Piana del Sele: Usb, proposte per immigrati

Cambiamento ed innovazione costituiscono una componente strutturale della società contemporanea; i territori le cui strutture sociali ed economiche oppongono maggiori resistenze a cambiamento ed innovazione si collocano in settori marginali dello sviluppo; questi stessi territori presentano marginalizzazione economica, sociale e culturale. Nel nostro meridione l’agricoltura ha visto l’egemonia del feudo e del latifondo dall’Unità d’Italia fino al dopoguerra, con bassissima produttività e competitività dei prodotti ed immobilità sociale e politica, offrendo l’emigrazione e l’espatrio come sbocco alla povertà ed alla miseria, e la repressione violenta per i movimenti contadini che aspiravano alle riforme. In questa violenza mafia, brigantaggio e camorra imparavano a convivere e coadiuvare lo Stato.  Il meridione, durante la prima metà del novecento, è caratterizzato dalle lotte bracciantili per la distribuzione delle terre e l’esproprio del latifondo incolto ed abbandonato, le classi dirigenti meridionali caratterizzate da trasformismo in politica si distinguevano per la reazione ottusa ad ogni cambiamento. La ferocia come reazione al cambiamento ha invece distinto le classi dirigenti del nord industriale e degli agrari allorché nel primo dopoguerra dietro le spinte delle classi popolari – operai e contadini- invece che accettare la sfida del cambiamento consegnarono l’intero paese al fascismo ed alla sua ferocia. Nel dopoguerra, alla fine degli anni sessanta, le classi popolari italiane  – anche in virtù della scolarizzazione di massa, anche questa frutto delle spinte innovative dei movimenti operaio e contadino –  entrano in empatia coi vasti movimenti del 68 che intanto attraversavano l’Europa ed il mondo occidentale, chiedendo il superamento delle politiche dei bassi salari e della tirannia dei profitti. Anche in questa occasione storica le classi dirigenti anziché cogliere il nuovo e le spinte all’innovazione rispondono con le stragi, rilanciando la strategia della tensione già sperimentata anni prima a Portella delle Ginestre per arrestare il movimento contadino e lasciare la società nell’immobilismo degli agrari mafiosi ed imprenditorialmente ignavi. Suffragio universale prima, scolarizzazione di massa, Statuto dei lavoratori, Legge sul divorzio, Sistema sanitario nazionale aperto a tutti, accesso all’acqua ed alla rete elettrica, sono le innovazioni più alte raggiunte nel nostro Paese e coincidono coi momenti più alti, diffusi e radicati di lotte sociali. Possiamo dire che le grandi innovazioni in Italia hanno sempre visto le classi dirigenti aspramente avverse  ed incapaci di coniugarne il valore civile con la produttività del lavoro, al timone con la frusta; le classi dirigenti italiane hanno prediletto l’uso della forza agli investimenti in sapere e innovazione tecnologica e sociale, ritornando a scaricare sulle classi popolari le difficoltà delle congiunture economiche, delle crisi e delle variazioni dei mercati europei e mondiali. Mai in Italia le spinte al cambiamento ed alle innovazioni sono pervenute dalle classi dirigenti, sempre sono pervenute dalle lotte sociali ed economiche e civili, nel pieno della occupazione nazista dell’Italia, la monarchia, espressione più alta delle classi dirigenti, pavidamente, meschinamente fugge all’estero e spetterà alle classi popolari, agli studenti ed agli intellettuali riscattare il paese dall’onta fascista dotandolo al fine della straordinaria Carta Costituzionale, di certo la più grande delle innovazioni sociali culturali e politiche. Nel tempo presente la grande sfida del cambiamento viene posta alla società italiana ed alle sue classi dirigenti dalle migrazioni e dai cambiamenti che la presenza fisica di milioni di donne e uomini di culture e storie differenti portano sui territori. Mentre è in atto un atteggiamento di ostilità, chiusura e voracità di sfruttamento da parte di ampi settori politici  ed economici della società italiana, altre componenti sociali e culturali, politiche e sindacali accettano la sfida del confronto, dei diritti e del rispetto della dignità umana, nella consapevolezza che nell’oltraggiare una persona l’unica dignità a cadere è quella di chi oltraggia. Ora il cambiamento investe intere aree geografiche del pianeta sconquassando antiche strutture sociali e d economiche determinando forte spinte alla innovazione sociale e politica e tecnologica e dei processi lavorativi ed innalzando, come mai prima, la produttività sociale del lavoro. Per quelle aree geografiche e politiche dove stentano ad affermarsi le innovazioni istituzionali ( partecipazione delle classi popolari alle decisioni politiche)   e dei processi lavorativi le classi popolari trovano sbocco nella emigrazione e nell’espatrio, una migrazione fortemente caratterizzata dalla ricerca di valori culturali aperti ed agibili fisicamente, e che per questo investe  principalmente i giovani. Il Ministro dell’Economia Tremonti  ha avuto in questi giorni, parole di riconoscimento della realtà del mondo del lavoro degli immigrati : Washington, 16-04-2011.