“Muore il Cilento”
Giuseppe Lembo
Il Cilento, soprattutto quello minore, quello arroccato tra le colline e montagne, sta morendo nell’indifferenza di tutti. Muore, ed è questa la cosa più grave, per responsabilità pubblico-istituzionali. Muore perché ogni giorno ai tanti piccoli paesi dell’anima sempre più soli con se stessi, si fa mancare tutto; si toglie tutto, ma veramente tutto. Così facendo, la gente che da sempre è abituata ad avere niente o quasi niente, è costretta a scappare, ad andarsene altrove, affollando così già situazioni abbondantemente affollate, per chiedere lavoro se giovani, una casa dove poter vivere, servizi socialmente utili (scuole, biblioteche, spazi verdi attrezzati, luoghi di socialità e di cultura ed assistenza sociale e sanitaria), se anziani che diventano, sradicati dai propri luoghi di origine, degli ammalati cronici da ospedalizzare e/o da segregare in cronicari veri e propri lager, dove non trovano la dovuta e necessaria solidarietà, ma solo tanta sofferenza e dolori. Purtroppo questo è l’amaro destino dei poveri cilentani, soprattutto anziani, ancora fortemente abbarbicati alla propria appartenenza, alle proprie radici. Scacciati dai luoghi in cui sono nati, spesso si ritrovano a dover vivere in un inferno lontano, assolutamente disumano, dove si attende la morte liberatrice, per tornare a riposare per sempre là dove si è nati e dove sono aperte le porte dei cimiteri, le sole pronte ad accogliere i tanti figli del Cilento, in forte crisi esistenziale. Parlare del Cilento soprattutto collinare e montano, prima di tutto è necessario parlare della vera anima del Cilento, ossia della gente, caratterizzata da una non comune forza identitaria, tale da porre in primo piano e prima di ogni altra cosa, la propria terra. Parlare del Cilento, in termini amaramente concreti, significa mettere il dito sulla piaga, sulle tante sofferenze umane che rendono disumane ed inospitali anche le pietre parlanti, l’anima, l’anima di tanti cilentani che, andando via, si portano con sofferenza nel cuore. Il senso di indignazione profonda viene dal forte accanimento pubblico contro le aree deboli del Paese, entro le quali ci sono i tanti paesi dell’anima, paesi ipocritamente definiti del bel vivere, poi massacrati da provvedimenti che vanno nella direzione del loro totale smantellamento, dell’umanità e della più assoluta invivibilità. Ma come si può pensare ed osare di far tanto male al Paese, provocando la scomparsa dell’uomo da territori destinati a scivolare a valle ed a vederne crollare ad una ad una le case presepiali, da veri e propri paesaggi dell’anima? In questi luoghi ancora e fino all’estinzione che è dietro l’angolo, vivono i guardiani naturali dei territori; quei tanti guardiani che con opere di impegno, di ingegno e di tanto sofferto lavoro, ne hanno saputo garantire la conservazione ed il trasferimento al futuro, con il passaggio del padre-custode al figlio per custodirlo e trasferirlo altrettanto da padre-custode ai propri figli. Tutto questo che fa parte del Cilento Paco Nazionale, tra l’altro patrimonio dell’Umanità, oggi è indifferente ai più e soprattutto a quanti dovrebbero avere a cuore il futuro; il futuro del territorio e l’uso intelligente delle risorse. La bestiale diffusa cultura del risparmio a tutti i costi diventa purtroppo, in prospettiva, un pessimo risparmio. Prima di tutto dal