L’arcivescovo inglese Vincent Nichols e lo “Gay Friendly Mass” la “Messa gay”
Il “fatto”, probabilmente in pubblico scandalo, avviene due volte al mese a Londra, precisamente nel quartiere di Soho in Warwick Street, dove la “benedizione” dell’arcivescovo cattolico inglese Vincent Nichols, allievo del Venerabile Collegio Inglese di Roma e nominato vescovo ausiliare da Giovanni Paolo II il 5 Novembre 1991, ricade sulle coppie gay. Leggendo la notizia, in principio, pensavo si trattasse di una santa Messa di guarigione o di liberazione, essendo la Dottrina cattolica molto chiara sulle situazioni di moralità affettive irregolari e sul pubblico scandalo che danno i gay (ostentanti), mai accettabile e mai approvabile; con vivo stupore, ho potuto constatare che due volte al mese presso la chiesa di Nostra Signora dell’Assunta e di San Gregorio, diversi sacerdoti cattolici concelebrano una sorta di messa poco prudente. L’intenzione, come ci insegna il Catechismo, è ottima e va premiata, difatti l’omosessualità che in sé non è peccato, va vissuta cristianamente in preghiera, castità, vicinanza ai Sacramenti e, magari, in amicizia ed armonia con le persone del medesimo sesso che si vogliono bene, tuttavia i sacerdoti in questione, con tanto di benedizione dell’arcivescovo Vincent Nichols, sembrano a prima vista creare una situazione ambigua su cui il Vaticano ben farebbe ad indagare approfonditamente. Data l’ambiguità della situazione, date le omelie accomodanti e data la presenza di transessuali e travestiti deputati anche alla lettura della preghiera dei fedeli sull’altare, con tanto di bandiera sincretica arcobaleno in bella esposizione, molti cattolici del quartiere, da anni, in concomitanza con queste celebrazioni sono soliti manifestare pubblicamente lungo le 2 vie adiacenti la chiesa e recitare il santo Rosario; nondimeno le comunità cattoliche della zona hanno sottoscritto una pubblica petizione che è stata inviata a mons. Nichols. In risposta, come riporta il BBC News Magazine, sua eccellenza Nichols, ha detto: “Anybody who is trying to cast a judgement on the people who come forward for communion really ought to learn to hold their tongue”, ovvero “chiunque tenta di giudicare la gente che viene a seguire la comunione dovrebbe imparare a trattenere la propria lingua”. Sempre nello stesso comunicato, l’arcivescovo Nichols, nominato tale da Benedetto XVI il 3 Aprile 2009 alla guida della diocesi di Westminster, ha dichiarato che è giusto aprire un dialogo con le comunità LGBT e che sarebbe opportuno dare un input a tutte le altre chiese cattoliche inglesi. Le intenzioni dell’arcivescovo Nichols, come le sue parole, sono sicuramente meritevoli di ogni sostegno ed approvazione, dato la Chiesa è composta da tutti noi fedeli, omosessuali inclusi, tuttavia la faccenda sembra essere iniziata più per una sorta di concorrenza con la vicina chiesa anglicana di Sant’Anna che, in pieno spirito di apostasia protestante, era solita accogliere tutti i cattolici gay (non solo omosessuali) in cerca di messa. L’esperimento, avviato nel 2007 presso la chiesa cattolica di Nostra Signora dell’Assunta e di San Gregorio, effettivamente ha portato ottimi risultati in termini numerici, dunque, è possibile affermare che la concorrenza alla chiesa anglicana di Sant’Anna ha sortito i giusti frutti; andate e predicate la Mia Parola. A questo punto, si potrebbe dire che, grazie a Dio, i membri della comunità LGBT di Soho si siano effettivamente riavvicinati al cattolicesimo, tuttavia sarebbe opportuno da parte del Vaticano un aiuto ed un’assistenza in loco, affinché si tengano ben fermi i seguenti punti cardine: 1) la necessità di supervisionare l’operato dei sacerdoti celebranti, al fine di garantire che non vi sia mai il minimo allontanamento dalla vera Dottrina cattolica, escludendo ogni forma di accondiscendenza al vizio; 2) una buona catechesi circa la natura dell’unità della vera Chiesa (dato che la comunità LGBT non ha esitato ad usufruire delle strutture anglicane, mostrando così un bisogno di maggiore catechesi sui