Tasse stabili, povertà in aumento
Le cronache di questi giorni gettano un’ombra di paura e di sconforto nella popolazione italiana, soprattutto in quella meridionale. La Grecia lancia l’allarme, l’Italia e la Spagna ne raccolgono, a loro spese, l’urlo. Sono i due paesi che, insieme al Portogallo, rischiano di scontare il prezzo di una crisi economica mondiale che, in Europa, individua in loro i suoi bersagli preferiti. E non è un segnale dell’ultima ora. Sono alcuni anni che Zapatero fa fatica a far quadrare i conti, con l’Italia al passo. Quindi, checché ne dica Tremonti, il potere di acquisto continua a scemare o, se si preferisce, i prezzi a salire. Se c’è una differenza tra l’uno e gli altri, qualcuno ce la spieghi. Le massaie che si recano al mercato quotidianamente se ne intendono di conti più e forse meglio dei tanti specialisti che, un giorno sì e un giorno no, si affacciano agli schermi delle TV locali e nazionali per fornire interpretazioni e proporre soluzioni che, alla resa dei conti, non funzionano. Che fare, dunque? Non siamo economisti né, tanto meno, esperti. La risposta la devono dare coloro che amministrano, non importa sotto quale bandiera nazionale o locale, questo benedetto paese. Se perfino il cardinale Bagnasco ha dato in testa alla nostra classe dirigente e politica nel suo complesso per le inutili litigiosità a danno di una diversa, auspicata maniera di confrontarsi, vuol dire che abbiamo toccato il fondo. Le faide ai massimi livelli cui assistiamo quotidianamente hanno stancato, stancano, deprimono. L’Italia è invasa da un’informazione standardizzata sulle vicende insolute di Amanda, Sara, Yara, Melania, tanto per etichettare quella di tipo pomeridiano; così come viene puntualmente aggiornata sulle ‘scazzottate’ verbali tra Moratti e Pisapia, De Magistris e Lettieri, Berlusconi e Bersani, di cui sono strapieni i TG da mane a sera o le trasmissioni speciali di Floris, Santoro, Vespa e di tutti gli altri a seguire. Per carità, una informazione adeguata e critica non è necessaria, ma indispensabile. Tuttavia, alla fine della settimana, ci sentiamo un po’ tutti rimbambiti e sempre meno convinti di avere fatto il tifo per questo o quello, nel momento in cui, tornati alla realtà del quotidiano, ci ritroviamo con i soliti conti che non tornano. Vorremmo essere informati più che distratti, venire preferibilmente a conoscenza, di tanto in tanto, che la classe politica e l’intero apparato burocratico che la serve hanno eliminato i tanti privilegi di cui si avvalgono, che la corruzione nella pubblica amministrazione è stata colpita, se non debellata, con provvedimenti certi ed infallibili, che l’abbattimento di tutta una serie di sprechi sotto gli occhi di tutti sia cosa certa. Invece, i segnali sono nulli e le sgridate pur salutari dell’Inquilino del Colle non producono effetti. La Corte dei Conti ha annunciato l’altro ieri che dovremo ancora e per anni tirare la cinghia, se non vogliamo fare al fine della Grecia. Un allarme che entrerà ed uscirà contestualmente, tra un orecchio e l’altro, ne siamo certi. Tanto, in questa Italietta di furbi e di spreconi della cosa pubblica, di ladri e ladroni esperti ed intoccabili, disadattata ai principî della solidarietà autentica, perché privarsi dell’eccesso quando il potere lo consente? Il colmo di certa criminalità istituzionale è di origine squisitamente politica. Basta schierarsi un bel giorno in questo o in quel partito e autentici imbecilli vengono automaticamente collocati in posti di responsabilità inventati strumentalmente per loro; soprattutto là dove una firma facile equivale a spendere centinaia milioni e milioni di euro, destinati puntualmente a scivolare in buona parte nelle tasche giuste e in nero, per opere pubbliche malandate e, talvolta, neppure realizzate. Ecco, allora, il fiorire della mafia in tutti i suoi aspetti, forme e derivati. Cosa speravano Di Pietro e i suoi ex-colleghi della Procura di Milano, nonostante gli interrogativi insistenti per un’inchiesta forse politicizzata? Basterebbe leggersi un libro pubblicato recentemente in America, La ghigliottina italiana. Mani pulite e il rovesciamento della prima repubblica, di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani, per capire i misteri che avvolgono in maniera inquietante un evento ormai storico. Sperava il buon Antonio di sconfiggere la corruzione? Nella sua buona fede forse sì. Ma nella realtà? Se così fosse stato, saremmo uno dei paesi più ricchi del mondo. Prospettiva magnifica, non c’è che dire. Ma, oggi come oggi, resta solo un sogno. Forse, è ora che le cose cambino: a cominciare dal basso (dell’età), dalla scuola primaria, dagli anni di una formazione che sia all’insegna di valori meno materialisti, in nome dei quali la nostra società oggi corre a velocità crescente in nome e solo in nome della competitività, del consumismo, del conseguimento di beni superiori. Per i quali si sacrifica l’etica dell’essere a favore di quella dell’avere.