L’art.18 e i totem archiviati
Non è ancora legge, ma la riforma del mercato del lavoro varata dal governo Monti fa già discutere, e parecchio. Il suo punto centrale, inutile dirlo, è la modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, la norma cioè che obbliga il datore di lavoro a reintegrare il dipendente che ha licenziato, in assenza di una giusta causa. Per anni, l’art. 18 ha alimentato dispute, dibattiti ed anche scontri feroci tra una parte del sindacato, sostenuta dalla sinistra più oltranzista, e le altre forze politiche. Berlusconi ci andò a sbattere alla sua seconda esperienza di governo, allorquando Sergio Cofferati, a quel tempo leader della Cgil, portò in piazza un milione di persone pur di fermare l’onda liberista del centro destra. Da allora, la norma inventata in esclusiva mondiale dal socialista Gino Giugni, si è trasformata in un totem intangibile, in uno di quei tralicci dell’alta tensione dove c’è scritto : “chi tocca i fili muore”. E a morire per il mercato del lavoro e la sua modernizzazione non sono stati in pochi, nel nostro Paese. Proprio in questi giorni, infatti, ricorre il decimo anniversario della tragica uccisione di Marco Biagi ad opera delle Br. Il giuslavorista che nel solco di altri suoi colleghi, cui è toccata la medesima sorte ( Ezio Tarantelli e Massimo D’Antona), lavorò per una maggiore flessibilità dei contratti di lavoro. La riforma approntata dal governo sarà anche un compromesso rispetto alla prospettiva più radicale della totale abrogazione della vecchia norma, ma quella che Mario Monti ed il suo ministro più rappresentativo, Elsa Fornero, hanno scritto oggi è, senza dubbio, una pagina importante della storia di questo Paese. Per comprendere appieno in cosa si tradurrà il ridimensionamento dell’art. 18 in termini di maggiore occupazione e di migliori capacità di investimento, dovremo attendere ancora qualche mese, forse qualche anno. Quello che invece possiamo registrare fin da oggi è l’archiviazione di un metodo, la concertazione, che, unitamente al parlamentarismo, ha rappresentato lo scoglio più ostico contro il quale si sono scontrate, in Italia, le politiche riformiste e modernizzatrici negli ultimi decenni. Cosa ci insegna la riforma introdotta dai tecnici? Essenzialmente quattro cose. La prima : che Berlusconi e il centro destra sono stati incapaci di raggiungere in nove anni di governo il medesimo risultato conseguito ( forse ) in meno di tre mesi da Monti. La seconda : che il fallimento di Berlusconi e dei suoi governi lo dobbiamo esclusivamente alla strenua opposizione del centro sinistra e delle sue propaggini vetero-sindacali. Terzo : in politica, se si vogliono prendere delle decisioni importanti, occorre fregarsene del consenso elettorale. Quarto : proprio perchè, essendo tecnico non è condizionato dalle opinioni favorevoli o meno degli elettori, il governo in carica avrebbe dovuto introdurre la riforma con decreto legge e non con una legge delega.
@Angelo:
Angelo, ma stai dicendo che Berlusconi non è stato capace di fare una legge per colpa dell’opposizione? Incredibile, fino a quando non l’ho letto credevo che l’opposizione non fosse servita a nulla Nel tempo più volte l’opposizione ha fatto “il suo lavoro”, eppure Berlusconi (coi numeri) ha fatto passare di tutto, senza farsi grandi problemi. La CGIL può fare una manifestazione di un giorno, poi torna tutto come prima: tu credi che Berlusconi sia stato impressionato dalla manifestazione? Stento a crederci! 🙂
Billy, ricorderai il clima da anni di piombo che si respirava nel 2001-2002. Ricorderai pure la cosiddetta strategia della tensione attuata da certi sindacalisti che consideravano Marco Biagi un pericolo pubblico. Biagi, poco dopo, morì ucciso dalle Br. Quello che ho voluto dire è che oggi sappiamo ( meglio di ieri) chi era a favore di quella riforma e chi no. Non so dire con certezza se il parlamento approverà la modifica dell’art. 18, così come è stata prospettata da Monti, ma di sicuro su questa norma-totem Bersani e il Pd si giocano il loro futuro prosssimo.
premesso che marco biagi è stato assassinato dalle br andrebbe ricordato, per correttezza intellettuale, che se non fosse stato considerato un rompicoglioni e glifosse stata concessa la scorta. che pure aveva chiesto, forse sarebbe ancora vivo!
