Il turismo macabro? Il vero dramma e’ il vuoto interiore

Giovanna Rezzoagli

L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è dato dal triste spettacolo dei turisti di Pasqua in visita nei luoghi in cui si è consumato l’atroce assassinio di Carmela “Melania” Rea. Come dimenticare le immagini di chi si fermava, dieci anni fa, a fotografare lo chalet di Cogne, o il cascinale di Casalbaroncolo, via via sino ad Avetrana o a Brembate di Sopra? Semplicemente, è difficile non provare disagio di fronte a questa macabra forma di curiosità, che poi altro non è se non una manifestazione amplificata della stessa curiosità che spinge gli automobilisti a rallentare di fronte ad un incidente stradale, creando a loro volta situazioni di pericolo. Per gli studiosi del comportamento umano il fenomeno non è poi così insolito, casomai è interessante l’amplificarsi dello stesso negli ultimi anni, probabilmente a causa della grande attenzione che i mezzi di comunicazione riservano ai casi di cronaca più efferati. Sono, come spesso accade, gli animi più strutturalmente suggestionabili ad essere coinvolti in questa sorta di contagio emotivo che non contempla tuttavia un senso di pietas verso chi ha perduto la vita e verso chi resta a piangerlo. Nel lontano 1995, non lontano da casa mia, si consumò una tragedia famigliare quale Sestri Levante non ne aveva mai conosciuto: un giovane, Carlo Nicolini, uccise e smembrò i suoi genitori, giungendo a compiere atti di cannibalismo. Era convinto, nella sua follia, di averli liberati dal demonio, uccidendoli. Chiaro e lampante esempio di patologia psichiatrica, Nicolini venne internato in un istituto psichiatrico, dal quale fuggì quattro anni fa gettando nel panico tutta la città. Venne ritrovato in breve tempo ed è tutt’ora ricoverato. In pochi, fortunatamente, conoscono questa storia e, soprattutto, il luogo preciso dove avvenne. Sono ormai tre anni che, per ragioni di lavoro, transito quotidianamente nei luoghi ove accadde questo dramma della malattia, che, è bene dirlo, nulla ha a che vedere col demonio, come il povero Carlo era stato condizionato a credere, nella sua pur grave patologia, da una educazione rigidissima impostagli da una madre ex suora. Ogni tanto ci penso, a questo povero ragazzo, ormai uomo di qualche anno più vecchio di me. Mai ho visto qualcuno aggirarsi nei pressi del luogo del delitto, probabilmente perché i vari talk show con fior fiori (appassiti…) di opinionisti, criminologi dell’ultima ora, e pochi serissimi psichiatri, all’epoca non erano ancora diventati la triste voce nel silenzioso vuoto che riempie i giorni di molti. Tornando ai nostri giorni, perché si sviluppa il turismo del macabro? Chi mai ha il coraggio di andare a curiosare nei luoghi dei più efferati crimini? Le risposte sono assai semplici: chi sente il bisogno di poter dire “io c’ero, ho visto, ci sono stato”. Chi vive di riflesso la vita altrui, forse per noia, forse per abitudine. Alcuni, per carità, esprimono dispiacere per le povere vittime, e probabilmente sono in buona fede, ma la natura umana è tale da spingere sovente i soggetti a “curiosare” nel macabro essenzialmente per esorcizzare la paura della morte. Il dato più interessante su cui vale la pena riflettere è che tale spinta è radicata nel profondo egoismo esistenziale, non certo verso un’altruistica volontà di compartecipazione ad un dolore altrui. Il turismo del macabro è null’altro se non, forse, la più macroscopica evidenza della povertà interiore in costante aumento. Specchio dei tempi o espressione di un’umanità in decadenza?

7 pensieri su “Il turismo macabro? Il vero dramma e’ il vuoto interiore

  1. gentile Counselor, bassezza morale, e stupidità umana non conoscono limiti. La fauna che popola ogni incidente stradale è un classico. Ma se si dessero da fare per essere utili. Invece intralciano e basta. Ma la stupidità si tollera, mentre l’odio profondo di Nicolini è argomento di indagine davvero interessante. Cosa è successo realmente in questo giovane per diventare quel che è diventato? Non ci sono effetti senza cause.
    Complimenti per l’artico. Con stima
    Giangastone