“In Italia ci sono 4 milioni di immigrati, tra cui moltissimi giovani che lavorano da mattina a sera e anche di notte. L’Italia è un paese che offre lavoro a certe condizioni a certe persone evidentemente non c’è domanda per questi tipi di lavoro da parte di altri”. Lo ha detto il ministro dell’Economia Tremonti, sottolineando come tra i giovani “immigrati non c’è disoccupazione”.  A chi gli chiede se sia il caso di chiudere all’immigrazione o se i giovani italiani debbano adeguarsi, Tremonti ha detto: “Escludo la prima ipotesi”. E a chi gli ricordava che da noi c’e’ il 30% di disoccupazione giovanile il ministro ha replicato ribadendo: “da noi ci sono 4 milioni di immigrati che lavorano e non credo che siano dei nullafacenti. Non mi risulta che ci sia disoccupazione tra i giovani immigrati”, anzi, a suo avviso “e’ tutta gente che lavora tantissimo”. Secondo il ministro bisogna piuttosto chiedersi “che lavori fanno gli immigrati?”.tantissimo”. Secondo il ministro bisogna piuttosto chiedersi “che lavori fanno gli immigrati?”. Il riconoscimento del lavoro svolto dal popolo dei migranti richiede coerenza nelle decisioni politiche e la regolarizzazione attraverso i permessi di soggiorno. Non c’è dubbio che una politica di restringimenti dei permessi di soggiorno incrementa il lavoro nero e mal pagato. Dietro la negazione dei permessi di soggiorno e l’ipocrisia dei flussi delle golf e badanti c’è il brutale sfruttamento della forza lavoro come in passato. Case analysis-Per tre lavoratori migranti che in una azienda florovivaistica vengono tenuti a lavoro nero, l’imprenditore (sic!) ha un guadagno illegale di cento mila euro all’anno, ovvero ha un abbattimento di costi di cento mila euro, secondo le tabelle paghe in vigore dal 1° dicembre 2010 del Contratto nazionale di lavoro degli addetti idraulici-forestali e idraulici agrari. Il Contratto Nazionale prevede la giornata lavorativa di sei ore e trenta minuti per sei giorni settimanali, per complessive 39 ore settimanali di lavoro; nella nostra azienda modello i nostri lavoratori migranti lavorano dalle otto di mattina alle nove di sera, perchè le piantine richiedono una attenzione costante. All’imprenditore modello non viene per nulla in mente che si dovrebbe organizzare il lavoro secondo due turni e quindi raddoppiare il numero dei lavoratori della sua azienda. Tre lavoratori che fanno il lavoro di sei. Ogni lavoratore viene pagato per 25/30 euro al giorno (giornata lavorativa di 12/13 ore), con un costo di 700 euro mensili a lavoratore, per cui tre lavoratori in un anno vengono a costare 25 mila euro avendo svolto il lavoro di sei addetti. Ma ogni addetto, secondo la legge, non costa men di 20 mila euro all’anno comprensivi dei contributi, della tredicesima e quattordicesima mensilità prevista dal contratto di lavoro, 6 lavoratori dunque comportano un costo di 120 mila euro, ma il nostro imprenditore modello ne ha pagati solo 25 mila, e non ha finito di lucrarci. Per sfuggire ai controlli dell’ispettorato del lavoro deve dichiarare un numero congruo di dipendenti a cui versa il minimo dei contributi, ed ecco spuntare amici e parenti come dipendenti con i quali divide anche la indennità di disoccupazione. Interpellato l’imprenditore modello vi dirà che questo è un modo per difendersi dal mercato dove sono presenti altre due tipologie di imprese, in grado di fare prodotto a costi ancora più bassi dei suoi, quella che prende i finanziamenti e quella che lava i capitali della camorra; “quando una di queste imprese mette sul mercato 600 mila piante di stelle di natale a 2 euro mi ha distrutto con le mie 60 mila che posso vendere a non meno di 3 euro”. Il nostro lavoratore della Piana del Sele, con la paga dell’imprenditore modello può permettersi abitazioni con contratti di affitto dove si dichiarano 200 euro al mese pagandone 350/400 per due stanze, per i più fortunati, per gli altri spesso l’abitazione è un cascinale senza acqua e senza elettricità a 300 euro al mese, per altri ancora rimangono i dirupi della Piana.La ricchezza dei bisogni cui i lavoratori migranti sono portatori vanno considerati come una ricchezza per le sfide  innovative richieste in termini di contrattazione aziendale e territoriale, alloggiativa, sanitaria, della mobilità e dei trasporti, scolastica, culturale, per questo occorre il riconoscimento del permesso di soggiorno esteso a tutti i lavoratori ed il riconoscimento della dignità della persona. Per questo chiediamo: permessi di soggiorno per i lavoratori immigrati (emersione e regolarizzazione per chi lavora) soluzione doppia espulsione (art. 14, comma 5 ter, Dlgs 286/1998) alloggi: monitoraggio di edifici pubblici abbandonati nella Piana del Sele e strutture sequestrate ai poteri criminali con affidamento in comodato d’uso ai lavoratori immigrati per 20 anni; sanità, mobilità, trasporto pubblico