La compagnia L.A.A.V. al Barbuti Salerno Festival
L’Officina Teatrale L.A.A.V in occasione della chiusura dei laboratori teatrali 2010/2011 ha messo in scena, al Teatro Nuovo di Salerno, uno spettacolo con gli allievi del I Anno del Corso Avanzato di Propedeutica Teatrale Laboratorio Permanente Ragazzi. Gli allievi hanno scelto di presentarsi attraverso undici monologhi (talvolta scritti da loro stessi) in “Monologando”, ovvero Schegge Teatrali d’Autore con note di regia di Licia Amarante e Antonella Valitutti. Dopo “Una notte nel parco”, breve atto unico e “Movimenti” ovvero Lo spazio scenico ed il corpo dell’attore performance di esercizi teatrali, entrambi eseguiti dagli allievi del Laboratorio Permanente Bambini, in anteprima assoluta “La Cantatrice Calva” di Eugène Ionesco con gli allievi del Laboratorio Permanente Ragazzi per la regia di Licia Amarante e Antonella Valitutti. “Sono molto legata al teatro dell’assurdo – spiega Licia Amarante e a me faceva piacere che un gruppo di giovani potesse conoscerlo e interpretarlo, perché è proprio dal di dentro che si comprende la motivazione che ha spinto questi autori a creare questo tipo di teatro: il non senso totale all’interno delle parole. La Cantatrice Calva è fra quelli dell’Assurdo il più difficile, perché è completamente privo di trama. Il gioco primeggia sulle parole che sono ridotte, molto spesso, a puri suoni che vanno ad evidenziare l’incomunicabilità tra le persone. Per questo Antonella Valitutti ha scelto di rendere i ragazzi omologati come dei burattini in modo da non distinguere l’uno dall’altro attraverso il trucco ed i vestiti. Vestire e truccare i ragazzi allo stesso modo è stato anche un modo per dare al pubblico l’idea che non esistono dei personaggi nella Cantatrice Calva. I signori Smith e i signori Martin potrebbero essere il nostro signor Rossi. Sono entità, esseri umani che non hanno una psicologia definita e ciò che dicono è qualcosa di convenzionale. Non ci sono, fra loro, dei veri rapporti umani, non c’è uno scambio d’idee ed è questa una delle letture de “la cantatrice calva”, ma nella parte finale vi è molto chiaro un gioco di parole ed abbiamo voluto dare una forte ritmicità a questo gioco. La parola è un suono, senza alcun significato”. Ma Antonella Valitutti e Licia Amarante hanno trasmesso al pubblico anche un messaggio di tipo culturale. Il loro scopo era quello di far capire che accanto al teatro classico esiste anche un altro tipo di teatro, spesso non rappresentato. “A nostro avviso, – sottolineano – ci rispecchia tantissimo. Il teatro è un grande gioco sia per i bambini sia per i ragazzi. Ma la parola gioco non significa solo divertirsi, perché ha anche una grande valenza formativa”. Gli interpreti de La Cantatrice Calva sono: Roberta Romano (I Signora Smith), Alessandro Giordano (I Signor Smith), Sara Lisanti (Mary), Francesco D’Elia (I Signor Martin), Chiara John (I Signora Martin), Arianna Apicella (II Signora Smith), Matteo D’Agostino (II Signor Smith), Letizia Cianciullo (II Signora Martin), Luca Romano (II Signor Martin), Michela Cillari (Capitano dei Pompieri), Marika Mancini (III Signora Smith), Rosario Pappalardo (III Signor Smith).Roberta Romano è alla seconda esperienza lavorativa con Licia Amarante e Antonella Valitutti. “Mi ha colpito di più del mio personaggio – spiega – il fatto che cercasse di farsi ascoltare dal marito, ma non ci riusciva, perché lui è un personaggio fondamentalmente invisibile. Prima di’interpretare il personaggio abbiamo fatto una lezione per capire chi fosse l’autore e in che periodo il testo era stato scritto. Abbiamo, cioè, contestualizzato ciò che dovevamo interpretare. A livello culturale mi sento più arricchita, ma anche a livello di esperienza, perché c’è stato un grande lavoro di gruppo. Lo scorso anno abbiamo lavorato sull’individualità, mentre quest’anno dovevamo essere tutti uguali non solo fisicamente, ma anche caratterialmente. Ogni personaggio veniva interpretato da tre attori differenti, ma che dovevano mostrare lo stesso carattere ed essere somiglianti non solo per l’apparenza, ma anche per la dizione e le espressioni. E’ stato difficile, un lavoro allo specchio. Abbiamo lavorato molto su noi stessi. Come monologo, – aggiunge Roberta – ho recitato “La cosa più preziosa”, una poesia scritta da me in un periodo particolare della mia vita. Mi trovavo al primo ostacolo. Trovavo doveroso incoraggiare me stessa perché mi ero persa. Erano i primi anni della mia adolescenza. Non c’era dialogo tra me e mia madre e comunicavamo attraverso le lettere che le mettevo sotto la porta ed un giorno le scrissi questa poesia”.