Questione di Spread
Leggere i giornali in queste giornate agostane è diventato un esercizio complicato : le borse che salgono e scendono, come impazzite, ci costringono ad aggiornare il nostro lessico adeguandolo a quello dei brooker finanziari più esperti. Non si fa altro, allora, che parlare di tassi di interesse, btp, bund, rating, nell’attesa spasmodica che Standard & Poor’s, la versione più moderna dell’oracolo di Delfi, emetta una delle sue severe bastonature. L’ultima è toccata nientemeno che agli Usa; i nostri amici a stelle e strisce, infatti, per la prima volta nella loro storia, hanno perso la tripla A: sono stati declassati a AA+. Non si tratta, come sembra, di un giochino di enigmistica. No, la faccenda, purtroppo, è molto più seria: vuol dire che neppure i discendenti dello zio Tom, i colossi del progresso e dell’economia, possono dormire sonni tranquilli: i mercati ( parola di per sè terrificante per la sua astratta connotazione) si fidano un po’ meno della loro capacità di onorare i debiti assunti. Il declassamento degli Usa la dice lunga su come la crisi economica abbia toccato davvero tutti i Paesi del mondo, anche quelli più insospettabili e blasonati. E’ uno psico-dramma : da alcune settimane il mondo sembra finito in una tempesta senza fine. Politici, tecnici e grandi banchieri di ogni parte del globo provano ad interpretare il fenomeno e a suggerirne i rimedi. Ma qualunque soluzione non riduce i margini dell’imponderabile, ed allora le borse continuano ad andare giù e poi su come le altalene nei luna park. L’Italia non è certo immune da simili contagi. Anzi, col debito pubblico che si ritrova, figura tra i Paesi più in affanno. Colpa del debito, dicevamo, ma anche di una serie di ritardi strutturali che la rendono agli occhi degli speculatori (altra parola terrificante) come una preda piuttosto debole. Quanto debole? Stando alle interpretazioni della sinistra, siamo ad un passo dal baratro. Da qui il suggerimento “mantra” che Bersani elargisce quotidianamente al nostro premier, quello cioè di fare un passo indietro ( Berlusconi nel baratro è da sempre il sogno del Pd e di tutta la galassia delle sinistre italiane, da quella sindacale della Camusso a quella nostalgico-marxista di Vendola, passando per la paesano-giustizialista di Di Pietro). Ma la realtà, come spesso accade, è un po’ diversa da quella dipinta dai nostri amici rossi: il belpaese soffre di sicuro, tuttavia le sue potenzialità, unitamente agli impegni che via via il governo si sta assumendo con gli organismi della Comunità europea, offrono spunti e margini per una discreta sopravvivenza. Occorre solo dare un’accelerata ad alcune riforme ( liberalizzazioni, nuova legislazione del lavoro, pensioni), tra l’altro già previste nel programma del centro destra, ma non ancora varate dall’esecutivo, in parte per ragioni di indolenza o di distrazione dalle questioni primarie del Paese. In altra parte, per la strenua opposizione della sinistra e del mondo sindacale. La Bce spinge perchè non si perda più tempo. E’ un bene per gli elettori di centro destra che ( forse) vedranno portare a compimento il programma per il quale hanno espresso il loro voto. Per l’Italia, che riuscirà finalmente a mettersi al passo con le altri grandi potenze. Per la sinistra, che dovrà convertirsi senza infingimenti e condizionamenti ad una nuova politica riformista e liberale.
Ma veramente non è solo Bersani a dire che siamo ad un passo dal baratro. Questo ad esempio è Gianni Letta: http://www.libero-news.it/news/801131/Giulio-Ritoccare-manovra-Monito-Letta-Crolla-tutto.html
Io personalmente, pur ritenendolo totalmente incapace, sarei per lasciare Silvio dov’è: può darsi che la spinta a fare bene (per tutti) gli venga dal fatto che tra poco anche le sue aziende saranno in pericolo.