L’Europa non si tocca

Giuseppe Lembo

Che strano paese è il nostro! Oltre che a farsi male al suo interno, dove c’è uno scontro di potere da vera guerra di annientamento dell’altro e dove cresce nella gente, l’indifferenza per tutto, tanti euroscettici si attrezzano per creare problemi di rottura anche con l’Europa e con il resto del mondo. È strano il nostro Paese; non capisce o meglio si rifiuta di capire l’importanza di una condizione politico-economica e sociale più allargata rispetto al resto del mondo. Chiudersi nel proprio recinto nazionale in un’epoca che è sempre più globale, dove tutto va assumendo dimensioni globalizzati ed anche la società degli Stati, si va trasformando in una società-mondo, non giova a nessuno e tanto meno al nostro Paese che, per vivere bene il proprio futuro, ha fortemente bisogno degli altri del mondo e prima di tutto dell’Europa. Isolazionismo e proibizionismo protettivo non ci giova e non giova per niente al futuro del nostro Paese. Oggi il mondo è miracolosamente unito da una rete di comunicazione e di rapporti umani in tempo reale che, attraverso internet, raggiungono anche gli angoli più lontani del mondo e creano una solidarietà umana a distanza, grazie alla quale cadono le barriere ed i confini tra le diverse razze e popoli della Terra. Non è neanche lontanamente pensabile per i “saggi” del nostro Paese (ma la saggezza è ancora un bene comune?), mettere in dubbio la partecipazione dell’Italia all’UE. Sarebbe un vero e proprio disastro per il futuro italiano; il nostro Paese, perderebbe ogni protezione allargata in termini di credibilità finanziaria, di stabilità monetaria e di autorevolezza politica. All’Italia serve l’italianità europea, per meglio e più vivamente sentirsi parte attiva della Terra-Stato in un mondo sempre più globalizzato. Siamo come sempre pronti a mettere in discussione tutto di tutto; lo stiamo facendo, con grave danno, a livello di unità italiana. La disunità d’Italia e la dualità Nord – Sud è crescente nel nostro Paese. Questo a 150 anni di distanza da un’Unità difficile, ma comunque raggiunta. È, purtroppo, ancora attuale il progetto di fare gli italiani, dopo aver fatto l’Italia. Manchiamo, di quella identità e di quello spirito dell’appartenenza di popolo unito e solidale, sia esso come espressione di popolo italiano che di popolo europeo. È, purtroppo, una mancanza grave che, in tante occasioni fa esplodere le tante contraddizioni italiane d’insieme europeo e prima ancora, di insieme italiano. Abbiamo perso importanti appuntamenti con la nostra storia; non possiamo permetterci il lusso di perderne anche altri, quale quello importantissimo con la società-mondo, per la quale si può essere buoni cittadini del mondo solo se si è altrettanto buoni cittadini in ambito territoriale locale, nazionale ed europeo. Questo devono tenere in mente sia quanti cercano la secessione in Italia, sia quanti da “euroscettici”, carezzano il progetto di separazione da una Europa che, di fatto, in quanto Europa degli uomini, non è mai nata, essendosi fermata al primo stadio di un insieme europeo della moneta unica, voluta ed imposta all’attenzione dei soli banchieri e per niente sentita dall’insieme europeo degli uomini d’Europa. La saggezza politica del momento richiede un’attente riflessione per rilanciare l’insieme italiano, facendo decollare in senso pieno l’Unità incompiuta del nostro Paese; oltre a questo, altrettanto urgente, è rilanciare l’insieme europeo, operando ed adoperandosi per una vera e partecipata unità dei popoli d’Europa, necessaria alla realizzazione, in senso compiuto dell’Europa, non solo geografica, economica, ma soprattutto in senso antropico-culturale. È questa l’Italia e l’Europa che servono al nostro futuro. Mancando quest’Italia e questa Europa, dietro l’angolo c’è un avventurismo senza ritorno, fatto di barbarie e di oscurantismo medievale. Tanto ci serve, per una comune e diffusa coscienza europea, necessaria a costruire il protagonismo dell’uomo globale, con un forte percorso umano basato sulle singole individualità, sull’appartenenza identitaria e sulle radici di cui nessuno, proprio nessuno, può fare a meno.