Stio: Unità d’Italia tra Storia e Istituzioni, 150 anni di Futuro

Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ,che la cultura ufficiale sta celebrando nell’anno 2011, in uno dei momenti di snodo  della nostra vicenda politica ed istituzionale, richiede una riflessione lucida e rigorosa,  capace di  collocarsi al di là degli schemi delle apologie incondizionate di un  tempo e delle attuali posizioni liquidatorie caldeggiate da alcuni settori ideologici . Interrogarsi sul senso e sulla persistenza di funzione e di significato della sovranità nazionale , sull’identità linguistica  e culturale del popolo e dello Stato italiano  nato dal Risorgimento, nell’attuale momento, tra spinte centrifughe opposte  e complementari di mondializzazione e localismo,ci sembra un compito della massima attualità e valenza culturale e civile. Il Circolo Pd  “Stio-Gorga”, oltre ad aver allestito,nella propria sede in via della Rimembranza,7 una mostra con documenti ed oggetti originali che risalgono ai vari periodi storici dal 1861 fino ad oggi e che ricostruiscono la Storia della Nazione, intende celebrare ulteriormente l’importante ricorrenza nazionale,offrendo anche un momento di ascolto,di analisi e di riflessione sul processo unitario. Venerdì 23 settembre, nell’ incantevole cornice della Chiesa di San Pietro,  recentemente recuperata alla pubblica fruizione, alle ore 18, si terrà una tavola rotonda, sul tema “Unità d’Italia tra Storia e Istituzioni:150 anni di Futuro”, che sarà introdotta da Claudio D’Ambrosio, coordinatore del circolo ospitante, unitamente a Nicola Landolfi, coordinatore provinciale del Partito Democartico. Il dibattito alla cui promozione e organizzazione ha collaborato la Società Filosofica Italiana sez.ne di Salerno, sarà presieduto dal suo presidente Carmine Mottola e saluterà quali relatori il Prof.Gennaro Incarnato,studioso della Storia del Risorgimento, ed il Docente di diritto Costituzionale comparato all’Università la Sapienza di Roma, Sen. Stefano Ceccanti. Il 1861 corrisponde alla fondazione di uno stato, il Regno d’Italia, uno stato che per la prima volta nella storia raccoglieva in unità politica la più parte di quei territori che chiamiamo Italia. A sua volta, questa unità politica consentiva che gli italiani nel loro insieme si ricongiungessero alla storia della moderna Europa. Da quel processo eravamo rimasti emarginati per circa tre secoli, durante i quali profonde trasformazioni avevano aperto la strada a un impetuoso sviluppo non solo economico ma civile. Si aggiunga che questo sviluppo – il problema si presenta ovunque ai giorni nostri – non era una libera scelta ma una dura necessità, perché in presenza di un forte incremento demografico, quale era in corso anche in Italia, la modernizzazione è l’unica strada che consente di evitare conseguenze tragiche. Ma pur senza sottovalutare il significato di questa unità politica e i benefici che ne conseguivano anche sul piano economico-sociale, di non minore importanza è il fatto che il Regno d’Italia era retto da libere istituzioni. Con il 1861 finiva di esistere il dominio di governi come che sia assolutisti. Era anche in Italia – il processo si sarebbe concluso nel 1870 – il tramonto dell’Ancien Régime. Da allora gli italiani cessavano di essere sudditi e si accingevano al difficile apprendistato per diventare cittadini, cioè persone libere. Per questo solo e semplice fatto ci sentiamo di ritenere del tutto pacifico che il 1861 debba essere valutato positivamente. Ma, ovviamente, come spesso nella storia e come spesso nella vita, le occasioni vanno sapute cogliere. La storia, alla quale il 1861, apriva la strada è proprio la storia di come gli italiani hanno saputo mettere a frutto l’occasione che è stata loro offerta di diventare liberi cittadini. Se e in che misura l’occasione sia stata colta è questione che nel momento conviene lasciare aperta, ma possiamo dire che un pur sommario esame delle condizioni, oggi, della nostra vita pubblica rende quanto meno lecito dubitare che quel compito di educazione politica sia stato assolto. Il problema, il problema vero, di una seria riflessione intorno alla data dell’Unità d’Italia non riguarda il valore di quel risultato di per sé, riguarda piuttosto il perché alcune promesse implicite in quel risultato non siano poi state mantenute, ed è nostro compito, di questo scarto tra le cose sperate e le cose ottenute, tra gli ideali e la realtà, una realtà ancora ben presente, comprendere le ragioni.