Caffè in vetro corretto all’anice

Antonio Pirpan

Con la nostalgia nel cuore, ricordo quel pomeriggio di primavera quando tornai al mio paese natio, dopo tanti anni di lontananza. E’ Campagna. La piazza era deserta e l’aria aveva il sapore del sonno. Il fiume Tenza, magia incantata della mia fanciullezza, scorreva lento a valle, mentre le campane dell’Annunziata battevano le ore. Sul selciato, un cane randagio e rumori di zoccoli e di campanelli. La scena è rimasta intatta. Davanti al vecchio “Bar del Corso”, compaesani dai volti rugosi, discutono dei telegiornali e non si scompongono. Ci salutiamo e ricordiamo. Dietro il banco c’è ancora Umberto, sempre simpatico, con qualche chilo in più e molti capelli in meno, il quale, come se ci fossimo visti il giorno prima, senza che io parlassi, mi serve “Caffè in vetro corretto all’anice”, la consumazione che ero solito ordinare. I ricordi si fanno strada ed ecco la storiella dei suoi cinque clienti seduti allo stesso tavolo, alla stessa ora, tutti i giorni, che chiedono la loro bevanda preferita: “Un caffè macchiato con un velo di cioccolata”; “Per me, un caffè ristretto in tazza bollente”; “Un caffè vellutato con la schiumetta”; “Un caffè bollente in tazza da tè”; “Un caffè in tazza calda con latte freddo a parte”. Umberto fingeva di annotare tutto, poi al banco comandava: “Cinque caffè, al solito”. Quante risate! Con una nomenclatura che varia da tazzina a tazzina e da locale a locale, è da giustificare il senso dell’umorismo che traspare dalla storiella appena citata. I “Caffè” sono i luoghi ideali per coloro che amano la compagnia, e sostarvi quotidianamente fa parte della nostra vita. Lì dentro ti senti come a casa tua, e con pochi spiccioli, puoi passare la mattinata leggendo il giornale che preferisci, puoi sedere al tavolo che vuoi, dentro o fuori il locale, conversando con amici o semplicemente guardandoti intorno, e restarci per ore, con la tua consumazione, senza che qualcuno venga a sollecitartene un’altra. I Caffè sono anche il luogo dove gli innamorati si sentono tranquilli, e dove gli infelici posso bere un “goccio” per sollevarsi lo spirito. Per i salernitani, poi, bere il caffè è una tradizione, e la sosta al bar è quasi un obbligo, come è quello di salutare il barista e chiamarlo per nome, lui legittimo custode e anima di una usanza che resiste nel tempo. Sono un habituè di un bel locale in Piazza Amendola a Salerno, dove lavora un giovane cameriere che conosce alla perfezione i clienti. Non faccio in tempo ad aprire bocca, che sul banco è già pronto – indovinate? –  “Caffè in vetro, corretto ad anice”.