Vittoria o sconfitta?

Giovanna Rezzoagli

Sono trascorse due settimane dall’eliminazione fisica di Bin Laden, lo sceicco del terrore. Sono due settimane che viene comunicato un messaggio secondo il quale il mondo ora è più sicuro, con qualche sfumatura verso un mondo migliore. Davvero? Ne siamo certi? Personalmente nutro molti dubbi a riguardo. Al di la delle mie convinzioni in base alle quali ritengo che anche chi si sia reso colpevole di crimini gravissimi abbia diritto ad un giusto processo, come può la morte di un uomo, chiunque esso sia, garantire maggiore sicurezza a tutti noi? Bin Laden era un simbolo, probabilmente più pericoloso per ciò che simboleggiava che per ciò che in realtà era. Dietro ad un uomo, spesso c’è semplicemente un uomo, ma dietro ad un simbolo vi è il potere. A volte un potere incontrollabile. Se per il mondo occidentale Bin Laden era un terrorista, “il terrorista” per eccellenza, per buona parte del mondo orientale, se proprio si deve parcellizzare il globo per comprendersi, era una sorta di eroe. Potrà sembrare un discorso controcorrente, il mio, ma a seguirla, la corrente, sono buoni tutti, eppure io credo che alla radice di tutto il male, di tutto l’odio che si autoalimenta ci sia sostanzialmente l’arroganza. L’arroganza tipica di molti esseri umani e, di conseguenza, di molti sistemi sociali. Ciascuno vede il proprio sistema valoriale come l’unico meritevole di essere seguito, al diavolo quello altrui. In quest’ottica, Bin Laden che ha combattuto il nemico occidentale incurante di essere il responsabile morale di migliaia di morti e di incalcolabile sofferenza, per i suoi adepti non poteva altro essere se non un eroe, essendo il nemico occidentale colpevole di diffondere nel mondo un modello di vita contrario a quello “auspicabile” secondo il più integralista mondo islamico. Nell’ottica di un popolo che vive nel terrore da dieci anni, l’uccisione di Bin Laden, sia essa avvenuta a sangue caldo o freddo poco importa, equivale ad una liberazione. L’assurdità è tutta in un concetto: quanto vale la vita umana? Niente, finché si piange o si gioisce a seconda di chi la ha perduta. Ecco perché trovo estremamente difficile “accodarmi” a quanti plaudono l’azione dei soldati statunitensi, non per l’azione in se stessa che ovviamente non ho nessun titolo per poter valutare se inevitabile nelle sue estreme conseguenze, quanto per i festeggiamenti che la hanno seguita. No, il mondo non è né migliore e nemmeno più sicuro dopo gli avvenimenti del primo maggio. C’è un folle integralista in meno certo, ma quanti, sia da un lato all’altro dell’oceano Atlantico, alimenteranno follie simili nelle loro menti con quanto accaduto? Non è dato saperlo. Invece potremmo facilmente calcolare quanti bimbi si potrebbero salvare se fossero investiti in cibo e medicine tutti i dollari e gli euro che ogni anno vengono spesi in armamenti. Ma questo non importa a nessuno, perché non è ancora arrivato il tempo, se mai arriverà, in cui ogni vita valga, a prescindere da tutto. Non me ne voglia il Lettore per le conclusioni ingenue, ma questo è ciò che penso.

8 pensieri su “Vittoria o sconfitta?

  1. Gentile Autrice, concordo con quanto scrive. Quando la vita di chiunque è tolta da un altro uomo, il silenzio, quanto meno, non è di cattivo gusto.
    Paola

  2. Certo, cara Dr Giovanna,
    Anch’io credo che anche il più dannato e sanguinario elemento abbia diritto ad un giusto processo. Tuttavia, secondo il mio punto di vista, Bin Laden, se fosse stato semplicemente arrestato , per essere sottoposto al giudizio universale, la sua figura avrebbe scatenato una infinità di attentati distruttivi da parte dei suoi numerosissimi seguaci.
    Lei , giustamente, sostiene che le rivoluzioni e il grande odio verso i paese occidentali che ha visto il suo albore già da qualche decennio a questa parte, sia un fatto da non sottovalutare. Ma i Paesi ricchi dovrebbero, come si suol dire, passarsi la mano sulla coscienza e rivedere un po’ il loro poco convincente senso di altruismo. Non si dovrebbe permettere che circa un miliardo di persone viventi nel terzo mondo debba eternamente languire per mancanza di pane e di medicinali.
    Si dovrebbero aiutare quei popoli che , pur avendo materie prime di cui noi sfruttiamo con alacrità, non hanno la capacità di emergere proprio perché non vi è l’interesse di farlo.
    Allora dobbiamo imboccarci le maniche e di dare sì, aiuti economici, ma anche donando quel saper fare da soli con un infinità di mezzi di trasformazione delle proprie capacità industriali ed agricole. Solo così si potranno debellare dalla faccia della terra i vari Bin Laden e compagni.
    Cordialità, Alfredo

  3. Ringrazio la gentile Paola ed il mio carissimo Amico Alfredo per i gentili commenti. Avete entrambi ragione, di fornte alla morte il silenzio è decoroso, e si, l’ingiustizia sociale è la causa prima dei molti conflitti, siano essi materiali o ideologici, ed entrambe le cosa. Caro Alfredo, io credo che se Bin Laden fosse stato arrestato forse, ma dico forse, il segnale che ne sarebbe venuto per il mondo intero non sarebbe stato poi così negativo: uccdendolo si è creato il presupposto perchè la sua figura diventi un mito su cui molti fanatici costruiranno nuove follie. Gli attentati terroristici saranno un rischio sempre, perchè alla fine basta un essere umano disperato trasformato in uno strumento da guerra per gettare nuovamente il mondo nel terrore, e chissà in quanti arrivano ad essere diaperati a tal punto…
    Siamo sciocchi e superbi a crederci al sicuro quando viviamo impoverendo miliardi di esseri umani che avrebbero il nostro stesso diritto alla vita.
    Con gratitudine
    giovanna