punto di vista fisico; mancando i guardiani naturali dei territori, mancando quella sapiente azione di ingegneria idraulica il frutto delle tante esperienze di vita, la terra inesorabilmente, con le acque non regimate, se ne scivola a valle; ad aggravare la situazione sono gli incendi e le tante forsennate azioni di disboscamento. Tutto questo porta ad una fragilità estrema, tanta parte del Cilento che, sempre più priva della presenza umana, se ne scivola a valle. È cos’ì, ad intere comunità silenziose che sono abituate ad accontentarsi di poco e non hanno mai chiesto niente allo stato-padrone, tolgono quel minino necessario a poter vivere i territori che, mancando di tutto, sono sempre più difficili da vivere. Nessuno riesce ad avere quella giusta intelligenza umana di rendere vivibile i territori minori; prima di tutto è necessario, per permettere al paesano di viverci, pur non avendo la possibilità di avere per sé e per la propria famiglia una vita di qualità, almeno una sopravvivenza possibile. Ora scientificamente lo stato-padrone, facendo male e facendosi male, ha deciso di cancellare i territori minori, vere e proprie riserve indiane, di gente indifferente a tutto e sempre più al limite disumano di bocche inutili, di cui la società, la società della cosiddetta efficienza e degli apparati può farne anche a meno, perché sono pochi ed in quanto pochi non contano niente; proprio niente. È, tra l’altro, in prospettiva, fonte di grandi risparmi. È veramente grave non capire questo! È poco intelligente accanirsi contro gente silenziosa, molto spesso dei veri e propri “toculacapo“ sottomessi, incapaci di indignarsi e da cittadini di serie A e non sudditi di rivendicare i giusti diritti dell’appartenenza alla Repubblica Italiana ed a quanto previsto dalla Costituzione italiana, la carta dei diritti che riguarda tutta l’Italia e non solo alcune sue parti meritevoli di attenzione e di privilegi a danno degli ultimi, di dimenticati e dei cancellabili, essendo ultimi, essendo disperati ed assolutamente incapaci di protagonismo e di “indignarsi” per difendersi e difendere i propri diritti di cittadini e non sudditi. Ben 11 uffici postali di alcuni paesi cilentani, soprattutto nell’area del Montestella e comunque all’interno dei confini del Parco Nazionale, dopo averli ridotti per un breve periodo in uffici a servizio limitato a tre e/o a due giorni settimanali, sono stati chiusi per sempre. L’imbecillità miope di un’autorità superiore (povera Italia com’è ridotta!), ha decretato, fottendosene del dramma provocato alla comunità residente, la chiusura di ben 11 uffici postali, simbolo di una storia che viene così cancellata per un assolutamente falso risparmio. Alcuni di questi uffici erano dell’epoca garibaldina e si avvalevano all’inizio della comunicazione a distanza, dal telegrafo con l’uso dell’alfabeto morse. Ad Ortodonico il mio paese, un legame con la mia vita di forte indissolubilità, radicato nell’età dell’infanzia e continuato nel tempo, pur avendoci vissuto solo il tempo possibile e nei momenti di assoluta libertà dagli impegni della vita. Ebbene la storia di questo sfortunato paese dell’anima, dove nonostante tutto è sempre bello vivere, si ripete con ostinata, determinata e cattiva volontà di fargli male, rendendolo invivibile attraverso la mannaia dei servizi cancellati appartiene uno degli undici uffici cancellati.
