Condannati al montismo
Salvo sconvolgimenti straordinari, ma non improbabili (rivolte fiscali, spread alle stelle, disoccupazione oltre la soglia di guardia, con ampi strati della popolazione finiti in poverta’) le elezioni del 2013 non ci diranno nulla di nuovo rispetto a quanto stiamo gia’ vivendo. L’ipotesi più radicata tra gli osservatori della grande stampa e’, infatti, quella di una riedizione della gran coalizione che oggi sostiene il governo tecnico. Questo perche’ le incognite che aleggiano all’interno dei partiti (di destra come di sinistra) non sembrano offrire garanzie ne’ di rinnovamento della classe dirigente, ne’ la necessaria chiarezza in ordine a programmi che siano credibili in quanto tali, ma anche condivisi da larghe maggioranze politiche. Basta pensare alla futuribile alleanza tra Sel e Udc, per comprendere il livello di instabilita’ decisionale che potra’ emergere dal futuro teatrino delle solite facce regnanti. Di fronte al quadro di una pericolosa frammentazione organizzativa, non resta allora che affidarsi ad uno schema collaudato, quello per l’appunto di Mario Monti. Se non altro perche’ la rotta che l’Italia dovra’ seguire per i prossimi anni e’ stata gia’ tracciata nei palazzi di Bruxelles e di Francoforte ( Fiscal compact e fondo salva stati). I parlamentari che eleggeremo l’anno venturo saranno pertanto poco più di meri esecutori di volonta’ altrui, manovalanza di commissari europei, decisi a limitare la nostra sovranita’ nazionale in cambio di denaro prestato. Debiti, debiti, debiti, nient’altro che debiti : e’ inutile illudersi.