La crisi e la catarsi
Coraggio, il meglio è passato. Ah, se fosse ancora vivo quel geniaccio di Ennio Flaiano, lui sì che avrebbe saputo distrarci con la sua impareggiabile ironia dalle cascate di catastrofismo che ci riversano addosso i telegiornali e tutti gli altri media! Siamo tutti spaventati dalla crisi e questo è comprensibile, ma occorre avere molta pazienza. Sì perchè il tunnel dell’incertezza sarà lunghissimo, e solo i nostri posteri forse riusciranno a rivedere la luce. La verità è che la crisi, questa crisi – forse qualcuno ce lo spiegherà prima o poi – non avrà mai fine :è un processo lento e doloroso che ci sta già conducendo verso un declino ineluttabile. Il pil di una nazione, specie se progredita, non può crescere all’infinito. Nè può stimolarci la crescita di altre economie che fino a 10 anni fa erano impantanate nel terzo mondo. Si cresce finchè si può, poi si rallenta : è fisiologico. Ma non c’è da spaventarsi : una crisi nasconde sempre un’opportunità. Ma bisogna saper leggere tra le righe e cogliere anche aspetti diversi da quelli meramente finanziari. La stagnazione economica che ci tiene col fiato sospeso rappresenta solo un pezzo della crisi : il frammento più vistoso e più rumoroso. Ma c’è dell’altro, anzi c’è molto di più. Le borse a picco, le dilatazioni degli spread e l’indebolimento dell’euro faranno pure impressione, ma dietro l’impoverimento delle nostre tasche si nasconde una povertà più gigantesca : il guaio è che l’occidente non sa più riconoscersi, ha smarrito se stesso e la propria identità. Si è trasformato in un apparato di burocrati e di tecnocrati che non sanno fare altro che arrovellarsi la mente per la finanza e i suoi derivati. L’Europa di oggi crede di poter vivere di solo pane, scartando altre forme di nutrimento altrettanto importanti, se non essenziali. Ricordate da dove siamo partiti, quali sono state le origini della nostra civiltà? La filosofia greca ci ha insegnato ad usare la ragione, il cristianesimo ha rivelato agli uomini la dimensione sacra che alberga in ciascuno di noi, e l’illuminismo ci ha liberato dai pregiudizi dell’ignoranza e dalla schiavitù della superstizione. Poi, con la rivoluzione industriale, abbiamo imparato pian piano a difendere i nostri diritti di lavoratori e a conquistarci le nostre libertà sindacali. Con le guerre mondiali l’Europa si riscoprì solidale e materna verso le proprie vittime e i propri profughi. Seppe denunciare le storture e le atrocità dei peggiori genocidi, ed imparò a ritemprarsi nel corpo e nell’anima. Nel corpo e nell’a-ni-ma. Oggidi questa lunga storia di progressi inarrestabili restano pochi ricordi, solo delle foto sbiadite. Frammenti di un mondo antico, sorpassato e surclassato dalla forza egemonica della tecnica e della pubblicità. Le nostre libertà e le nostre coscienze di uomini civili ed evoluti, conquistate, perdute e poi riconquistate con il sudore e il sangue di intere generazioni, le abbiamo cedute con arrendevolezza in cambio di un materialismo esasperato che ha finito per divorare la parte migliore di quel patrimonio, trasformandoci in consumatori seriali. Abbiamo imparato così che il denaro lo si può spendere anche per il superfluo e non solo per il pane. Ma poi il superfluo si è imposto sul necessario, e una spirale perversa ci ha travolti. La politica, anzichè distoglierci da certe dipendenze, per decenni le ha alimentate, guadagnandosi consensi e clientele, sempre convenienti in tempi di elezioni. La democrazia della spesa è divenuta così una regola osservata da tutti, un intreccio inestricabile tra amministratori ed amministrati, dove non si è distinto più il “drogato” dallo “spacciatore” e dove i confini del debito pubblico sono diventati pressocchè invisibili. Oggiquesto processo materialistico sta per arrestare la sua folle corsa. E giunto al capolinea, lascerà sul campo un’infinità di macerie, ma i più colpiti saranno soprattutto coloro che hanno costruito la propria esistenza sull’affarismo e sul consumismo esasperato. Tutti gli altri, invece, riusciranno a cogliere nella crisi un momento catartico per riscoprire nuovi mondi, dimensioni autenticamente immateriali che serviranno a riconquistare quel primato perduto in termini di umanità e di civiltà superiore. Ecco dunque la grande opportunità : la politica impari da questa crisi a riempire la democrazia di nuovi contenuti e di nuovi valori, a cominciare dalla cultura, e da una nuova idea di welfare. Costruiamo allora uno Stato nuovo e al passo coi tempi : uno Stato cioè che sappia stare vicino ai poveri, ma che lasci in pace tutti gli altri. Costerebbe poco e ci renderebbe più liberi.
Bravo!
Pensieri giusti, seri, condivisi e commuoventi.
Bravo!
Se mi posso permettere di aggiungere qualcosa, parto dalla sacrosanta seguente riflessione “la politica impari da questa crisi a riempire la democrazia di nuovi contenuti e di nuovi valori, a cominciare dalla cultura, e da una nuova idea di welfare”, per aggiungere che io, intimamente, sono convinto che l’unico scenario possibile è dinamicamente inverso. Le nuove obbligatorie sfide, che passano sia ben chiaro per un incisivo azzeramento delle attuali rendite sociali, devono generare un nuovo civico sentire e, in modo democratico, partorire una nuova classe dirigente, adeguata a quanto necessario secondo l’ottimo Cennamo. Sinceramente, da destra a sinista, su questi dirigenti sfessati non ripongo alcuna speranza.
Vi faccio un esempio: stamattina agitazione al tribunale di Sala Consilina per il temuto accorpamento dei tribunali in finanziaria; interviene un politico locale ma con rilevanza provinciale (…), il quale testualmente afferma: non vi preoccupate, sono venti anni che ci provano, volevano chiudere anche Vallo della Lucania, non ci riusciranno, non hanno le palle.
Signori cari, questa è l’Italietta,…, ma almeno per un giorno viva Cennamo!
Grazie. Non sarebbe male se anche da questo giornale partisse un segnale concreto di cambiamento. Lancio alla redazione e a tutti i lettori un’idea : raccogliamo adesioni per l’abolizione del valore legale del titolo di studio. La meritocrazia si costruisce partendo da lì.
cennamo.angelo@tiscali.it
http://youtu.be/G-awGXJxl2w
Traballa silvio, e viene fuori stò pò poco di epocalismo. Ma dico io, non era più semplice accorgersene in tempo (al tempo di meno male che silvio c’è), come faceva anche un miserrimo guitto, oltretutto sulle tv di proprietà?