“Alla Scoperta dei Luoghi e dei personaggi della Scuola Medica Salernitana”
Salerno lega ancora oggi la sua identità storico-culturale all’illustre Scuola Medica, fiorita nei primi secoli del Medioevo e ampiamente sviluppatasi tra l’XI e il XIII secolo. Il nucleo storico della città conserva monumenti e quartieri legati alla memoria dell’antica Scuola. L’itinerario attraverserà i diversi quartieri medievali, l’Hortus Magnus, la Curtis Dominica, il Plaium Montis legati alle vicende della Scuola nei secoli XI-XIV.
La Cattedrale di San Matteo
Alfano I, già Abate di San Benedetto, divenne nel 1058 vescovo di Salerno. Alfano, medico, poeta dettò le linee guida della costruzione. Alfano espresse la sua adesione al rinnovamento spirituale e religioso della Chiesa, che aveva avuto origine a Montecassino con Desiderio e che auspicava un ritorno alla purezza delle origini. Ciò comportò l’adozione della pianta basilicale, propria delle chiese paleocristiane. La Cattedrale, capolavoro dell’arte normanna, conserva esempi notevoli di produzioni artistiche che vanno dal Medioevo all’età moderna, e pare che in alcuni momenti letture e conferenze della Scuola Medica si tenessero anche al suo interno. La veste originaria dell’edificio (inaugurato dal pontefice Gregorio VII nel 1084) si conserva soprattutto nel mirabile quadriportico che ne precede l’ingresso, l’uso degli intarsi policromi in tufo giallo e grigio e il campanile, con il tiburio decorato ad archetti intrecciati, costituiscono alcune tra le testimonianze meglio conservatesi di tale modello decorativo. All’interno e nella cripta si notano sostanziali rifacimenti tardo barocchi, che risparmiarono però il pavimento cosmatesco (XII secolo) della zona presbiteriale, i due amboni nel mezzo della navata centrale (ambone Guarna e ambone d’Ajello) e i mosaici dell’arco trionfale, dell’abside maggiore (rifatta nel corso degli ultimi lavori di restauro sul modello originario) e della controfacciata dell’ingresso principale. La Cattedrale custodisce insieme ai resti sacri dell’apostolo ed evangelista Matteo, i corpi dei martiri Gaio, Fortunato ed Antes, le spoglie di Gregorio VII e il corpo della regina Margherita da Durazzo, nel monumento sepolcrale di Baboccio da Piperno (XV secolo). Al complesso della Cattedrale di Salerno fanno riferimento due sale(sala San Tommaso e sala San Lazzaro), un tempo costituenti la cappella di Santa Caterina Alessandrina, il cui accesso avveniva dall’atrio del Duomo. L’antica cappella fu una delle sedi preposte alla consegna delle lauree e la più antica laurea qui conferita, di cui si ha documentazione, risale al XVI secolo, mentre la prima notizia dell’esistenza della cappella è del 1414.
Castel Terracena
Castel Terracena è il palazzo normanno edificato dal Duca Roberto il Guiscardo all’indomani della conquista di Salerno (1076-77). Il Castello risulta legato alla memoria della Scuola Medica, dal momento che la moglie del Duca, Sichelgaita, sorella dell’ultimo principe longobardo della città, Gisulfo II, era stata educata presso la Scuola e pare fosse molto esperta nell’arte delle ‘confezioni’, con una particolare predilezione per la preparazione dei veleni. La leggenda narra che Sichelgaita, usando il proprio sapere, avesse addirittura tentato di avvelenare il figlio di primo letto del Guiscardo. La condizione attuale del palazzo-castello normanno lo vede inserito in una serie di edifici successivi (edilizia privata di età moderna) che ne hanno inglobato la maggior parte delle strutture. L’impianto generale del palazzo risulta, però, ancora abbastanza ben riconoscibile, edificato a ridosso delle mura orientali della città, nei pressi di una delle porte che doveva consentire di raggiungere direttamente il mare, la reggia era stata modellata secondo uno schema castellare. L’unico corpo di fabbrica centrale era protetto ai lati da due grossi torrioni quadrangolari, mentre la monumentalità della struttura veniva alleggerita da fasce decorative marcapiano e da bifore e monofore disegnate con gli stessi giochi ad intarsio che si sono evidenziati nel quadriportico della Cattedrale.