detto ciò quello che per alcuni è un totem per te, che rappresenteresti l’altra faccia della medaglia, è uno scalpo da issare sulla lancia più alta della politica.
in questo modo non è possibile parlare di giusta tutela del lavoro, perchè di questo si tratta, ma solamente fare teatro e dire scemnze.
con questo passo, ti do la mia lettura politica, il monti ha definitivamente calato la maschera e si dimostra di essere un berlusconi non pagliaccio.
quindi posso dedurre, e il tuo scritto me lo conferma, che lo spread, il deficit, la mancata credibilità internazionale -che sta mettendo in pericolo due marinai italiani in India- erano frutto della totale incompetenza, incapacità e malafede del vecchio governo delle libertà. la beffa è proprio questa di aver perso tre anni di sacrifici per il sollazzo sessuale di un piccoletto brianzolo e di un razzizta con tanto di ictus che nemmeno sulla cena erano d’accordo.
in questa nuova realtà io penso che o monti cerca di fare le cose per bene o ppure all’estate non ci arriva.
Per la verità non ho detto questo. Ho solo detto che la riforma dell’art. 18 Berlusconi non è stato capace di farla e che la sinistra non se n’è addolarata.
Come giustamente osserva l’ Avv. Cennamo, il confronto tra il governo tecnico e i sindacati ha sancito un fatto storico: la fine dell’insindacabilità del sindacato! Come a dire: la riforma dell’art. 18 s’ha da fare e si farà. E, come il Cristo, il potere del Sindacato è finito crocifisso sopra un….. Monti!
La differenza (enorme e sostanziale) stà nel fatto che la Croce di Cristo ha segnato la storia, quella della Camusso e della CGIL è, invece, il segno di una resa che nessuno sciopero potrà scongiurare nè riscattare. E’, insomma, un segno dei tempi.
Quanto questa riforma influirà positivamente sul mercato del lavoro e sull’economia del Paese ce lo dirà il futuro prossimo e, ancor più, quello di medio termine.
@Angelo:
lascerei “strategia della tensione” e “anni di piombo” al lessico degli anni ’70…
Non credo che il sindacato c’entri alcunché con la morte di Biagi e di certo pazzi sanguinari come quelli delle BR non stanno a sentire cosa ha da dire il sindacato. Anzi, ad onor del vero si ricordano sindacalisti uccisi dalle BR: penso a Guido Rossa, un sindacalista della CGIL ucciso a fine anni ’70 per aver denunciato brigatisti che operavano nella sua fabbrica, che credo fosse una consociata della FIAT (o la FIAT stessa). Guido Rossa aveva raccolto, come molti altri, l’invito proveniente dal PCI di Berlinguer e dalla CGIL a denunciare e a prendere le distanze da soggetti potenzialmente vicini a gruppi terroristici (e ha pagato questo “distinguo” con la pelle).
Ora, storia a parte, non credo che un sindacato (che è una cosa assolutamente democratica, di qualunque ispirazione esso sia) possa in alcun modo fornire dei pensieri a dei terroristi.
Altra cosa da dire è che in precedenza Biagi era stato consigliere di Treu, Prodi e Bassolino, tutta gente sommariamente di centro-sinistra (un centro-sinistra che comunque con il suo aiuto aveva prodotto la Treu).
Comunque, caro Angelo, da adesso gli imprenditori italiani non avranno più scuse: se chiuderanno è perché non sono capaci, non perché non possono licenziare, e vedrai quanti incapaci non ce la faranno nemmeno così e cominceranno ad accusare la concorrenza cinese, le banche, le tasse, lo spread, le onde elettromagnetiche dovute alle eruzioni solari, gli UFO, la Camorra, i no-tav e quant’altro… 🙂
L’art.l 18 è una conquista del mondo del lavoro e per questo è necessario ogni forma di lotta per salvaguardarlo.
L’art. 18 è un falso problema per l’Italia in quando solo il 10% delle imprese italiane sono interessate a questa disputa.
L’abolizione dell’art. 18 serve alle multinazionali per poter aumentare, sotto il “tallone” del ricatto, i loro smisurati guadagni.
Monti, napolitano e i loro vassalli sono gli utili idioti nelle mani delle potenze finanziarie mondialiste.
Altra cosa è il prendere a “calci in culo” quei scansafatiche che , in fabbrica, si nascondono nei cessi o si fanno rilasciare, da medici compiacenti(mai andati in galera), falsi certificati di malattia per andare a zonzo mentre i loro colleghi virtuosi fanno il loro lavoro.
