I Santi Catello e Antonino e l’Arcangelo San Michele
don Marcello Stanzione
Sant’ Antonino Cacciottolo era nato verso la metà del VI secolo, se non qualche anno prima, a Campagna d’Eboli, presso il fiume Sele. Nulla sappiamo di certo sui genitori e sulla sua fanciullezza. Entro poi nelmonastero benedettino di Montecassino: tuttavia qualche agiografo, come Antonio Caracciolo nel Seicento e Filippo Gibbone nel secolo scorso, hanno sostenuto, sena addurre però prove convincenti, che il monastero non era quello di Montecassino, ma si trovava nella sua cittadina. Nel 589 il primi duca longobardo di Benevento, Zotone, assalì il monastero , attirato dalle sue ricchezze; e dopo aver rubato tutto quel che poteva lo incendiò mentre i monaci fuggivano precipitosamente verso il piano. Fra questi vi era Antonino che, perso il contatto con i confratelli, si ritrovò dopo giorni e giorni di cammino a Stabia. Vi era vescovo san Catello che, patrono di Castellammare di Stabia, è festeggiato il 19 gennaio. Quando Antonino gli si presentò chiedendo gli aiuto, non esitò a ospitarlo nella diocesi perché cercava un collaboratore fidato e quel monaco, che aveva anche ricevuto gli ordini sacri, gli ispirava molta fiducia. E quando fu convinto della sua scelta gli affidò come vicario la diocesi, ritirandosi in un eremo per rimanere temporaneamente in solitudine. Ma a un certo momento anche Antonino avvertì l’esigenza della solitudine e dopo tanto pregare ottenne dal vescovo, tornato nel frattempo a Stabia, di isolarsi sul vicino monte Aureo, dove scelse una grotta. Non restò a lungo solo,. Un bel giorni san Catello, nominato un nuovo vicario, lo raggiunse sulla montagna. Una notte, mentre i due eremiti separati l’uno dall’altro stavano pregando, ebbero entrambi una visione: un torchio ardente, simile a una colonna di fuoco, illuminò la cima del monte. Stupiti dal prodigio chiesero al Signore di spiegarne il significato. E a ciascuno di loro apparve l’arcangelo Michele dicendo: “Il Signore vuole che in quel luogo, ove siete soliti pregare e vi è stato mostrato il torchio ardente, gli costruiate un oratorio che porti il mio nome”. Quando i due eremiti si furono riuniti, scoprirono di aver avuto la stessa visione. Fu Antonino a progettare l’oratorio e a seguirne i lavori perché secondo i biografi conosceva l’arte della costruzione. Ma la loro pace non durò molto: un chierico, che aveva il compito di portare sul monte l’occorrente per il culto divino, cominciò a recalcitrare per la fatica finché si rifiutò di salire all’eremo sostenendo che non soltanto il vescovo si comportava male perché aveva trascurato la cura della sua Chiesa, ma si abbandonava a un culto idolatrico nell’oscurità, delle caverne e delle foreste insieme con un monaco apostata. Come succede quasi sempre, quelle vaghe accuse suscitarono preoccupazione nel clero e nel popolo e poi la decisione di avvisare papa Sabiniano, che dalla cura pastorale e tradotto a Roma per esservi imprigionato e poi giudicato. Quanto ad Antonino, che pure sia stato accusato di apostasia, non venne stranamente arrestato: per quale motivo non lo sappiamo dalla tarda Passio che risale al IX secolo e le cui contraddizioni si situano nella dimensione della leggenda. Fortunatamente Catello fu dato in custodia a un pio e dotto diacono e apocrisario, Bonifacio, che, intrattenendosi con lui, cominciò ad apprezzare l’equilibrio e lo spirito di sopportazione, finché una notte il vescovo di Stabia gli predisse la futura elezione a pontefice. Immaginatevi lo stupore di Bonifacio che s’accrebbe quando in sogno vide un giovane vestito di bianco, l’arcangelo Michele, proclamare la sua innocenza. Poco tempo dopo, nel 606, moriva Sabiniano e l’anno seguente fu eletto papa proprio il custode del vescovo col nome di Bonifacio III. Il quale, preso dai mille problemi della nuova carica, si era dimenticato del prigioniero: finché una notte gli apparve in sogno un benedettino dimostrandogli alla presenza di san Michele che san Catello era innocente. Subito si recò al carcere e, dopo un lungo colloquio, si convinse che il vescovo di Stabia non era colpevole. Quanto all’apparizione, Catello gli spiegò che era quel monaco di Montecassino vissuto insieme con lui come eremita sul monte Aureo, dove ancora si trovava. Liberato , il vescovo si dedicò per qualche tempo ai problemi della diocesi, poi col permesso del papa ritornò a mote Aureo scendendo ogni tanto in città quando lo richiedevano i suoi impegni di pastore. E finalmente l’oratorio, arricchito dalle colonne di marmo donate loro da Bonifacio III, fu completato. Con il passare dei secoli il santuario michelita subì gravi danni a causa del gelo e delle intemperie. Nel 1762 il vescovo Giuseppe Coppola fece costruire il sentiero che porta sul monte Sant’Angelo ai tre pizzi ( Molaro), restaurare il santuario e lo consacrò il 28 settembre dello stesso anno. Andato nuovamente in rovina negli anni successivi, il santuario fu ricostruito e solennemente riconsacrato il 29 luglio 1843. Distrutto ancora una volta alla fine del secolo XIX, è stato ricostruito, per volontà del commendatore Amilcare Sciarretta e lo zelo del vescovo Federico Emmanuel, sulla cima detta monte Cercatole e consacrato il 24 settembre 1950. L’attuale santuario all’Arcangelo si trova quindi in una posizione diversa da quello costruito dai santi Antonino e Catello.