L’abbazia di San Benedetto
L’abbazia viene indicata come uno dei luoghi dove può aver avuto origine la Scuola Medica. Le origini del monastero non sono chiare, taluni propendono per una fondazione risalente già al VII secolo. Come tutti i monasteri benedettini era, probabilmente, dotato di uno scriptorium. Si può supporre che nello scriptorium di San Benedetto siano stati copiati e miniati i primi manoscritti medici, anche se non vi sono codici sicuramente eseguiti a Salerno, precedenti il XII secolo. Nell’itinerario andrebbe inserita la visita dell’ex abbazia, oggi circolo degli Ufficiali. Gran parte dell’antica struttura appare ancora leggibile e fruibile. Le origini del complesso, molto antiche, sono variamente indicate tra la fine del VII e la prima metà del IX secolo. Distrutto nel 884, nel corso di una scorreria saracena, venne restaurato dall’Abate Angelario. Nel 1057 Alfano, illustre medico e poeta, fu eletto abate. La chiesa era preceduta da un quadriportico, in seguito abbattuto per consentire il passaggio della via San Benedetto (porzioni sono ancora leggibili all’interno della struttura del Museo Archeologico) Oggi l’accesso alla chiesa avviene attraverso un pronao a tre archi su colonne di spoglio. L’interno, a pianta basilicale, è diviso in tre navate da pregiate colonne che creano sei passaggi. Degli archi tompagnati alle pareti della navata centrale forse stanno ad indicare un intento d’ampliamento non portato a termine. Nella chiesa era conservato il crocifisso ligneo del XIII secolo, ora la Museo diocesano. L’abbazia era servita da un acquedotto in pietra costituito da maestosi archi in triplice ordine ancor oggi visibile.
La cappella palatina di San Pietro a Corte
La cappella palatina di San Pietro a Corte, utilizzata nel XVI secolo per tenere le lezioni della Scuola Medica e per il conferimento delle lauree, insiste sul frigidarium di una terma romana (attiva tra il I e il III secolo), luogo ugualmente legato alla cura della salus corporis. L’impianto termale, abbandonato in seguito a violenti fenomeni di carattere alluvionale, venne riutilizzato tra il V e il VI secolo come ecclesia sepolcrale, mentre tra il 758 e il 787, il principe Arechi II vi impiantava il cuore del proprio palazzo, recuperando le strutture romane e restaurando la sacralità del luogo cimiteriale. Il toponimo ‘a Corte’ conserva memoria dell’appartenenza della cappella al complesso palaziale longobardo e del carattere privato della stessa, doveva infatti trattarsi della chiesa in cui solo la famiglia del principe poteva assistere all’officiatura del culto, direttamente collegata al resto del palazzo tramite uno scenografico loggiato. Descrizioni della cappella, intitolata ai santi apostoli Pietro e Paolo, si rintracciano nella cronaca salernitana della fine del X secolo (Chronicon Salernitanum)e le indagini archeologiche, condotte dall’Università di Salerno, hanno consentito di confermare la ricchezza delle decorazioni architettoniche che l’anonimo autore ancora vedeva all’affacciarsi dell’anno Mille. Colonnine in marmo bianco che reggevano le bifore del loggiato, marmi policromi per il pavimento e tessere con lamina d’oro per la parte bassa delle pareti interne, affreschi e gli esametri dell’epigrafe dedicatoria dettata da Paolo Diacono (titulus), consentono ancora oggi di meravigliarsi dinanzi alla magnificenza con cui il nobile principe Arechi II, nel pieno dell’età di mezzo, progettò la sua dimora salernitana.
Il Giardino della Minerva
Nel cuore della Salerno antica, a ridosso del torrente Fusandola e delle mura medievali, sorge un orto terrazzato e cinto, ricco di storia: il Giardino della Minerva. Esso si sviluppa lungo l’asse degli orti che dalla Villa comunale salgono verso il Castello d’Arechi. Ciò che oggi appare evidente è un’interessante serie d’elementi di tipo settecentesco. Tra questi, il più caratterizzante è una lunga scalea, sottolineata da pilastri a pianta quadrata, che sorreggono una pergola di legno, costruita sulle mura medievali della città. Un sistema d’acqua, composto di vasche e fontane, una per ogni terrazzamento, con decorazioni realizzate usando concrezioni calcaree, denota la presenza di fonti cospicue che, opportunamente canalizzate, hanno permesso nei secoli il mantenimento a coltura degli appezzamenti. Proprietaria, fin dal dodicesimo secolo, fu la famiglia Silvatico, di cui un componente, Matteo, tra il tredicesimo e il quattordicesimo secolo si distinse come insigne medico della Scuola salernitana e profondo conoscitore di piante per la produzione di medicamenti. Suo è l’Opus Pandectarum Medicinae, un lessico sui semplici per lo più d’origine vegetale. Il manoscritto fu completato nel 1317 e dedicato al re di Napoli Roberto d’Angiò. A seguito ad un’attenta consultazione delle fonti di documentazione storica è stato chiaramente dimostrato che il giardino dei semplici, istituito nel primo ventennio del 1300 da Matteo Silvatico per servire ai maestri della Scuola Medica, insisteva proprio nell’area del giardino della Minerva. Questi presupposti, insieme con altri documenti raccolti nel volume Mater Herbarum. Fonti e tradizione del giardino dei semplici della Scuola Medica Salernitana (Guerini e Associati, Milano 1995), confermano che il giardino di Matteo Silvatico è stato il primo Orto Botanico d’Europa per la coltivazione e raccolta dei semplici vegetali a scopo terapeutico. Il recupero del Giardino della Minerva fornisce quindi continuità storica e scientifica all’opera di Matteo Silvatico, restituendo di diritto alla memoria culturale della città di Salerno il suo primato in ambito botanico.