Salerno: convegno scout

Padre Oliviero Ferro

“Imparare da piccoli a diventare grandi” Educare con il metodo scout E’ questo il tema del Convegno scout, promosso dall’Agesci-zona Salerno in  questo sabato 18 giugno 2011 nel complesso di santa Sofia a Salerno. Invitati,oltre ai capi scout, genitori, insegnanti, e tutti quelli che lavorano nell’educazione e nelle politiche sociali. Dopo l’introduzione di Francesco De Martino, responsabile di Zona, che ha ringraziato la Diocesi e il Comune per il loro appoggio, ha spiegato ai presenti il perché di questo Convegno. E’ il desiderio di presentare questa realtà associativa, che si occupa di minori, alla cittadinanza. Gli Scout sono nati dall’intuizione di BadenPowell nel 1907. Lavorano con un metodo e per la fratellanza universale, con uno stile contraddistinto da azioni. Vogliamo “lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”. Viene lasciata la parola a mons. Marcello De Maio,rappresentante del vescovo di Salerno. Nel suo intervento,ha voluto ringraziare e incoraggiare gli Scout. Ci ha ricordato una frase del grande Montanelli “Se chiudo gli occhi,senza sapere dove vado,valeva la pena di aprirli?”. Lo stile scout del Cammino ci ricorda che è importante conoscere la meta,anche se in modo graduale. L’impegno educativo: significa vivere in modo consapevole e responsabile. Ce lo ricorda anche il Vangelo l’importanza del lavorare con i più piccoli “Se non diventerete come bambini,non entrerete nel Regno dei cieli”. E’ importante la famiglia,dove si fa un’esperienza di amore fedele e fecondo. Ogni volta che incontro una persona,devo pensare che è Dio che me l’ha affidata (non è mia, ma di Dio). Dopo il saluto dall’assessore alle politiche sociali della città di Cava,che ha ribadito l’importanza dello scoutismo (hanno dedicato un luogo a BadenPowell nella città), è stato il turno degli Ospiti, invitati a discutere sotto vari aspetti. Vincenzo Piccolo, capo scout del Sa3 ha parlato dell’Associazione Agesci (associazione guide e scout cattolici italiani). Chi siamo: E’ un movimento di giovani per i giovani, educativo che esprime un ideale di vita. Nato dall’intuizione di Baden Powell nel 1907 per educare, formare dei ragazzi ad essere buoni cittadini. Si basa su quattro punti: formazione del carattere, servizio al prossimo,abilità manuale e efficienza e forza fisica. Nel 1974, l’ASCI (scout maschi) e l’ASCI (femmine), si unisce e diventa Agesci. Il ragazzo è al centro, il protagonista della sia crescita; la coeducazione:  crescita nella diversità; spirito di servizio alla Chiesa e fraternità internazionale. Questi sono i punti base su cui l’Associazione ha cominciato a camminare. Naturalmente gli educatori hanno bisogno di formarsi e vivono in piccole comunità (comunità capi). Quanti siamo:  lo scoutismo è presente in 216 paesi del mondo con in totale 38 milioni di scout, di cui 177mila in Italia. Dove va l’Agesci:nel prossimo Progetto(gli scout lavorano con progetti) nazionale, si lavorerà su 4 punti: 1.inclusione(attenzione al più debole, povero, diverso: lo scoutismo di frontiera); 2.sentinelle di positività (nel protagonismo, le cose belle); 3.Territorio(ambiente educativo e sviluppo); 4.Dare un nome alla criticità di oggi e affrontarla (fragilità affettive). Infine, ricordiamo i 3 valori che fondano lo scoutismo: Promessa, Legge e motto (sempre pronti). Agostino De Caro, capo scout del Sa1 (con l’aiuto dei ragazzi più grandi: i Rover del Clan) ci ha deliziato con una storia (stile narrativo scout) di un piccolo sassolino che un giorno incontra dei girini in un fiume e che insieme a loro si mette in gioco per crescere. Partendo dal Gioco e dalla Comunità, con l’aiuto di ranocchi più grandi che insegnano la legge, comincerà a sentire la voglia di Avventura. (imparare da piccoli a diventare grandi). Imparerà delle tecniche che lo aiuteranno, diventando grande, a partire per percorrere strade nuove. Diventato Masso, un giorno incontra degli scout che gli spiegano cosa fanno. Vogliono sentirsi e diventare cittadini del mondo, vivendo insieme delle esperienze di vita(guidare la propria canoa). Gli spiegano le varie tappe: partendo del Branco-cerchio (bambini dagli 8 agli 11 anni),passando per il reparto (11-16 anni) fino ad arrivare al Clan(16-21 anni), dove vivendo la strada-comunità- “la vera felicità consiste nel fare del bene agli altri”. Il giudice del tribunale dei Minori Starita,figlio di un capo scout,ci ha detto che suo padre, fin da piccolo gli chiedeva se aveva fatto ogni giorno la B.A.