E se andassero a zappare?
La serie A non è partita. L’associazione calciatori, dopo un lungo braccio di ferro con la Lega e la Figc, ha, infatti, proclamato uno sciopero che farà slittare la prima giornata, e forse anche le tre successive, di campionato a data da destinarsi. Due sono i motivi del contendere. Il primo è una norma contenuta nel nuovo contratto collettivo che consente agli allenatori di mettere fuori rosa e di non fare allenare con gli altri compagni i calciatori non più graditi alla società. Il secondo, quello che ha scatenato maggiori polemiche e attriti, è il contributo di solidarietà introdotto dalla manovra appena varata dal governo, che prevede ( nella sua versione attuale) un prelievo del 10% una tantum ( per tre anni) dai redditi superiori a 150.000 euro. Non sono tantissimi gli italiani che dichiarano al fisco simili introiti, ma tra questi figurano senza dubbio i calciatori. Ebbene i nostri beniamini del pallone vorrebbero che a farsi carico del nuovo balzello fossero le società sportive. Ma i presidenti, dal canto loro, negano ogni addebito, in quanto il contributo in questione non sarebbe assimilabile ad una vera e propria aliquota fiscale. Dunque devono pagare i calciatori. Apriti cielo! Il sindacato di categoria, rappresentato da Damiano Tommasi ( ex volto noto del calcio romano e della nazionale) è sul piede di guerra e non intende fare retromarcia : la tassa è iniqua ed onerosa ( il 10% di certi stipendi non è robetta di poco conto : per molti di loro significherebbe rinunciare ad una somma pari al valore di un appartamento). La questione di cui si è fatto interprete Tommasi non è del tutto peregrina : risollevare le sorti del Paese aumentando le tasse ( che in Italia sono già troppo alte) non corrisponde ad una strategia intelligente, e neppure lungimirante. Ma che a lanciare il grido di dolore siano dei nababbi abituati a navigare nell’oro e ad essere osannati come delle divinità in terra, il fatto può risultare, come dire, fastidioso ed urticante per tanti altri connazionali, i quali, se volessero raggiungere gli stessi guadagni, dovrebbero lavorare ininterrottamente, più o meno per qualche secolo. Eppure i signori del pallone hanno deciso : non si gioca! E’ un guaio se per una o più domeniche non assisteremo ai cucchiai di Totti o ai dribbling di Lavezzi? Se ci perderemo un goal di Del Piero o una parata di Buffon? No. Ce ne faremo una ragione. Quelle due orette di nervosa apprensione le dedicheremo ad altre attività, magari più divertenti e costruttive. Usciremo con le nostre mogli e con i nostri figli, senza portarci dietro quelle odiose radioline che ci annunciano il goal di turno, tra un caffè e il gelato. Oppure rimarremo a casa adoperandoci in qualche nuovo hobby. Che so : il giardinaggio. Potremmo saggiare il nostro pollice verde innaffiando gerani e violette o imbracciare la pala e la zappa. Gli stessi arnesi li consigliamo anche ai nostri nababbi : potranno così ingannare il tempo perduto e sperimentare una possibile alternativa alla professione di giocatore, qualora il calcio non dovesse assecondare i loro capricci più di tanto.
In rete ho captato questa perla degli Squallor:
“Le auto 119, 4005 e la 303 portarsi in piazza perché c’è un corteo di miliardari non autorizzato” (la canzone era “Abatjour” ed eravamo a metà degli anni ’80, credo).