Facce parlanti nella “Città Giardino”

                                  Antonio Pirpan

 Commettiamo un errore se valutiamo una campagna elettorale come se si trattasse di un incontro di pugilato, concentrando l’attenzione soltanto sull’abilità dei due pugili e su quanto accade sul ring. Una elezione somiglia di più allo svolgimento di un’asta di opere d’arte. Per stabilire se gli acquirenti preferiranno un Rembrandt o un Picasso, dovete tenere conto dei gusti dei clienti, delle loro convinzioni, dei loro valori. Infatti, il valore di un quadro, come la qualità di un candidato, sta tutto negli occhi di chi lo guarda. Favorito da un tiepido sole primaverile, faccio un giro per la città e osservo i volti ritratti sui manifesti elettorali, cercando dalle loro espressioni, di trarre utili spunti per orientare le mie preferenze di voto. Ecco il volto del vecchio consigliere uscente, segnato da evidenti tracce di febbre reumatica, che ha tutta l’aria di dire “Chi me lo fa fare”, e subito vicino, bordato di colla fresca, un altro che, con una faccia tosta, mi manda il fiato addosso e minaccia: “Questa volta, vi sistemerò per le feste”. Si vede che non gli bastano le feste che ci ha fatto finora. Cambio muro e, a ridosso di un faccione rosso che mi sembra un semaforo, scorgo un mezzobusto scamiciato, dall’espressione sazia di chi si è appena alzato da tavola, che sembra dirmi: “Io la politica la faccio per sport”. E allora perché non si va a fare quattro chilometri di corsa, la mattina presto, in un parco pubblico. Starebbe meglio lui, e anche noi. All’angolo delle villa comunale, appiccicata sulla campana per la raccolta del vetro, con abbondanti rifiuti intorno, campeggia la faccia di una candidata molto bella e appetitosa, la quale, con un taglio d’occhio audacemente scollato, sembra parlarmi al cuore e dirmi: “Se sarò eletta, mi sposo”. Auguri e…! Alzo lo sguardo: da un palo della luce elettrica, penzola un manifesto che espone un viso triste e sfiduciato di chi ha la luna per traverso, e immagino quello che vorrebbe dirmi: “Non ti aspettare granchè”. Figurati. Altra strada, altre sensazioni. Con una smorfia sofferente di chi ha appena ricevuto un avviso di garanzia, un volto pieno di pensieri, pallido e pensieroso, marcato da sopracciglia cadenti, sembra minacciarmi: “Memento mori”. Per scongiuro, gli espongo indice e mignolo. Non si sa mai! Mi fermo all’edicola e compro un giornale. Altro manifesto imbrattato di colla, con sopra un volto dall’espressione ironica e furbesca, che promette faville: “Se andrò al Comune, vi faccio il ponte, e se non c’è il fiume, vi faccio anche quello”. Vecchi ricordi di tempi di regime. Debbo dire in parentesi che, in tutto questo luccichio propagandistico, a farmi tenerezza sono i tantissimi volti di giovani candidati, alcuni da chierichetto, che sorridono speranzosi, ignari di quello che li aspetta. Doverosamente, faccio loro un augurio in lingua madre: “Hic manebitis optime”, qui resterete benissimo. Almeno fino a stasera. Continuo a camminare e, senza volerlo, mi accorgo che alcuni soggetti politici effigiati sui manifesti non mi guardano dritto negli occhi. Il che, mi insospettisce e chiedo lumi a un amico che legge nel pensiero; imparo così che, chi guarda a sinistra va più soggetto ad attacchi d’asma, chi invece guarda a destra è più facile all’emicrania. Dubbio insistente: a chi dei due diamo la preferenza? Prima di rincasare, svolto l’angolo e mi avvio al solito bar da dove evaporano le note di un vecchio tango argentino. Sul muro dirimpetto, teste pelate, volti denutriti, barbe nere alla Landrù, pelli grinzose: pare che la carestia sia passata per di qui. Solitamente, non dimentico mai una faccia, ma durante una campagna elettorale sono sempre propenso a fare un’eccezione. Con la voce di San Matteo evangelista che mi ronza nella testa e mi ricorda che “Sufficit diei malitia sua”, cioè “a ciascun giorno basta la sua pena”, arrivo a casa con evidenti sintomi di depressione e mia moglie, anziché preoccuparsi e chiamare il medico, rincara la dose e, con enfasi edoardiana, ironizza: “ T’è piaciut’ ‘u presep, eh?”. Tutto è grazia nella “Città Giardino”.

    

 

 

 

 

2 pensieri su “Facce parlanti nella “Città Giardino”

  1. cARO CONDIVIDO QUELLO CHE DICI MA SE CI FAI CASO NESSUNA FORZA POLITICA SI è SOTTRATTA A QUESTO MACRABO RITUALE , FORSE I GRILLINI ESCONO IMMUNI

  2. comunque è ridicolo de luca che spiaccica manifesti inzozzando la città per lodarla

    continua solo a lordarla sempre di +

    ne abbiamo le scatole piene di questo sistema che ci procura solo debiti e rende il comune di Salerno il &° più indebitato d’Italia

    VERGOGNA deluca & deluchiani

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