“Orizzonti di Mezzanotte” di Michele Ingenito: -56
17 luglio 2011, giorni: – 56 Dal Capitolo Microspie 27 settembre 2002
Il 27 settembre, di buon mattino, una squadra di operai della Ditta Schnauder convocata personalmente da Mahmoud El Saeed si presentò al numero 25 della Rauchstrasse, sede dell’ambasciata siriana a Berlino. Durante la notte, un corto circuito improvviso aveva fatto saltare la corrente, paralizzando l’intera attività della sede diplomatica. Quando quegli uomini giunsero, fu Mahmoud in persona ad accoglierli. Avvertiva tutto il peso della responsabilità per l’assenza di Ahmed. Qualsiasi distrazione o leggerezza gli sarebbe costata cara. I tecnici si misero subito al lavoro, operando inizialmente sulla centralina generale. Individuato il guasto, avviarono le operazioni di riparazione. Poi, visitarono tutti gli ambienti dell’ambasciata, per accertarsi del perfetto funzionamento degli apparati elettrici distribuiti nelle varie stanze e, soprattutto, di quello in cui era racchiuso l’impianto ad altissima tecnologia utilizzato per l’attività istituzionale dell’importante sede diplomatica. In ultimo, visitarono gli alloggi del personale, a cominciare da quello dell’ambasciatore, per una verifica finale. Per fare ciò, agirono in maniera indipendente, senza mai allontanarsi troppo, però, l’uno dall’altro. Sorvegliati costantemente dal siriano, fu loro consentito di operare sempre e comunque in ambienti attigui. Mahmoud, infatti, non li perse mai di vista, spostandosi di stanza in stanza con un pretesto o con l’altro. La diffidenza era innata in lui. Si attivava istintivamente e in maniera accentuata, specie se a contatto con gli infedeli di sempre, i cristiani.————- Intanto, i condizionatori spenti avevano reso l’aria pressoché irrespirabile.— È possibile avere un po’ d’acqua? — chiese Wolfgang, uno dei tecnici, il più simpatico. Aveva un sorriso naturale stampato sul suo faccione rosso e rassicurante di gran bevitore di birra, amante della buona tavola e, naturalmente, di donne formose e compiacenti. Un tipo, insomma, in apparenza innocuo, in grado di suscitare simpatia in chiunque lo incontrasse per la prima volta. Non escluso Mahmoud.— Certamente! — rispose quest’ultimo, a sua volta afflitto dal medesimo problema. Schiacciò all’istante il campanello, che, ovviamente, non suonò. In quel momento erano proprio nello studio di Ahmed. A maggior ragione l’arabo apparve ancora più titubante nell’allontanarsi. Lasciare il tecnico e i due colleghi nelle stanze a fianco, sia pure per pochi minuti, era un’imprudenza inammissibile. Ma aveva già promesso. Anche l’ospitalità, dopotutto, apparteneva al DNA degli arabi. E, poi, lui stesso ardeva dalla sete. Dal canto suo, fissandolo con occhi quasi imploranti, con il sudore che gli calava copioso sul volto e lungo il collo, Wolfgang gli apparve come un mendicante indifeso, il fratello che Maometto non avrebbe abbandonato. Il suo sorriso innocente lo rassicurò. Il Corano gli tornò alla mente. Ahmed avrebbe capito. — Torno subito! — gli disse, allontanandosi. Appena fuori della stanza, il tedesco attivò il walkie-talkie. I due colleghi risposero quasi all’unisono.— Procedete!————- Cinque minuti dopo, Mahmoud rientrò, seguito da una cameriera. La donna recava un vassoio colmo di ghiaccio con una bottiglia d’acqua minerale e una grande di Coca-Cola. Il grande congelatore della cucina, spento da diverse ore ma poco usato, reggeva ancora al caldo insopportabile nonostante il mese particolare. Il sorriso di Wolfgang, largo e spumeggiante, tranquillizzò il siriano. Maometto e Allah, ne era certo, avevano sorvegliato al suo posto. Nel giro di poche ore il guasto fu ripristinato e tutto ritornò alla normalità. Mahmoud tirò un sospiro di sollievo. Tutto era andato liscio. Si sarebbe fatto tagliare un braccio, piuttosto che ammettere di essere stato giocato da quei tre giovanottoni dal volto poco intelligente, inclini alla bevuta e più che riconoscenti per essersela procurata. Non sarebbero stati quei cinque minuti a togliergli il sonno. Il suo capo era decollato qualche giorno prima per Karachi. Al suo ritorno, sarebbe rimasto soddisfatto per il modo brillante e rapido con il quale il suo più stretto collaboratore Mahmoud aveva risolto un problema così improvviso e delicato.