  2. Gentile Giangastone, Carlo Nicolini era, ed è, un uomo molto malato. Grazie alla mia professione conosco alcuni risvolti che non sono di pubblico dominio e tali debbono restare, per rispetto dei vivi e dei morti. Posso solo dirle che non è corretto utilizzare il verbo “odio” in questo contesto. Tante, troppe volte i cosiddetti “normali” si riempiono la bocca di concetti di cui non conoscono nemmeno il significato, per cercare di conferire una dimensione di normalità a ciò che la ragione si rifiuta di contestualizzare. E’ il grosso limite dei nostri tempi, un esempio che valga per tutti i continui riferimenti alla bellezza di Carmela Rea, quasi fosse una sorta di “spiegazione” per la sua fine atroce. Il dramma è che i mezzi di comunicazione, in un contesto di anomia comunicazionale, offrono ragionamenti belli confezionati ed il pubblico li introietta passivamente. Nella mia modestissima esperienza di counselor, posso affermare di aver dovuto sempre aiutare gli utenti dello sportello di volontariato che è attivo in Sestri Levante, in Chiavari ed in Rapallo, a riflettere sulla loro capacità di riflessione. Sembra un gioco di parole, invece è la realtà.
    Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli Ganci

  3. Carissima Dottoressa Giovanna,
    Credo che la curiosità sia un’inclinazione che assoggetta , forse, tutta l’umanità. Mi viene da pensare che chiunque legge un romanza di intrighi e di terrore, non vede l’ora di capire come finisce la storia. Ci si trova gusto a leggere , sia l’estremo bene che l’estremo male. Dico questo anche perché mi è capitato di osservare la curiosità della gente quando si accalca per osservare una coppia di sposi che esce dalla chiesa, o quando è appena accaduto un qualsivoglia incidente su persone o cose.
    La curiosità è il grande debole delle persone, alcuni vogliono sapere e indagare anche sulla vita privata dei vicini, specie dalle solite comare.
    Si, è una faccenda che infastidisce, specie se si tratta di infastidire la privatezza di chi ha subito una disgrazia, specie se di grande rilevanza.
    Parlando di curiosità, mi piace ricordare che un tempo a Lisbona vi fu un grande terremoto; il mare si ritrasse di parecchi metri, lasciando sulla sabbia migliaia di pesci saltellanti sulla sabbia che si era scoperta dall’acqua. Migliaia di persone accorsero sulla spiaggia per curiosare, ma una grande onda di maremoto se li inghiottì tutti. Quindi, da che il mondo è mondo , vi è stata sempre la curiosità
    Cordialità, alfredo

  4. Carissimo Alfredo, Lei ha perfettamente ragione in tutto ciò che afferma. La curiosità è un elemento che fa parte della natura umana, grazie ad essa siamo arrivati al nostro attuale livello di sviluppo, grazie alla curiosità si progredisce. Non tutte le forme di curiosità sono tuttavia sane, o meglio, sono indice di sanità. La curiosità manifestata da chi visita un luogo in cui è stato commesso un crimine, di sano ha ben poco, non tanto per il gesto in se quanto per le motivazioni che lo hanno determinato. Oggi lo spirito critico non viene stimolato nei giovani, e fisiologicamente tende ad atrofizzarsi con l’età, a pochi queste forme di curiosità sembrano inopportune. Eppure lo sono. Io comprendo bene ciò che Lei afferma sui libri, avendo sempre letto tanto, ancora oggi che la salute non è molto buona, un libro in via di lettura c’è sempre, magari ci metto un mese e non pochi giorni a leggerlo, ma per me è un buon compagno. Prediligendo il genere noir, il macabro lo apprezzo particolarmente, ma trattasi di finzione, nulla più, inoltre amo questo genere perché particolarmente efficace sulla mia mente per distoglierla da altri pensieri, non certo per bisogno di immedesimazione. Bisogno che invece molti hanno, non per nulla le nozze reali di domani calamiteranno la curiosità di miliardi di persone. Il terremoto di Lisbona da Lei citato, caro Alfredo, è un esempio concreto di come funziona l’animale uomo, che purtroppo per lui ha perso buona parte del suo primigeni istinto, ben pochi animali si sarebbero mossi subito dopo un terremoto dal loro rifugio…
    Un forte abbraccio
    Giovanna

  5. Grazie per la risposta e la sua analisi. Auguri sentiti perché possa affermarsi nella sua professione.
    Con stima
    Giangastone

  6. Carissimo Amico, io preferisco non saperlo (pur essendo curiosa anche io), se anche ad uno solo tra i miei Lettori piaceranno i miei scritti, allora io ne sarei felice. Io scrivo per condividere, non certo per imporre o condizionale o inculcare attraverso l’uso delle parole. Detto questo, Lei caro Alfredo è il Lettore a me più caro.
    Giovanna

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