La realtà della Scuola

Gennaro Tedesco

Ho seguito e seguo su Repubblica e su altri quotidiani nazionali tutti i brillanti e dotti interventi sulla nostra Scuola . Indubbiamente interessanti e lungimiranti,  infarciti di buoni sentimenti e di splendidi propositi, denotano, però, un solo difetto: non fanno i conti con la realtà “prerivoluzionaria” della nostra Scuola. Qui non ho lo spazio e il tempo per descrivere nei dettagli  la situazione non solo scolastica, ma anche universitaria del Bel Paese. Ma alcune  brevissime analisi e considerazioni si possono e si debbono elaborare e proporre al pubblico dibattito senza ipocrisie di alcun genere. Innanzitutto quale educazione e istruzione si può immaginare, ipotizzare e praticare in una Scuola che non è l’Accademia del buon cuore, ma una concreta e palpitante esigenza istituzionale, totalmente immersa dentro una società italiana , mondiale e capitalistica in coma profondo? Tutti i commentatori e non solo i commentatori  vogliono e pretendono una Scuola migliore, predicando precetti e ricette quasi sempre miracolistiche. Ma nessuno di essi sembra partire dal dato di fatto di una società italiana sempre più povera, non solo, ovviamente, dal punto di vista culturale e educativo , ma anche e soprattutto dal punto di vista economico e politico . Non si riesce a comprendere perché adolescenti e giovani non solo italiani dovrebbero abbandonare la loro sistemica e sistematica distrazione e dimostrare più interesse  e attenzione nei confronti delle buone maniere, dell’educazione e dell’istruzione, tra l’altro ancora in  gran parte calata e imposta  dall’alto senza processi interattivi e transazionali di alcun genere , quando le loro famiglie, i loro genitori e essi stessi sono  trascinati e sconvolti da una crisi economica, sociale e culturale la cui devastazione interiore e esteriore sembra essere appena agli inizi. Ma di tutto ciò non si parla , ma soprattutto con tutto ciò non si fa i conti o, forse , peggio , non si vuol fare i conti o non si è capaci di fare i conti. Gli adolescenti e i nostri giovani avrebbero bisogno di una nuova educazione all’altezza dei tempi “rivoluzionari” che stanno e stiamo attraversando , un’educazione alla realtà brutale delle regole capitalistiche . Perché è ovvio e scontato che questo processo di impoverimento e di proletarzzazione polarizzante e crescente è un itinerario che porta e porterà a trasformazioni rapide e radicali del contesto sociale e non solo di quello. Purtroppo di buoni maestri pronti a indicare a giovani e adolescenti nuovi punti di vista esistenziali , educativi e a prefigurare  alternative politiche , la nostra Scuola  non ne ha , dilacerata e imbarbarita da decenni di riforme all’insegna dell’efficienza , dell’efficacia e del progresso tardocapitalistico e neoimperialistico  e delle sue dottrine consumistiche e individualistiche. Dall’altra parte della barricata, dalla parte dei docenti, la crisi economica e sociale e le politiche recessive , sia dal punto di vista economico che sociale , culturale e educativo , dei nostri governi nazionali hanno provocato la quasi radicale  e totale proletarizzazione di un ceto docente di cui tanti dei nostri brillanti commentatori non parlano nemmeno , forse perché non se ne sono nemmeno accorti . E quando di passaggio lo fanno , dimostrano di conoscere ben poco di tale insostenibile realtà. Una classe docente che si avverte proletarizzata e soprattutto lo è realmente , che a stento e con immense difficoltà può accedere a un aggiornamento che , almeno in termini di acquisto librario , è sempre più proibitivo e irraggiungibile, può permettersi  il lusso di distrarsi almeno per un attimo fuggente dalle sue necessità impellenti e vincolanti del pasto quotidiano e dedicarsi con gioia e abnegazione al compito strategico e alla responsabilità  ineludibile dell’educazione e della formazione delle nuove generazioni ? E soprattutto questa stessa classe docente  che relazione, che rapporto quotidiano può instaurare e sviluppare con alunni e studenti delle nostre Scuole, altrettanto, se non di più, costretti a misurarsi con una crisi economica, sociale , esistenziale e educativa che, qualcuno dei Soloni internazionali , ha definito, senza mezzi termini  e senza ipocrisie, più profonda di quella degli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale ? Ma qualcuno si è accorto di questa realtà e delle sue conseguenza non solo sulla nostra Scuola ?