Dove va il mondo? C’è una solidarietà planetaria?
Il mondo dei ricchi vuole davvero proteggere il mondo dei poveri? È un interrogativo che vuole risposte urgenti, perché di povertà si muore nel mondo. Per milioni di persone che vivono nel Sud del mondo, povertà significa fame e purtroppo fame significa morte. Una spirale infame da cui bisogna uscire, dando risposte concrete a tante emergenze umanitarie che hanno bisogno dell’aiuto di chi ha, di chi vive di privilegi e ricchezza, ma è indifferente alle sorti di tanti propri simili che non hanno di che vivere e muoiono per mancanza di cibo, per malattie endemiche, per essere costrette ad abitare in luoghi malsani, ed a subire catastrofi e/o infezioni letali (AIDS ecc.). Il mondo, di fronte ad un olocausto senza fine è solo apparentemente solidale. Nella realtà non lo è; difendendo benessere e privilegi, dimostra indifferenza per i propri simili che soffrono e muoiono in ogni angolo del villaggio-globale, perché poveri. La povertà è una categoria che accomuna tutti i diseredati della Terra; la povertà è la catastrofe delle catastrofi. Il popolo dei poveri, fortemente trascurato da chi possiede la ricchezza del mondo, non può essere al centro dell’attenzione solo se si accendono i riflettori della notizia (il caso dello tsunami nel Sud-Est asiatico ne è stato l’esempio emblematicamente significativo) che, al momento, produce una forte emotività collettiva. Per smuovere le coscienze ci vogliono morti e distruzioni. La solidarietà verso i popoli che sono vittime di disastri naturali endemici dovuti alla povertà, deve trovare la casa comune nelle coscienze di chi può aiutare gli altri, creando condizioni di vita rispettose delle regole di un vivere civile, capace di garantire, in quanto diritto inalienabile, la vita sulla Terra a tutti, senza distinzione di razza, di religione e/o di avere. Oltre alla solidarietà necessaria per la sopravvivenza, i popoli ricchi devono intervenire sullo sviluppo sociale delle popolazioni povere. È una sfida epocale che deve dare i suoi frutti. La conoscenza, le tecnologie, l’educazione, la comunicazione, gli aiuti oltre a produrre effetti di breve termine, devono essere programmati per progetti di lungo termine che devono produrre sviluppo sociale e quindi risorse per combattere in modo autocentrato le povertà. È il migliore e più funzionale progetto di protezione civile mondiale. Il mondo dei poveri ha meno difese; pur di sopravvivere, tende a sfruttare in modo irrazionale anche le poche risorse che ha, aumentando così il rischio di catastrofi. Il mondo dei poveri è, tra l’altro, privo delle conoscenze necessarie a creare cambiamento e sviluppo. Per questo gli aiuti umanitari alle povertà devono essere orientati anche alla crescita della persona umana, fornendo elementi essenziali di conoscenza per come vivere insieme, per come difendersi dalle malattie, per come immaginare il futuro, pensando alla vita come un dono e non come una dannazione dal suo primo giorno, mancando il necessario per garantirsi la sopravvivenza. Gli aiuti umanitari contro le povertà, oltre ad un rapporto con la storia, sono causa ed effetto dei valori etici che devono caratterizzare la vita dei popoli della Terra. Nel mondo animale c’è armonia ed equilibrio tra le diverse specie. Non è possibile, invece, che il mondo umano si caratterizzi per cannibalismo e che, per forti egoismi, l’uno cerchi la morte dell’altro. È infame che succeda questo! Contro questa immoralità diffusa, occorre uno scatto di umanità da parte delle coscienze dei giusti, tale da portare ad una solidarietà planetaria che cancelli la morte per fame ed il degrado della persona umana per le condizioni di povertà. La solidarietà tra i popoli e soprattutto la solidarietà dei ricchi e degli informati nei confronti dei poveri e degli esclusi dal sapere, rappresenta una sfida globale. La recente catastrofe del maremoto asiatico è stata un’occasione per far riflettere tutti. Abbiamo avuto