Per questo motivo vanno cancellati proprio quei sindacati, in particolar modo quelli dell’ultra sinistra, che da sempre coprono e vivono del malaffare dei lavoratori malfattori.
La dignità all’operaio, al proletario è stata concessa dal FASCISMO.
Oggi la vostra repubblica democratica ed antifascista, si sta FACENDO IN QUATTRO per cancellare quelle conquiste di CIVILTà.
in bocca al lupo
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N. B. il sottoscritto da trenta anni è titolare di una piccola impresa e mai ha cacciato un suo “collaboratore” anche quando questo era un comunista “sfegatato”.
ri-in bocca al lupo
@lupo:
la modifica della norma sta avendo su di me e molti miei colleghi un effetto positivissimo: stiamo pensando di lasciare l’azienda e fondarne una nostra. Di fatto, guadagneremo molto di più e diventeremo diretti concorrenti della nostra attuale azienda, che però rimarrà per lungo tempo in difficoltà, giacché alcuni dei nostri profili sono introvabili localmente. In pratica, ci siamo resi conto che adesso ci sentiamo più protetti a metterci in proprio che a rischiare da dipendenti. 🙂
In bocca al lupo, Billy. L’idea che un dipendente fondi una sua azienda ed assuma, a sua volta, nuovi dipendenti è la migliore espressione del capitalismo vincente.
La considerazione di Lupo solitrio è fondata solo in parte. E’ vero che sono pochi i lavoratori interessati dall’art. 18, dal momento che la stragrande maggioranza delle nostre azienda ha meno di 15 dipendenti. Ma chiediamoci pure perchè queste aziende non assumono il sedicesimo.
@ Billy the kid
La destra, la vera DESTRA, ha sempre lottato per la “Terza Via”.
Etzra Paund ha ridisegnato una via che già De Meste aveva tracciato: “TUTTI PROPRIETARI NON TUTTI PROLETARI”.
Quindi la tua scelta e quella dei tuoi amici e colleghi è quella giusta.
I Lavoratori, i “colletti bianchi”, tutti coloro che sono interessati al lavoro devono essere COMPROPRIETARI” DELL’IMPRESA e quindi partecipare agli utili e alle sue scelte.
Egregio Billy the Kid questa è la COGESTIONE dell’Imprese, quella proposta ed in parte attuata dal Fascismo durante la breve esistenza della R.S.I.
in bocca al lupo
@Angelo:
crepi il lupo! 🙂
No, ma non è nostra intenzione assumere altri dipendenti (eccetto, sì, segretarie e amministrativi): si va formando l’idea di un gruppo di soci-lavoratori (non so che forma societaria potrebbe prendere di preciso, mi devo mettere a studiare la cosa con calma con gli altri). Certo, è il fallimento di un proprietario non sufficientemente competente da poter tirare avanti senza di noi, ma oramai dotato degli strumenti per farlo quando la sua incapacità ci avrà messo definitivamente in pericolo (e, pericolo per pericolo, stiamo pensando che forse preferiamo metterci in pericolo da soli).
Molte aziende hanno meno di 15 dipendenti, ma, attenzione, molte aziende collaborano con aziende, sempre da 15 dipendenti, che hanno lo stesso proprietario (o sono riconducibili a lui o a un gruppo di soci). Non credo che lo abbiano fatto solo per la questione dell’articolo 18, ma anche per motivi di tasse, snellimento e altro. Pensa alle gare in cui si possono unire presentandosi assieme e a quelle in cui possono, al contrario, disarticolarsi e presentarsi da sole. I vantaggi ad avere aziende non enormi in Italia ci sono.
@lupo:
grazie, vediamo se riusciamo a concretizzare qualcosa. Crediamo (forse presi dall’emotività) che forse avere meno diritti sul lavoro sia da adesso un rischio maggiore che essere noi stessi imprenditori.
@lupo:
questo è tratto dal primo congresso della DC (1946) e lo trovo abbastanza condivisibile:
10. Si deve avvicinare il capitale al lavoro tendendo a farli coincidere, in modo che il capitale non sia un parassitario oppressore ed il lavoro non sia uno schiavo ribelle. Non: “tutti proletari” ma “tutti proprietari”. Quindi miriamo all’abolizione della servitù proletaria. Si rivendica la proprietà per tutti, poiché tutti hanno il dovere di promuovere lo sviluppo della propria persona e quindi hanno il diritto di disporre dei mezzi necessari.
http://www.storiadc.it/doc/1946_01congr_gonella.html