temi dell’unità ecclesiale e dell’eresia); 3) la necessità di mantenere la giusta sobrietà delle azioni sacre e liturgiche, onde evitare che, nel tempo, si verifichino degenerazioni in vere e proprie parate del travestimento. Partiamo dal presupposto che, nonostante l’oltranzismo gay e le facili etichette denigratorie (omofobi), nessun cattolico può o deve essere discriminante nei confronti degli omosessuali, che sono meritevoli di ogni preghiera e di adeguate cure pastorali, tuttavia non bisogna neanche ricadere nell’errore opposto, ovvero nell’assecondare forme di moralità scorrette e situazioni di pubblico scandalo. Dati i video che ho potuto analizzare e date le proteste dei cattolici locali, è plausibile e non azzardato affermare che la chiesa di Warwick Street, durante queste messe, venga trasformata più in una sorta di circo addobbato, con tanto di bandiere della pace (o bandiera americana dell’orgolgio gay) e di bandieroni giganti che ricoprono le laterali effigi sacre; molte sono anche le proteste circa le omelie ambigue. Dato che mons. Nichols è presidente della Conferenza Episcopale di Gran Bretagna / Galles e dato che ha avuto il grande onore e merito di ordinare tre sacerdoti cattolici, desiderosi di abbandonare la chiesa eretica anglicana e di rientrare nella comunione con la Chiesa di Roma, sarebbe opportuna un’attenta supervisione da parte del Vaticano, al fine di evitare che un uomo di Chiesa così importante come mons. Nichols possa ricadere in errore e dare pubblico scandalo o cattivo esempio, a causa della possibile disobbedienza di “suoi sacerdoti”. San Tommaso nella “Summa teologiae”, la cui influenza nella teologia morale del cattolicesimo è incalcolabile, sosteneva che l’omosessualità praticata è ” MAXIMUM PECCATUM INTER SPECIES LUXURIAE”, ovvero il ” peccato più grande – grave – tra le specie della lussuria, dove per lussuria, si intende uno dei sette vizi capitali consistente nella brama disordinata del piacere sessuale. Il gravissimo peccato che ne consegue, ostativo per l’accesso al Regno dei cieli, contrasta con il finalismo della natura che, come previsto da Dio, subordina il piacere derivante da atti sessuali solo ed esclusivamente alla legge dell’amore fecondo, lecito unicamente nel contesto della sfera coniugale (S.th., II-II, qq. 153-154). Il Dizionario del cristianesimo, in merito alla perversa pratica del sesso contro natura, si esprime come segue: “attrazione erotica verso individui del medesimo sesso. Una delle aberrazioni dell’istinto sessuale, fatto patologico, ma anche vizio derivato da eccessi di libidine che hanno finito col pervertire l’ordine della natura per trarne l’ultimo residuo di piacere ancora possibile “. (S.th., II-II, q.154, a. 12, dove si cita S. Agostino, De bono coniugii, 8, PL 40, 379; iv., 11, iv. 382; Confess. III, 8, PL 32, 689). San Pio X, nel Catechismo maggiore, sosteneva che il peccato impuro contro natura è il secondo peccato più grave che grida vendetta al cospetto di Dio, preceduto solo dall’omicidio volontario. L’attuale Catechismo della Chiesa cattolica (Compendio) ci insegna che gli atti omosessuali sono un peccato gravemente contrario alla castità, espressione del vizio della lussuria, se commessa sui minori è anche attentato alla integrità fisica e morale della persona (Comp. CCC 492). L’attuale Catechismo della Chiesa cattolica spiega la Can. 2357 che “appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”. Da parte mia, per concludere, vanno i migliori auguri e le mie preghiere ai membri della comunità LGBT di Soho, ricordando loro che, come ci dice il Catechismo al Can. 2359, ” le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana”. Quis habet fortius certamen quam qui nititur vincere seipsum? (Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso). Al Vaticano, invece, dico: vigilate prima che sia troppo tardi e si verifichi una ulteriore deriva protestante all’interno dell’ortodossia cattolica: “resisti agli inizi; è troppo tardi quando si prepara la medicina” (De imitatione Christi – Tommaso da Kempis?)