Cilento: saggio denuncia, stato degrado Cimitero Monumentale di Napoli
C’è una tendenza comune che spinge alcuni a guardare al cimitero come ad un luogo da sfuggire, da riservare a poche, tristi circostanze. Ma non è così! E’ anche il luogo della memoria personale e collettiva di una città ricca di cultura e tradizione; è il luogo solenne ed imperituro in cui si ricordano i grandi del passato, e non può essere considerato come un serbatoio di opere d’arte da sottoporre a ruberia o vandalismo. Illustri Memorie, un saggio curato dall’archeologa cilentana Laura Del Verme e dalla storica dell’arte napoletana Claudia Palazzolo Olivares, preparato per aiutare il cardinale Sepe nella sua lunga battaglia per la rinascita di Napoli, ripercorre le bellezze e denuncia le nefandezze di uno dei più importanti cimiteri monumentali d’Europa. Anche il Cilento è presente nel volume con un ricordo dell’importante rilievo in bronzo che ricordava la coraggiosa impresa di Carlo Pisacane; disegnato da Tommaso Solari ed eseguito con uno stile fresco e narrativo da Pietro Masulli (1820–1897) è scomparso e non sarà mai più fruibile. L’impronta incisiva del Solari rendeva indubbiamente quest’opera un documento storico, un tassello importante nella ricostruzione delle vicende preunitarie. Il Monumento Pisacane non a caso presente nel Recinto degli Uomini Illustri, era ornato fino a qualche anno fa di un grande rilievo in bronzo datato 1872 raffigurante l’eroe morente sullo sfondo del postale “Cagliari”, sul quale il 25 giugno del 1857 il patriota si era imbarcato per la sua sfortunata spedizione. In nome della causa unitaria infatti e con l’intento finale di allontanare i Borbone da Napoli, il Pisacane iniziò l’impresa dirottando il piroscafo che collegava ogni 15 giorni Genova a Tunisi (via Cagliari). Il piano originale prevedeva che una piccola goletta con le armi a bordo, guidata da Rosolino Pilo, intercettasse il Cagliari in navigazione, ma Pilo perse l’orientamento, causa il maltempo, e mancò l’appuntamento lasciando Pisacane senza le armi e i rinforzi che gli erano necessari. Con la complicità di due macchinisti britannici, Pisacane si accontentò allora delle armi presenti nella stiva del Cagliari e se ne servì per imporre al capitano di puntare su Ponza, dove riuscì a liberare 323 detenuti, fra cui pochi prigionieri politici; questi si unirono a lui nella spedizione alla volta di Sapri. Giunti lì, Pisacane rimase subito sorpreso dall’assenza dei rivoluzionari napoletani, che avevano promesso il loro appoggio, e decise di proseguire verso l’interno, nella vana attesa che Napoli, Genova e Livorno si sollevassero. Nella sua marcia verso Napoli, Pisacane si fermò a Padula, dove era attivo un gruppo settario mazziniano i cui capi erano stati da poco arrestati dalla polizia. Qui fu ospitato nel palazzo di un simpatizzante della rivoluzione, Don Federico Romano che cercò nella notte tra il 30 giugno e 1 luglio di convincere Pisacane a rinunciare all’impresa, ma l’eroe non abbandonò i suoi propositi. Nel frattempo le popolazioni locali, sobillate e male informate dai Borbone e dai loro “ciaurri”, scambiarono i patrioti per dei volgari banditi contribuendo così alla cattura ed al massacro. Pisacane con gli ultimi superstiti riuscì a fuggire a Sanza, qui all’alba del 2 luglio il parroco don Francesco Bianco fece suonare le campane per avvertire il popolo dell’arrivo dei “briganti”. I ribelli furono ancora una volta aggrediti e massacrati ad uno ad uno a colpi di roncola, pale, falci. Perirono in 83 e tra questi Pisacane e Falcone. Affermano le due studiose: “Incamminandosi alla volta del recinto, lungo i viali del cimitero, ci si aspetterebbe di giungere in un luogo ameno, raccolto, ordinato, in cui la memoria, la coscienza civica, storica ed artistica di una città siano preservate con i dovuti riguardi. Si vorrebbe trovare uno spazio in cui la sacralità del luogo possa essere accresciuta dalla memoria illustre delle diverse personalità che qui riposano; un luogo insomma in cui compiere una riflessione anche laica, di alto valore civico e morale, sulle nostre radici, sui grandi che ci hanno preceduto e che hanno reso – un tempo – la nostra città famosa nel mondo. Ma appena giunti al Recinto degli Uomini Illustri la vista è desolante ed il livello di abbandono del recinto è segno evidente di grande incuria. La gran parte dei busti è stata rubata, sono rimasti in loco i rilievi (sono i più complicati da trasportare…) ed alcune statue di grandi dimensioni (sono di difficile collocazione sul mercato….). Per il resto il recinto si è trasformato in una sorta di esposizione di marmi acefali, un’infilata di stele, una dietro l’altra, prive delle statue che li ornavano. Mancano il Monumento Ernesto Murolo, il rilievo raffigurante Giuseppe Pisanti (era di mano di Achille d’Orsi), il ritratto di Cesare Colucci, intensissima opera di Filippo Cifariello. Manca il busto di Tommaso Cigliani, ed appunto il rilievo del Monumento Carlo Pisacane, che raffigurava il vapore dirottato dal famoso patriota ai fini della causa unitaria. La parietaria, che in grande abbondanza e rigoglio ha occupato lo spazio un tempo appartenuto al rilievo, sta a dimostrare che il furto è avvenuto ormai da tempo, cioè è cosa consolidata ed acquisita. Mancano ancora il bellissimo nudo bronzeo del Monumento Saverio Gatto (ma si tratta di una lacuna di vecchia data), una figura in bronzo che ornava il Monumento Beniamino Cesi (ci si chiede in che modo si sia potuto trasportare una statua in bronzo a grandezza naturale senza essere uditi né visti…!), non risponde all’appello il bellissimo ritratto in bronzo che Saverio Gatto aveva eseguito per il Monumento Raffaele Viviani, il Busto del Filosofo Benedetto Croce…. Si potrebbe continuare all’infinito. Il Cardinale Sepe nei suoi tanti interventi pubblici svolti nell’ambito delle iniziative promosse dalla Curia per il Giubileo per Napoli, ha saputo toccare le corde giuste e ridare a tanti cittadini la speranza di poter risollevare – anche con piccoli contributi – le sorti di questa città. Noi e la Selav s.p.a abbiamo risposto a questo appello con un saggio gratuito e non in commercio nella speranza che il nostro lavoro animi le tante buone coscienze della città e le porti a protestare con forza sulle tristi condizioni in cui versano i resti storico-artistici delle nostre più illustri memorie”.