale che la dice veramente lunga. Perdoni il linguaggio rozzo, ma non sono un filosofo.
Roller