Salerno: Cisl e Cipe

Servizi sospesi e a breve servizi chiusi definitivamente, ma solo a Salerno. Malati psichiatrici che vengono rigettati alle condizioni di cinque anni addietro, con l’aggravante che troveranno strutture ridotte e senza i riabilitatori che forse li hanno salvati dall’oblio della solitudine della loro malattia. Grazie ai fondi CIPE, in questi anni è stato possibile sopperire, anche se solo in parte, e con grande sforzi da parte di tutti gli operatori, alle significative riduzioni di organico del comparto; non solo, la grande efficienza di queste figure, la loro capacità di iniziativa, ha fatto si che momentaneamente si spostasse l’attenzione dall’urgente necessità del turn over delle professionalità, ad una proficua collaborazione e motivazione del personale strutturato. Purtroppo in questi anni non è stato possibile mutare il loro rapporto di collaborazione professionale in un rapporto di lavoro strutturato, tuttavia, nonostante i limiti dati dall’incertezza di questi contratti e dalla relativa disponibilità di tempo, i lavoratori con contratto a progetto, denominati cipisti forse per marchiarli della loro condizione di precari a termine, sono riusciti a svolgere e portare avanti nel tempo, con serietà e dedizione una serie di attività riabilitative che hanno impegnato gli utenti per ben cinque anni e per gran parte della settimana. Dai maestri d’arte al tecnico della riabilitazione, tutti sono diventati, ognuno per la propria parte, dei punti di riferimento insostituibili per gli utenti, degli interlocutori, dei modelli, degli agenti terapeutici. Solo all’Accademia, polo di arti terapie del DSM, gli operatori a progetto gestiscono un nutrito gruppo di pazienti provenienti dalle diverse unità operative, con una spesa minima e un massimo profitto. Li impegnano in attività che nutrono la loro creatività e promuovono la libera espressione dei vissuti attraverso le forme d’arte più disparate, coinvolgendo i pazienti nelle fasi di progettazione e realizzazione delle attività, facendoli sentire parte integrante e indispensabile di un gruppo di lavoro; tutto ciò, senza risparmiarsi nella promozione delle varie attività svolte anche in situazioni che esulano dai normali orari di lavoro. Inoltre, il polo di arti terapie ha sempre rispettato la missione del Dipartimento di salute Mentale, di lavorare sul e con il territorio, attraverso un percorso di sensibilizzazione e coinvolgimento delle Agenzie Culturali al fine di integrare gli utenti nel tessuto sociale nel quale si opera. Ciò ha consentito la realizzazione di una serie di progetti che hanno messo in risalto la cultura e la storia dell’Agro-Nocerino-Sarnese. Ipotizzando il rinnovo dei contratti, gli intendono, era in cantiere la realizzazione di un progetto per proiettare i pazienti nel mondo del lavoro.Si aggiungono a quelle sopra esposte le attività che impegnano i pazienti della SIR insieme a quelli del territorio, che quotidianamente vengono espletate nel Centro Diurno dell’Unità Operativa. Si tratta di gruppi di Social skill e incontri di addestramento alle Activity dayling living, che tutti i lunedì riuniscono pazienti che afferiscono al servizio. Attraverso tali attività strutturate, condotte dall’animatore di comunità insieme al tecnico della riabilitazione i pazienti hanno la possibilità di confrontarsi, imparare e sperimentarsi in un ambiente protetto, a tratti familiare e rassicurante. Ancora, bisogna menzionare l’assemblea di comunità, condotta dallo psichiatra responsabile della struttura, dal tecnico della riabilitazione e dall’animatore di comunità, che il mercoledì dà la parola ad ogni membro di casa famiglia, dall’ospite all’operatore, facendo incontrare diverse opinioni in una volontà comune, quella di stare bene nella struttura e di creare un clima emotivo positivo. La nuova progettualità prevedeva un piano di formazione del personale della struttura con l’intento di aggiornare il bagaglio di conoscenze degli operatori. Ovviamente, sono parte integrante del lavoro svolto dal tecnico della riabilitazione psichiatrica, sia i progetti terapeutici individualizzati, sia i test di funzionamento necessari per i nuovi ingressi, che l’indagine valutativa che accompagna l’Unità di valutazione individuale. Tutte le attività sopra esposte sarebbero messe a dura prova senza la collaborazione dei professionisti a progetto, e molte definitivamente estinte. Il centro diurno, tenuto aperto tra mille difficoltà, da quelle logistiche a quelle della carenza del personale, resterebbe con un solo operatore a turno, situazione inverosimile per lo svolgimento di qualsivoglia attività e anche contro la normativa che prevede la presenza di varie professionalità all’interno dello stesso. Gli utenti si troverebbero improvvisamente senza una rete di sostegno altra, che gli dia la possibilità di relazionarsi con figure e situazioni diverse da quelle garantite dalla presa in carico del paziente e della famiglia da parte del Centro di salute mentale, con un impoverimento delle giornate e delle figure di sostegno. Lo stesso accadrebbe agli allievi dell’Accademia delle Arti, catapultati in una quotidianità dai ridotti significati, dove quella prospettiva del cambiamento viene annullata dall’appiattimento delle giornate. Ciò inevitabilmente provocherebbe un ulteriore rinchiudersi nella malattia con conseguente produzione di ideazione negativa e rientro nella spirale viziosa della de socializzazione. La necessità che gli operatori continuino a svolgere il loro lavoro, sia per garantire una continuità con i pazienti, che sappiamo avere una valenza fortemente terapeutica, sia per continuare ad rendere possibile che la struttura aziendale sanitaria di Salerno possa avvalersi di professionalità maturata in anni di esperienza che permette agli operatori di interfacciarsi con una modalità fluida sia tra di loro che con il sistema.  Per quanto sino ad ora esposto, riteniamo giusto ed utile che venga riconosciuto agli operatori il lavoro svolto in questi anni che altrimenti andrebbe perduto. Chiediamo che si trovino nuove forme contrattuali più stabili, per le figure previste dalla pianta organica, che permettano loro di rivestire a pieno titolo il ruolo assegnatogli; di sperimentare nuove forme di collaborazione, maggiormente garantite, anche per quelle figure mutuate dall’ambito artistico che svolgono un ruolo altrettanto terapeutico. Questo è il futuro in una visione ampia di assistenza sociosanitaria, poiché in alternativa si ritornerebbe indietro nel tempo, ad un’esclusiva sanitizzazione della malattia psichiatrica, rinnegando tutti gli stati di avanzamento degli ultimi anni registrati nel campo.

(Pietro Antonacchio)