Fisciano: viaggio all’Università senza orientamento

Anna Maria Noia

“Chiedete a qualcuno!” al posto di “Chiedete a qualcun altro!”: è stata la “pronta” ma un po’ confusa risposta di uno studente universitario che (oscuramente) si aggirava – come noi che scriviamo, ma noi siamo noti per la mancanza di senso di orientamento dappertutto, anche nel paese dove risiediamo – tra le mura “confortevoli” dell’ateneo di Salerno pochi giorni fa; eravamo dunque per un’incombenza al ben noto campus di Fisciano dove (sicuramente) non manca niente ma che si sta progressivamente provincializzando, diventando ancor più in qualche modo (certamente non per la maggioranza degli studenti) “parcheggio” per i giovani che vi si recano sacrificando soldi e tempo, avviliti e mortificati dall’illusione/lusinga di un posto di lavoro come miraggio, “poveri” cervelli in viaggio verso alte (e altre) mete. Ci muovevamo nei corridoi sempre più spogli dell’università “modello”, alla ricerca spasmodica e ansiosa di un docente cui consegnare una nostra opera da poco presentata, ma – anche se siamo “reduci” parecchi, troppi anni fa della stessa struttura, che ci ha sfornati e lasciati poi alla nostra ed altrui mercè – non avendo trovato il nostro uomo abbiamo chiesto a tutti coloro che incontravamo: siamo partiti dalle aule e dal “settore” di Scienze della Formazione per poi arrivare a Ingegneria, approdando a Lettere e infine a Giurisprudenza. Ebbene: nessuno sapeva niente di tale professore! Vergognosamente non abbiamo incontrato, sebbene nel nostro neanche tanto breve percorso (abbiamo girato l’ateneo in lungo e in largo, attraversando la Piazza del Sapere) né valide indicazioni, né (men che meno) bidelli: le garitte e i punti di ritrovo – non ben segnalati – erano in molti casi e in molti settori delle varie facoltà vuote e senza referenti che sapessero dove potevamo andare.  Questo per ciò che concerne il piano terra. Salendo agli altri e alti piani le cose non sono andate meglio: tra studenti disorientati e altri invece orientatissimi e sicuri del loro “cammino”, che percorrevano a grandi passi i pochi metri che li separavano dalle sale di ricevimento dei docenti, la nostra avventura/disavventura è proseguita sempre a chiedere di un corridoio effimero e irraggiungibile dove finalmente riposare le stanche membra impegnate nella ricerca per porgere il nostro scritto al prof di cui sopra e magari berci un caffè al distributore automatico.Una università così bella, tanto grande ma con così poche indicazioni e segnalazioni non si era vista da tempo, magari il rettore – sempre impegnato in prima fila a difendere e a dare attenzione al nostro prestigioso ateneo, migliore qualitativamente anche di altre realtà per offerta formativa – sarà stato “distratto” dalla attuale campagna elettorale per l’elezione a sindaco di Napoli, alla quale è candidato o forse i problemi da noi rilevati sono, erano già a monte prima. Magari la famigerata legge Gelmini e le altre già applicate hanno rovinato la didattica universitaria anche ma non solo dell’ateneo salernitano, per cui anche le cose non afferenti alla stessa didattica e all’insegnamento tout court sono scombussolate, perfino a Salerno. O forse non è così? Senza poi parlare degli altri servizi/disservizi che si riscontrano palesemente nel campus di via Ponte don Melillo: autobus che tagliano le corse, già da tempo ma nuovamente in ottemperanza al piano di rientro dai debiti del Cstp (in vigore da maggio), soprattutto per quanto riguarda la linea S. Severino-Università-Acquamela, già ridotta in passato; aule caldissime d’inverno mentre all’esterno si gela, il percorso è una vera e propria galleria del vento; lavori in corso un po’ in tutti i corridoi; sporcizia per terra, incuria nei prati e nei giardini che circondano il complesso (stiamo però parlando di quello di Fisciano, non è così – forse – a Lancusi e a Baronissi); come sopra detto mancanza di punti di riferimento e di segnali appositi e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Inoltre, “grazie” ai tagli nell’ambito professionale e dell’insegnamento e della ricerca universitaria contenuti nelle varie riforme è in gioco e in bilico anche la qualità della stessa ricerca, già stigmatizzata dagli “scioperi” e dai presìdi che i giovani dottorandi e dottori hanno attuato per giustamente protestare contro questi inganni e contro le offese che lo Stato sta elargendo ai ricercatori cha hanno sacrificato il tempo migliore della propria vita inseguendo la chimera della laurea, del “pezzo di carta” per poi dovere ripiegare – sfruttati al massimo – su lavoretti poco pagati (cococo, cocopro, contratti a progetto, di formazione, di lavoro interinale, part time, parasubordinati) oppure recarsi al Nord o all’estero, “scappare” da questo sistema politico, sociale e soprattutto lavorativo ma anche culturale che non privilegia la meritocrazia. Una temperie creata (ma voluta anche da noi elettori) dai politici che riempiono di vuote parole le orecchie dei “poveri” e sconcertati elettori, assecondando la raccomandazione e l’essere “figlio di”, trovandosi al posto giusto nel momento giusto. Ma tornando a noie alla nostra “visita” al campus, privi di quel fondamentale dono che costituisce il senso dell’orientamento e per la cui mancanza – lo ammettiamo – ci perdiamo spesso nei labirinti delle nostre pur piccole cittadine figuriamoci nel dedalo dell’università (e siamo anche giornalisti!), girando l’ateneo abbiamo riscontrato tante, troppe cose che non vanno, al di là della opulenza che comunque caratterizza Fisciano: abbiamo pure notato che l’università stessa non si apre più di tanto al territorio; molti degli eventi che i giovani e meno giovani frequentatori ed habituè propongono, siano essi teatrali, musicali, jazzistici, radiofonici (c’è un’attiva web radio presso il campus) o di altro genere, sono spesso vissuti al chiuso dei locali dell’ateneo, non raggiungibili da navette o da quant’altro la sera e la notte, per cui: come vivere al meglio la partecipazione dell’università sul territorio? Ai posteri l’ardua sentenza, diceva il poeta (Manzoni). Infine – e concludiamo il discorso, già troppo polemico per le nostre intenzioni: siamo accomodanti noi, come giornalisti (e non dovremmo esserlo) – perché oggi non si intensificano i rapporti tra università e mondo del lavoro, tra istruzione e imprese magari locali, in modo da non permettere che tanti studenti si rivolgano ad altri Paesi esteri per poter realizzare quanto di più ambiziosamente dovuto al loro status di laureati? Perché non potenziare se non rifondare anche le materie cosiddette letterarie, spesso contemplanti nel futuro post laurea solo il già inflazionato mondo dell’insegnamento, così vituperato? Ci lasciamo così, sperando che le nostre parole siano servite o servano a qualcosa e/o a qualcuno per aiutare la nostra struttura educativa a emergere dalla pigrizia e dall’ adagiarsi su sterili obiettivi autarchici ma poco proficui.