(buona azione). Non si è solo giudici per giudicare,ma anche per affrontare la realtà della sofferenza(problematiche dei ragazzi). Bisogna comprendere i giovani d’oggi. Come si può rieducare,se non c’è stata l’educazione di base? Per rieducare,bisogna conoscere la personalità del ragazzo. Ci ricorda che uno di questi, diciassettenne, alla fine gli dice che il suo desiderio più grande è quello di essere adottato. A Salerno, ci ricorda, il fascicolo dei minori disadattati è aumentato. Quali possono essere i motivi di un fallimento educativo: 1. Poca comprensione dei giovani,perché manca l’Ascolto (coltivare quello che passa attraverso l’orecchio, empatia), perché non ci si rende conto della sofferenza. Baden Powell ha due frasi molto importanti: Ascolta il ragazzo; bisogna saper trovare l’esca giusta per entrare nel cuore del ragazzo. 2.L’adolescenza è un momento difficile. Allora bisogna condurre per mano per trasmettere dei valori. 3. I ragazzi d’oggi cercano di affermare il valore del sé (l’identità). Ci vuole una relazione di empatia. Essi si specchiano nella propria immagine perché non trovano dei valori intorno a sé. C’è il rischio dell’individualismo e del branco. Come ovviare? I ragazzi cercano il Consenso dell’adulto. Bisogna scendere al livello dei ragazzi e instaurare una relazione per acquisire sul campo una autorevolezza. Ambrogio Ietto, del mondo della scuola, ha parlato (diffusamente) di emergenza educativa. Oggi c’è una carenza di testimoni significativi. Nella sua attività di formazione degli insegnanti,spesso ha chiesto loro di leggere “Il libro del Capo” di Baden Powell come modello per un educatore. Vede che nello scoutismo ci sono degli elementi interessanti:ottimismo, ludicità, piacere di stare insieme, condivisione con l’altro; educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva. Ci vuole una presa di coscienza di un itinerario educativo. Don Alfonso Gentile,vicerettore del Seminario Metropolitano e assistente scout, ci ha ricordato il documento della chiesa italiana  sul tema educativo(2011-2020). Il ruolo dell’educatore è quello di educare ad una persona: Gesù Cristo. Il Papa Benedetto XVI ci ricorda che “alle radici della crisi dell’educazione c’è una crisi della vita. C’è un problema di trasmissione dei valori. Ci sono due lingue diverse: quella dell’educatore e quella dell’educando”. Ci ha regalato due simboli: quello di Enea che in fuga da Troia, porta sulle spalle il padre(esperienza del passato) e tiene per mano il figlio (il futuro) e la  cena ebraica, dove il figlio più piccolo chiede il perché di questa cena speciale. Due modi di trasmettere con l’esperienza del racconto. Per lui oggi c’è una crisi dell’educatore e parafrasando i 4 punti di B.P., attualizza quello che lui vede. 1.Formazione del carattere (ogni persona è diversa);2.Abilità manuale (si ricerca il prodotto finito, non c’è più fantasia). 3.Salute e forza fisica (si è troppo stanchi, apatici, delle marmotte). 4.Servizio al prossimo (l’altro è qualcuno che mi appartiene, mi arricchisce, dice Giovanni Paolo II). Noi dobbiamo essere dei punti di riferimento per i ragazzi. Infine Domenico De Simone, dei Movimenti di Volontariato, ha parlato molto francamente. Noi, ha esordito,siamo dei mancati adulti, su cui ricadono i problemi(infanzia,adolescenza, gioventù, famiglia). Secondo la sua esperienza,le agenzie educative fanno il gioco dei 4 cantoni (scaricabarile). Ognuno tende a deresponsabilizzarsi, a scaricare sugli altri la soluzione dei problemi. Vede chiaramente che l’economia, il mercato hanno fatto diventare “merce” i problemi sociali. (es: sanità: non si parla di malato, ma di cliente, utilizzatore. Educazione: c’è una privatizzazione, mentre invece bisogna ricordare che i figli non sono solo nostri, ma della comunità). Vediamo che nei conflitti di coppia, i figli sono giocati come “merce di scambio”. C’è un consumismo sfrenato, si vorrebbe essere nell’”isola dei famosi”, il gioco (scommesse).  Tre quarti del volontariato è diventato “impresa”. Dobbiamo immaginare il futuro “piantare alberi e costruire altalene”. Non rendere frammentaria l’educazione, ma lavoriamo insieme. Bisogna ritornare all’Ascolto (fare un patto generazionale). Tra i problemi d’oggi, ve ne sono di urgenti: c’è molta gente vulnerabile,insoddisfatta,arrabbiata, indignata e forme di violenza gratuite. Bisogna riscoprire il senso della Comunita’.Terminando questo resoconto del Convegno,viene spontanea una riflessione. C’erano molti capi scout e poche persone non scout,nonostante fossero state invitate. Forse molti pensano che basta essere dei collaboratori che aiutano di tanto in tanto,lasciando la fatica, il sudore, ma anche la gioia dell’educare solo a qualcuno. Così non va. Siamo tutti sulla stessa barca e ognuno deve fare la sua parte. Quando abbiamo deciso di essere scout, abbiamo promesso di impegnarci, con l’aiuto di Dio, per tutta la vita. Nonostante stanchezza, delusione, guardiamo avanti, sapendo che anche per mezzo nostro, il mondo sarà migliore. Noi facciamo del nostro meglio, sempre pronti.