l’impressione che è nata in tutti una grande umanità. Popoli viventi a migliaia di chilometri di distanza, sono apparsi come un popolo solo. Tutti, abbiamo creduto di far parte di questo popolo. Le sofferenze dei tanti sono state vissute come nostre sofferenze. Ci siamo ritrovati più buoni e più umanamente solidali. Un evento catastrofico di morte e distruzione ha prodotto nuovi scenari nelle coscienze degli uomini della Terra e soprattutto nelle coscienze di quanti appartengono al mondo del benessere. Questa è una grande occasione e come tale, a nessuno è dato sprecarla, con le logiche dell’usa e getta, usando valori condivisi e risultati solidali, come un semplice fatto episodico. Se siamo riusciti a sentirci un popolo solo, significa che, nel profondo delle coscienze, c’è spazio per atti di una solidale umanità globale. L’umanità che serve alla storia del terzo millennio, non è solo quella del proprio paese, della propria regione, della sola nazione di appartenenza. È un’umanità che va al di là, oltre ai confini dell’Europa, oltre gli schieramenti e le categorie di benessere e di povertà, per diventare espressione della Terra, dove c’è una grande famiglia a cui tutti appartengono, nel rispetto dell’individualità di ciascuno dei 200 Paesi e delle seimila lingue parlate nel mondo. Questa grande famiglia fa parte di noi; tutti dobbiamo contribuire con il proprio impegno a farla funzionare, garantendo i più deboli, i più bisognosi. Deve essere accomunata dal sapere e da azioni condivise necessarie a costruire percorsi d’insieme e ad agire nel rispetto degli altri, per il bene comune. L’umanità così intesa sarà più libera, più potente e capace di pensare insieme al futuro, creando regole per un governo globale, soprattutto per affrontare problemi quali la sicurezza, il diritto alla vita, la solidarietà, valori dell’intero pianeta e non solo di questo e/o di quel popolo. Le grandi emergenze, ci impongono una solidarietà globale e nuove regole per migliorare i rapporti tra le istituzioni pubbliche globali. Le continue sofferenze patite in varie parti della Terra, non vanno cancellate; devono essere per le nostre coscienze un insegnamento sempre attuale per dare un attivo contributo alla costruzione della solidarietà globale e di un mondo che sappia ridurre le povertà, riducendo gli sprechi ed il consumismo sfrenato.
Cara Direttrice,
non credo che questo Mondo così opulento possa e voglia davvero voler aiutare il Mondo dei poveri.
Per farlo dovrebbe mettere davvero in discussione i propri modelli di vita e di produzione e di sviluppo. E tutto questo non è ancora avvenuto e ne credo che avverrà domani.
La gestione stessa di questa grave crisi economica mondiale da parte dei Grandi Istituti finanziari e monetari e dei Governi Mondiali si sta dimostrando un ennesimo grave tentativo di imporre attraverso il discorso di nuovi sacrifici a lavoratori e povera gente, di tagli a salari, pensioni,alla spesa sociale e ai trasferimenti agli EE.LL.e spinte alla svendita di servizi pubblici e pezzi di interi territori per far fronte alla redimibilità del debito pubblico che prorio i Grandi Istituti finanziari, compresi quelli a capitale pubblico che hanno deviato a poco dalle quelle funzioni per le quali erano nati!) hanno provocato con grandi speculazioni finanziarie ecc. (vedi i derivati, ecc.).
Anzi, molte delle stesse azioni di cooperazione internazionale messe in atto da certi Governo o uomini d’affari nascondono nuovi escamotages per nuovi lucri o per scaricare in questi Paesi poveri rifiuti tossici e merce non più ammessa alla vendita nei propri territori com econtro partita(vedi medicine scadute ecc.).
Spesso c’è la sensazione che dietro certe operazioni di aiuti umanitari ci sia solo esigenza di farsi qualche pubblicità e lavarsi un po’ la coscienza.
Onofrio Infantile
Sab. 31 luglio 2011
Lunica Vera risposta è in: http://www.gabrielearcangelo.it
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Maria Luisa Cavaliere