“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 45° 24 agosto 2011, giorni-18

  Dal Capitolo 45 Napoli, aeroporto Capodichino Parte prima 02 agosto 2003 h. 11.42  Coppie Le ruote del carrello del DC9 Super 80, volo 2566 dell’Air France proveniente da Parigi, sibilarono con una decina di minuti di ritardo sul cemento infuocato della pista di Napoli-Capodichino. L’aereo trasportava non meno di centocinquanta passeggeri pronti ad affrontare quella caldissima estate italiana. Erano in gran parte turisti francesi. Perfettamente consapevoli di dovere sopportare il peggio di una calura fuori del comune, si predisposero alla meglio già prima dell’apertura del portellone, liberandosi del maggior numero di indumenti possibili, nei limiti ovviamente consentiti. Come sempre accade, ci fu chi non si preoccupò di trasgredire quei limiti imposti dal buon gusto e dal buon costume. Come, ad esempio, una signora sui 30, massimo 32 anni, alta, dai capelli lunghi e biondi, di grande fascino e bellezza, il cui passaggio verso l’uscita in compagnia del proprio partner fu accompagnato dallo sguardo illuminato e recriminante dello steward di bordo. L’uomo al quale si accompagnava era non meno di quindici centimetri più basso di lei e molto più avanti negli anni. Oltre i cinquantacinque sicuramente. La donna indossava una vistosa camicetta azzurra molto attillata, senza reggiseno, e una minigonna rossa mozzafiato, con tacchi a spillo particolari, da tempo fuori moda. Era una strana coppia, sulla quale si era abbattuta la morbosa curiosità di gran parte dei passeggeri di sesso soprattutto maschile, sia durante la sosta nella sala imbarco dell’aeroporto Charles De Gaulle, sia durante il volo, sia durante le operazioni di sbarco. Lui faceva un po’ di tenerezza, abbrancato, com’era, al braccio di lei, senza separarsene per un istante.Trasmetteva così il suo inequivocabile messaggio di gelosia a sconosciuti e guardoni. Anche la donna, in verità, sembrava condividere quell’intima partecipazione di affetto, disdegnando gli sguardi altrui, quasi sempre concupiscenti, spegnendo, così, sul nascere ogni maldestro tentativo di approccio. Del suo compagno, di carnagione scura, apparentemente un uomo d’affari, colpiva soprattutto il look discreto ed elegante; di lei, invece, il corpo fiorente nonché il trucco pesante ed estremamente vistoso. Lui era il delegato della federazione mondiale delle gare veliche internazionali, in visita presso le autorità sportive e comunali della città partenopea per valutare la possibilità di fare disputare proprio a Napoli l’edizione 2004 della Coppa America; lei un’accompagnatrice di non difficile identità.Dopo averli scrutati ben bene da capo a piedi, il poliziotto addetto al controllo passaporti si fece un’idea tutta sua, prima di lasciarli passare. Per lui quel vecchio era il solito minchione carico di soldi, che si portava a spasso la “femme fatale” di turno, illudendosi di rinverdire gli anni a suon di bigliettoni. Non valeva la pena, quindi, approfondire i controlli oltre la normale routine, nonostante gli ordini severissimi ricevuti da circa un mese a quella parte. Con il collega di fronte si scambiò uno sguardo eloquente e continuò nel suo lavoro. Lo stesso fece con la coppia che seguì poco dopo. Stavolta un uomo bello e aitante, sui quarant’anni o poco più, anche lui dalle pelle scura, che sembrava abbronzata, in affettuosa compagnia con una donna elegantissima e molto più anziana, bassotta e ben tornita, ma straordinariamente ricca ed elegante a giudicare dal lussuoso bagaglio a mano interamente in pelle di coccodrillo e dei gioielli di gran valore ostentati con assoluta nonchalance. Tutto a discapito di lui, dagli occhi grigi e dai capelli corti e mal rasati, i cui toni di voce erano eccessivamente dimessi e sottomessi rispetto a quelli di una donna-padrona che, sessualmente parlando, non avrebbe stimolato il più incallito dei camionisti. Con le ultime due, quella mattina di agosto erano già cinque le coppie di turisti del genere a transitare per lo scalo napoletano. Giunto alla fine di un turno lungo ed estenuante, il giovane poliziotto milanese era certo che, di lì a qualche giorno, come quasi sempre avveniva in situazioni del genere, avrebbe visto rientrare in patria, per la compiuta missione, la bell’accompagnatrice. Qualche dubbio, invece, lo nutrì per l’uomo della seconda coppia. Nei casi all’inverso, infatti, l’uomo-oggetto difficilmente veniva restituito alle origini in così breve tempo. La bassotta se lo sarebbe tenuto ben stretto per l’intera durata della vacanza.