Cervati: il progresso nasce dai sogni!
In una lettera inviata al settimanale Unico e nel relativo commento, i sostenitori del progetto per una stazione sciistica sul monte Cervati sono stati definiti “pionieri dell’assurdo” e “scienziati senza capiscienza”. Ebbene io sono uno dei pochi (o molti?) appartenenti a queste due categorie: come dire, sono uno di quelli che all’estasi preferiscono il “fare”, ai piagnistei le proposte, e ai rimpianti i progetti. Nello stesso tempo sono (cosa esecranda!) pur convinto che non si fa turismo senza turisti e che i turisti sono creature multiformi, spesso atemporali e destagionalizzati, talvolta sciatori e tal altra nuotatori, taluni pigri enogastronomi e altri instancabili camminatori, come pure vi sono poetici contemplatori o pragmatici amanti di piacevolezze, divertimenti e svaghi. Comunque siano, i turisti sono accomunati da una sola cosa: tutti portano il vile denaro che è l’unico strumento per creare attività, economia, lavoro e, quindi, sviluppo. Ciò vale per le zone costiere come per le zone interne, per le pianure come per le montagne, per le città d’arte come per i paesi presepi, per le valli come per le radure. Analogamente la sola condizione è costituita da amministratori, a tutti i livelli, che siano soltanto saggi e consapevolmente convinti che il territorio non si contempla ma si governa, si modifica esaltandone la tipologia, si conserva sviluppandolo, si rivitalizza popolandolo. Tutto questo va sotto il nome di turismo sostenibile o durevole. Credo che il Sindaco di Piaggine sia uno di questi e ben ha fatto a cogliere l’opportunità data dall’iniziativa dell’Amministrazione provinciale con il progetto del monte Cervati. Ne va dello sviluppo di una zona, del reddito delle famiglie, della desertificazione di un’area, delle “migrazioni” dei giovani, insomma ne va della vita di intere comunità che lentamente stanno scomparendo. Certo è suggestiva l’immagine dei piccoli centri dimenticati di cui parla la paeseologia di Franco Arminio, ma sono immagini di morte, di abbandono, di un ciclo che si è chiuso, della fine della storia, della vita che non c’è più. Sono immagini di uno spazio sul quale si leva in volo solo la hegeliana civetta a cantare e narrare ciò che fu e che ora non c’è, ciò che ormai è consegnato in sepolcri inariditi sui quali, forse, non cresce più nemmeno la gramigna: uno spazio buono, e nemmeno sempre, soltanto a ispirare i poeti della nostalgia e della memoria, del silenzio e dell’egotismo mentale.Certo il silenzio e il tramonto sono affascinanti, magari anche avvolti dal soffio musicale di un’aurea lieve, ma portano con sé pur sempre il timbro cromatico di un alito mortale. E se vogliamo essere più crudamente quotidiani e banali, diciamo che l’invito a lasciare “incontaminate” le nostre vette e i nostri prati, altro non è che vacua masturbazione ideologica che tuttavia non si fa scrupolo di esaltare lo scempio ambientale e la piena di denaro delle pale eoliche e degli sterminati campi fotovoltaici in nome di una presunta ecologica energia alternativa e rinnovabile. Che se poi vogliamo parlare di identità dei paesi presepi non mi pare che di essa sia restato molto, a guardare quei palazzoni anonimi, che nei decenni passati hanno invaso Piaggine, trasformandola in una pessima imitazione delle peggiori periferie cittadine, o i tanti altri borghi dell’alto e del basso Cilento, nei quali più che la salvaguardia del territorio e dell’identità è prevalsa la logica del cemento senza forma e dell’anomia della “casa ricovero”. E non si capisce in che sia stato “distrutto” il paesaggio del monte Cervialto, che da decenni riesce ad attrarre turisti (invernali ed estivi) pur restando innevato solo per qualche settimana, o del Terminillo, la cosiddetta “Montagna di Roma”, che oggi può essere considerata una delle stazioni turistiche invernali ed estive più importanti e meglio attrezzate dell’Italia Centro Meridionale. Entrambe queste vette sono paragonabili per altitudine e per appartenenza geografica, a quella del Cervati! E le piste per sciare non sono l’unica “attrazione” di queste località, essendo frequentate forse più nei periodi estivi che in quelli invernali. Esse hanno rappresentato l’occasione e l’opportunità per promuovere proprio quel “turismo naturalistico” ed ecologico, ideologicamente sbandierato e mai promosso concretamente dai sedicenti guardiani del paesaggio disumanizzato. Il problema è tutto qui. Se si vuole lo sviluppo bisogna attrarre i turisti e questi si attraggono creando strutture e attrazioni, accoglienza e ospitalità, promuovendo interventi mirati in linea con le potenzialità e caratteristiche del territorio, operando secondo i criteri del turismo sostenibile e durevole. Piaccia o non piaccia, spesso o sempre, sono i “pionieri dell’assurdo” a realizzare progresso e sviluppo. Il resto è stucchevole poesia dei luoghi comuni!
*Società Italiana di Scienze del Turismo
Sono d’accordo a determinare le condizioni per uno sviluppo del turimo ecosostenibile sul monte Cervati. Vorrei solo precisare che, oltre a superare le ostilità preconcette a suddetto progetto, occorre risolvere il contenzioso determinatosi all’interno del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano tra i comuni di Sanza e Piaggine, perchè l’annuncio della Presidente della Provincia di Salerno di costruzione di una stazione sciistica a Piaggine non ha tenuto conto che esistesse un precedente progetto inserito negli Accordi di Reciprocità, presentato alla Regione dalle comunità valdianesi ed esaminato dall’ex assessore al ramo Velardi. Poichè è inutile e dannoso mettere i paesi l’un contro l’altri armati, bisognerà rasserenare gli animi e lavorare sinergicamente , tutti insieme, se si ha veramente a cuore il decollo di nuove prospettive turistiche per i comprensori del Cilento e del Valo di Diano.
non credo che di matteo abbia colto il pensiero di arminio. sono visioni contrapposte, una, quella di di matteo, che come l’energia nucleare perpetua un fallimento conclamato, quello delle opere nel deserto e senza collegamento storico con il territorio, e quindi propone cattedrali che fanno pari con il famoso centro sportivo del vallo di diano. l’altra quella di arminio che parla della realtà e di come, a differenza degli sviluppatori turistici che porterebbero le hawai a cortina, la gente di paese usando i propri talenti ereditari possa offrire a questa società un’alternativa di vita possibile e gratificante.
tutta questa morte in arminio non la vedo, vedo uno scrittore/poeta un poco ipocondriaco che ha paura della morte eppure è capace di cogliere la vita proprio dove sta scomparendo.