Prima in epoca fascista lo privarono della sede comunale con una storia che ha dell’incredibile e dai contorni ancora oggi, per niente definiti. Dopo quell’atto infame, la storia di Ortodonico ha subito con persistente tenacia l’assommarsi di tante cattiverie umane, subite in silenzio dai suoi pacifici, ma troppo accondiscendenti cittadini. Non è possibile subire tutto, come se ogni provvedimento fosse un provvedimento di Dio necessario per organizzare l’inferno terreno a gente con indifferenza per il paradiso, soprattutto terreno. Quest’ultima mascalzonata di chiusura di 11 uffici postali nelle diverse località cilentane, da Perdifumo a San Mauro Cilento a Pollica, ad Ortodonico ed altre località cilentane mi indigna e non poco. Mi fa rabbia e mi spinge a quel profumo garibaldino di libertà e di dignità della persona umana qui ben conosciuto; di Ortodonico erano i fratelli garibaldini Francesco Paolo e Michele Del Mastro, morto a Palermo nella battaglia di Calatalafimi in risposta al disperato grido di Garibaldi “Qui o si fa l’Italia o si muore”. Ma oltre Ortodonico c’è Pollica con il martire dei nostri giorni Angelo Vassallo, barbaramente trucidato per fare anche del Cilento una terra di malaffare e di camorra. Nella direzione provinciale delle Poste di Salerno ad una nutrita delegazione di cittadini cilentani capeggiato proprio da Angelo Vassallo, allora Presidente della Comunità Montana Alento-Montestella, fu solennemente promesso che l’esternalizzazione degli uffici postali cilentani non avrebbe mai e poi mai comportato la chiusura di nessuno di questi. Bel modo di mantenere le promesse assunte; bella riconoscenza alla memoria di chi ha sacrificato la vita in nome e per il bene di un Cilento maledetto, sempre più violentato e tradito, da uomini che non sanno quel che fanno, essendo ormai fuori di testa, assolutamente poveri di spirito ed indifferenti ai tanti provvedimenti che, così come assunti, fanno morire il Cilento soprattutto collinare e montano, rendendo difficile la vita, ormai senza futuro, che così come immaginata ed imposta costringe la sua gente a scapparsene, per mondi umanamente migliori e più vivibili. Ma a chi interessa tutto questo; è indifferente la presenza o meno degli uffici postali a chi pensa diversamente il futuro dei territori minori, dove è veramente bello vivere, oltre che necessario, per evitarne lo scivolamento a valle. Anche l’incultura locale è alleata di questi tanti ladri di futuro che in nome dell’efficienza e del falso risparmio, stanno saccheggiando l’Italia possibile, creando malessere diffuso, allarmismo e sofferenza sociale e la fine annunciata di tanti piccoli pezzi di storia italiana, così come ricordata e ricordati nelle tante celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, un Italia che non vuole e non sa riconoscere a tutti e per tutti quello spirito di coesione nazionale che serve al presente e soprattutto al futuro del nostro Paese e di tutte le sue diverse realtà territoriali ed umane, grandi o piccole che siano. Purtroppo, la banda degli indifferenti ai tanti problemi del paese, in nome di una presunta efficienza e del risparmio, pensa di usare la mannaia togliendo ai territori minori campani ed italiani, quelle piccole-grandi cose che rappresentano l’ultima spiaggia per una vita di insieme ormai privata di tutto ed assolutamente indifferente ai poteri forti che rocciosamente agiscono indifferenti dei tanti guai che commettono.
Oggi alla loro brava attenzione ci sono gli uffici postali, quegli uffici postali che tanto hanno dato al Paese Italia in termini di un sacrificato risparmio, poi “pappato” altrove. Oggi per riconoscenza vengono tolti di mezzo; vengono e per sempre chiusi, indifferenti ai drammi umani per i tanti anziani soli che avranno nuove e crescenti difficoltà per vivere e/o anche semplicemente sopravvivere là dove sono nati. Che Italia! Che Sud! Purtroppo, a ben considerare, non se ne azzecca più una. L’Italia, così messa, nonostante le false promesse di resurrezione, si avvia inevitabilmente ed a passi veloci, al suo naturale fallimento. Un fallimento che fa male, che mi fa male, che fa tanto male anche al maltrattato Cilento, ma è inevitabile per il nostro Paese ormai sull’orlo del disastro. Speriamo al più presto, così le forze dell’Italia futura, mettendo da parte i ladri traditori, penseranno responsabilmente alla rinascita ed al futuro in un insieme umano e sociale che dovrà e saprà guardare lontano, per tutti gli italiani, per tutte le diverse realtà italiane, rispettandone gli uomini come Angelo Vassallo, morto per ideali di libertà e di umanità, oggi dopo un anno e mezzo dalla sua morte già traditi, già cancellati dalla memoria di un Paese l’Italia che vuole dimenticare tutto, compresi i martiri e gli eroi.