Sassano, ecomostro? Il silenzio degli ignavi…
Da altre parti gli ecomostri li demoliscono, vedi Modica per esempio. A Sassano pare che non si possa e non si debba. A sentire le voci interne all’ufficio tecnico sembra che non sia possibile. Le ragioni non sono ne tecniche, ne di interesse collettivo. Essendo, oramai, la struttura edificata per un volume superiore al 5% del totale, l’eventuale abbattimento risulterebbe difficilmente giustificabile ed essendo a carico della collettività la Corte dei Conti potrebbe chiederne ragione agli amministratori. La Magistratura contabile potrebbe chiedere, a questi signori, di pagare di tasca propria avendo procurato un danno all’erario. Avendo, cioè, sperperato denaro pubblico per costruire un non meglio identificato ammasso di materia grigia. Perciò, le ragioni del pantano decisionale nel quale si trova l’amministrazione sono esclusivamente legate al timore degli amministratori di pagare di tasca propria – come dovrebbe essere – ciò che, in passato, hanno deciso di porre in essere. Ovviamente ci si auspica che la Corte possa intervenire. Chi non riesce a correggere i propri errori, paghi direttamente i danni causati alla comunità. La stessa che permette loro – con il proprio voto – di appropriarsi, “indebitamente”, di indennità e privilegi, in cambio del “nulla”. Qualcuno comincerebbe a pensarci bene prima di fare “banchetti” con i soldi dei cittadini caricando su questi ultimi il “costo dei piatti rotti” durante la festa. Per il momento, però, l’ecomostro pare proprio che non se ne parli di buttarlo giù. Anzi, questa ipotesi non è mai stata presa in considerazione, né messa all’ordine del giorno. La “verde”, nel senso di ambientalista ma non lussureggiante, amministrazione “Pellegrino”, quella con la bandiera di Legambiente sui balconi con vista sull’ecomostro (chissà cosa ne pensa l’associazione?), tiene in “stand by” (???) un’azienda, vincitrice della gara di appalto per la costruzione del 2° lotto, nella speranza che a qualcuno appaia in sonno l’eventuale soluzione da proporre per rendere l’indefinibile ammasso apprezzabile all’occhio umano. Con questi difensori, “l’ambiente”, una volta o l’altra, alzerà bandiera bianca e rinuncerà a farsi difendere. Perché la storia è semplice, sull’ecomostro, in un goffo tentativo di equilibrismo politico-amministrativo, Pellegrino, il “suo tutor” e tutti i suoi prodi, non sanno che pesci pigliare. Chiacchiere tante. Qualche accenno in un manifesto. Concretezza zero. Vorrebbero salvare la capra – nel senso di decisione assunta e compromettente continuità amministrativa con le passate gestioni – salvaguardando i “cavoli”, cioè le conseguenze che le eventuali decisioni comportano in termini di responsabilità. Per adesso, le “geniali menti” che l’amministrazione si vanta di annoverare tra le proprie fila, concretamente si sono fermate ad una sorta di “rivisitazione” storica del nome. Lo hanno ribattezzato “belvedere”. Certo, è mancato il taglio del nastro e l’eventuale discorso celebrativo del sindaco con a fianco l’intera giunta schierata, ma diamo tempo al tempo. E chissà che, qualcuno, avendo trovato il nome, non si inventi di insediarci una clinica, magari proprio quella del film di Totò… Tanto l’aria è salubre e la panoramica buona. Per selezionare il primario ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Comunque, ne siamo certi, prima o poi, qualche “Clarinetto” improvvisato, davanti ad un microfono teso, non è detto che non provi a convincerci che tutto è deciso nell’interesse della collettività e che non bisogna dar credito a coloro i quali – infami diffamatori – lo ritengono brutto, indecente, un’offesa al buon gusto, un monumento celebrativo di interessi che con quelli collettivi nulla hanno a che fare. Magari lo definiranno un’illusione ottica e “solo” un po’ “bruttino”. Con il vezzeggiativo opportunamente utilizzato, in modo che ci si cominci ad abituare alle riletture di scelte amministrative di cui gli attuali “attori politici”, gli “invero già”, condividono la responsabilità, in uno spirito di coerente continuità amministrativa. Intanto, speriamo che il futuro non ci riservi ulteriori sorprese e non avvenga come in quella famosa fattoria dove, dopo la rivoluzione ed essersi – a ragione – liberati del vecchio padrone, “…nel complesso gli animali godevano di queste celebrazioni. Trovavano consolante che venisse loro ricordato che, dopo tutto, erano veramente padroni di se stessi e che il lavoro che facevano era a proprio beneficio. Così, coi canti, i cortei, le cifre di Clarinetto, il rombo del fucile, le note squillanti del gallo, lo sventolio della bandiera, finivano col dimenticare, almeno per qualche tempo, che il loro ventre era vuoto… Quanto agli altri, la loro vita, per quel che sapevano, era quale era sempre stata: avevano fame, dormivano sulla paglia, bevevano allo stagno, lavoravano nei campi; in inverno soffrivano per il freddo, in estate per le mosche… Dopo ciò non parve strano che i maiali che sorvegliavano i lavori reggessero fruste nelle loro zampe…”