  4. Finalmente un articolo che va al cuore di un evento mondiale che cambierà il mondo. Brava, bravissima la vostra corrispondente ad analizzare le cause dietro ai fatti. Mi piace il coraggio di esprimersi contro corrente lasciando tutti liberi di pensare come si crede. Molto apprezzo questo articolo, più onesto e pulito di uno che ho letto sulla Vostra nobile testata una settimana fà e che ora leggerò di nuovo per vedere il confronto.
    Livio

  5. la riflessione è sempre il miglior atteggiamento mentale

    ma non deve, a mio sommesso avviso, essere di freno all’azione

    bensì deve servire a rafforzare convinzioni, correggere eventuali errori, porre le basi per ripensamenti costruttivi

    la situazione comunque deve essere posta nella visione soggettiva di chi ha compiuto l’azione

    gli USA, popolo e governanti (si sono succeduti in questo repubblicani e democratici), sono ufficialmente in guerra con chi li ha attaccati senza alcuna remora umanitaria (anzi coltivando il sogno, o incubo ?, del terrore quale negazione del senso di umanità)

    quindi è giusto non gioire della morte di nessuno, anzi da cristiano pregare per la conversione al bene della sua anima,

    ma altrettanto chiaro è collocare queste morti in una azione di guerra

    poi se negate la difesa …

    la discussione è un’altra

    apriamola

    saluti

  6. Ringrazio il Signor Livio ed il Signor Salernitano_doc per la cortese attenzione dedicata al mio scritto, scusandomi per il ritardo col quale rispondo alle osservazioni poste in essere. Nel mio scritto ho riportato una mia riflessione sull’uccisione di Bin Laden. Io sono contraria alla pena di morte ed alla giustizia fai da te, anche se onestamente non so come reagirei se qualcuno facesse del male a mio figlio o a mio marito, spero di non doverlo scoprire perchè intuisco di avere una certa dose di aggressività che cerco di controllare. Ha ragione, Salernitano_doc, quando afferma che le situazioni vanno anche valutate dal punto di vista di chi le compie. Charles Mills ha coniato un termine ad hoc per descrivere ciò che Lei esprime: “immaginazione sociologica”, che serve proprio a comprendere le posizioni di una società di fronte ad un evento. Attenzione: ciò vale anche per i seguaci di Bin Laden. Mi rendo conto che il mio sforzo di porre le questioni da un punto di vista neutro possa risultare non sempre di facile comprensione, ma un Counselor questo fa, ascolta e non giudica, mai. Poichè, secondo me, essere un Counselor è anche un modo di porsi di fronte a tutto e tutti, una sorta di modo di essere, anche il mio modo di leggere i fatti del mondo è forse asettico. Guerra e difesa sono nate con l’uomo, fanno parte di istinti primordiali che certo non si possono esplicare in un commento, ma non è forse auspicabile una realtà di incontro piuttosto che di scontro? Io credo di si, anche se è difficilissima da costruire, ma bisognerà pur partire da qualche parte. Se desidera aprire una discussione, Signor Salernitano_doc, mi trova disponibilissima ad un dialogo rispettoso.
    Cordialmente.
    Giovanna Rezzoagli Ganci

  7. si diceva che la guerra fosse la continuazione della diplomazia con altri mezzi
    era vero una volta in Europa e Stati collegati
    ora non più

    purtroppo non c’è possibilità di dialogo, a meno di utopistiche speranze, di fronte a chi rifugge per partito preso il confronto e predica la guerra del terrorismo
    (guerra come la chiamano senza false coperture i media USA, terrorismo secondo la terminologia più ‘cauta’ europea)

    è una guerra? si
    va combattuta
    certo senza inutili sofferenze
    ma è una guerra

    è inutile scervellarsi inutilmente

    saluti

  8. Gentile Signor Salernitano_doc, scusi se rispondo con ritardo alle Sue considerazioni. Lei parla di utopistiche speranze e, con dispiacere, non posso fare altro che concordare. Non per niente io stessa ammetto che alcune mie considerazioni possono essere viste come ingenue, almeno in base ai parametri che negli ultimi anni si sono imposti. Negli anni ottanta, forse perchè all’epoca ero una bambina, mi pare di ricordare che si guardasse agli anni duemila come se forieri di positività, di benessere globalizzato. Mai più. La guerra è guerra, comunque si vogliano edulcorare le motivazioni che si adducono per iniziarla e portarla avanti. Lorentz sosteneva che l’aggressività nasce con l’uomo, che essa sia una componente etologica dell’umana natura. Guardandosi attorno, come non concordare? Poi, ogni tanto, spunta l’utopista di turno, che se dotato di carisma qualcosa conclude. Io, nel mio piccolo mi accontento di porre qualche domanda, a volte qualcuno risponde, più spesso regna il silenzio. Nella mia professione, che esercito per ora solo nel volontariato, incontro Persone molto diverse, ma più accumulo esperienza più osservo che il silenzio di fronte ad una domanda innesca un lavoro interiore che poi qualcosa produce. Secondo me l’importante è non “bersi” le verità preconfezionate ad hoc.
    Contraccambio i saluti, grata dell’occasione di dialogo.
    Giovanna Rezzoagli

I commenti sono chiusi.