Trent’anni di tanga!

di Rita Occidente Lupo

Dai mutandoni ottocenteschi, agli sgambatissimi tanga. Il tempo, con le sue mode bizzarre, incuriosisce anche l’intimo. Quello che ha sempre destato scalpore e curiosità: scandalo e burlesque.  Specialmente con l’estate: abiti leggeri e costumi in spiaggia, tra griffate tendenze, stuzzicanti curiosità Dagli antichi monopezzi, ai succinti bikini. Dai mutandoni arricciati, ai tanga sexy. Trent’anni or sono, la ridottissima culotte, spersonalizzata nella sua funzione di contenimento, tantomeno di vezzo nell’abbigliamento, ridotta a semplice cordoncino laterale, sempre più liberty. Correva l’ estate 1981: Frederick Mellinger, sfidò le spiagge brasiliane con un costume destinato a scandalizzare per i pochi centimetri di tessuto. Il tanga, protagonista anche nel caso Lewinsky. Un modo di rifarsi di pregiudizi e tabù, senza alcuna remora, in termini di pudore e decoro. Bandendo ogni censurabile critica, sfatante il gusto del proibito. Oggi, comodamente stretto nel guardaroba anche più angusto, il tanga costituisce un simbolo di libertà: d’affrancamento da un certo tipo di mentalità ristretta, da certe categorie che gli avevano precluso spazio, per dichiarare la propria indipendenza da compromessi e rigori. Nell’epoca del permissivismo, del no comment dinanzi all’ennesima boutade scandalistica, non fa più specie ad alcuno lo slip o il perizoma, figurarsi il tanga: tantomeno agli assertori di una libertà sessuale, che non guarda più in faccia neanche all’omologazione di genere!