— Motivo della visita in Italia? — chiese con voce stanca e affaticata.— Una vacanza al mare. — rispose lei prontamente, toglien-do la scena al brav’uomo timido e impacciato che la seguiva. Un rapido sguardo ai due passaporti e via, mentre la colonna di passeggeri impazienti e accaldati continuava ad assieparsi al minuscolo sgabuzzino che ospitava il povero poliziotto, pressata da un altro fiume di viaggiatori appena sbarcati da un volo charter proveniente da Berlino.— Accomodatevi, accomodatevi pure e buone vacanze! — li sollecitò l’uomo in divisa. — Avanti, avanti un altro! — aggiunse, sbuffando in pari tempo per la lunga coda in attesa.La signorina Françoise Dupardieu entrò per prima nella Mercedes bianca parcheggiata all’uscita dell’aeroporto napoletano. Subito dopo fu la volta di Monsieur Georges Larousse. L’aria condizionata restituì loro un minimo di tollerabilità rispetto all’ambiente esterno. Fuori era l’inferno, circa 38-40 gradi all’ombra. Una situazione impossibile da governare. Mezz’ora dopo circa, scesero davanti ad uno dei più esclusivi alberghi di Via Partenope, con suite da 500,00 euro a notte, già riservata dalla segretaria parigina dell’uomo d’affari. Le formalità da parte dell’addetto al ricevimento furono esaurite in brevissimo tempo. Riavuti i passaporti quasi subito, la curiosa coppia si trasferì in camera. Il boy in livrea rossa e blu li precedette verso l’ascensore, trasportando il bagaglio su un carrello.Una volta al piano, il ragazzo si sentì involontariamente sfiorare dal seno turgido della donna, proprio mentre si accingeva a schiacciare il pulsante per uscire. Così credette almeno. La cosa non sfuggì a Monsieur Larousse, che lanciò una sbirciata eloquente alla compagna. Il boy era molto avvenente. Venticinque anni, non di più, alto non meno di un metro e ottantacinque, occhi verdi e capelli lunghi e biondi, notoriamente conosciuto come una preda assai ambita da parte della clientela femminile dell’albergo.— Oh, mi scusi! — esclamò lei, fingendosi stupita.— Scusi lei, signora! — rispose timidamente lui, allontanandosi di qualche passo e sospingendo il carrello in avanti verso l’alloggio. Si inoltrarono lungo un corridoio silenzioso, camminando sopra uno spesso tappeto color rosso cardinale.Una volta di fronte alla suite, la 1317, il ragazzo aprì dolcemente la porta e li lasciò entrare per primi. Poi seguì lui, arrestandosi appena dentro l’ingresso. Scaricò il bagaglio in pochi secondi e mostrò gli spazi a loro disposizione, sforzandosi di ignorare lo sguardo intenso e provocante della donna.— Cara, pensa tu a lui, mentre io vado in bagno. — esclamò Monsieur Larousse.— Certo tesoro, fa pure!Lei estrasse dal portafogli dell’uomo una banconota di 50 euro e la consegnò al ragazzo. Per quanto abituato a laute mance, il giovane rimase sorpreso oltre misura. — Oh! — esclamò! — Ma è troppo signora!— Come ti chiami? — replicò lei.— Nicola, signora!— Bene, Nicola. — gli disse, mangiandoselo con gli occhi.— Offrirai un drink alla tua ragazza, alla nostra salute.Il giovane s’inchinò, sforzandosi di contenere l’emozione. Frenò, nello stesso tempo, il rossore divampato sulle sue guance a causa dell’infuocato filo conduttore che, dal cervello, lo guidò come un magnete, scatenandosi dentro i pantaloni e divorandogli, in pari tempo, il corpo e i sensi.Quella donna era irresistibile, anche per lui che amava Rosetta. Il rumore dello scarico del bagno sollecitò Françoise a chiudere i convenevoli.— Grazie, per ora può andare. — gli disse, soffiandogli un bacino attraverso il palmo della mano.— Grazie ancora, signora. — rispose frastornato da tanta bellezza e generosità. — Per qualsiasi cosa chiami pure il ricevimento o la portineria. Il mio cognome è Nanon. Anche la mia famiglia, sa, è di origine francese. — aggiunse il ragazzo, prendendo coraggio.— Lo farò appena possibile! — sospirò lei in maniera sfrontata ma provocante, mentre lui si tirò dietro la porta, con grande discrezione. (…)