Mwanafunzi, scolaro

Padre Oliviero Ferro

Se ti alzi presto, li vedi che sono già tutti per strada, fin dalle sei del mattino, che se ne vanno verso la scuola. I più grandi fanno chilometri per essere puntuali nelle scuole superiori. Qualcuno riesce anche a prendere il taxi. Sono in tanti, stretti, ma l’importante è risparmiare un po’ di strada. Gli altri che vanno nella scuola primaria(elementare o media), sempre a piedi, così si fa ginnastica. I più piccoli si fanno coraggio per andare alla scuola materna. Tutti con la loro borsetta a tracolla con dentro il minimo necessario e un soldino nelle tasche, l’uniforme più o meno stirata, con gli occhi ancora assonnati. E’ così ogni giorno dal lunedì al venerdì, qualcuno anche il sabato. E’ la voglia di imparare, di riuscire a fare qualcosa di buono che li spinge a fare tanti sacrifici. Li fanno anche i loro genitori che devono pagare le tasse scolastiche e tutto ciò che serve per la scuola. Poi, finalmente, arrivati sul posto, si mettono in fila davanti alle aule per cantare l’inno nazionale con la mano sul cuore. E via, a cercarsi un posto dove sedersi, a schiacciarsi per stare in tanti su quel banco che da un momento all’altro potrebbe rompersi, ma invece sta lì, non si sa come. E comincia la lezione. La maestra scrive sulla lavagna la lezione e gli scolari la riscrivono sui loro quaderni. I più piccolini fanno un po’ di fatica. A loro piacerebbe di più giocare,ma sono lì attenti a imparare. Poi, ad alta voce, ripetono quello che è scritto. Insieme lo si fa meglio. Si passa alla matematica, non facile per tutti. Poi alla lingua, al disegno, insomma a tante cose che aiutano a crescere. Un fischio, che sembra la liberazione, li fa uscire di corsa per sgranchirsi le gambe, per cercare qualcosa da mangiare e da bere. Come è bello vederli giocare, correre dietro una palla (di stracci o di plastica), danzare e cantare. Anche una piccola banana o un pezzetto di pane o qualche arachide tostata riempie il proprio e l’altrui stomaco. Ma un altro fischio li riporta in classe fino al primo pomeriggio. Sono stanchi, affamati, assetati, ma bisogna ritornare a casa. Chissà se la mamma sarà tornata dal lavoro dei campi e avrà preparato qualcosa da mangiare. Altrimenti toccherà a loro, soprattutto alle bambine, di pilare la manioca, attingere l’acqua e mettere tutto in una pentola. E con la pazienza, poi, si condirà quella polentina che riempirà lo stomaco. Chissà se un po’ di fagioli o qualche pesciolino secco si farà vedere per far loro compagnia. Poi, le faccende di casa, un po’ di gioco, i compiti, un giretto per il villaggio per scherzare con gli amici. E poi…la stanchezza si farà sentire e bisogna buttarsi sulla stuoia e dormire e sognare…in un mondo migliore in cui anche i bambini sono importanti e non solo i grandi!