Solo il profitto genera occupazione

Angelo Cennamo

La vicenda Fiat, con i suoi strascichi sindacalgiudiziari, si sta trasformando in una delle tante e stucchevoli pantomime alle quali siamo abituati da tempo. La questione è nota : l’ad Sergio Marchionne aveva promesso e barattato un investimento di 20 miliardi di euro in cambio di una maggiore flessibilità contrattuale negli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori. A distanza di due anni, però, l’investimento previsto non è stato ancora avviato, a causa della crisi che ha reso il mercato europeo praticamente saturo ( questa la versione di Marchionne), per una furbata ben studiata in tempi non sospetti dai vertici dell’azienda ( è invece la tesi avanzata dai detrattori del manager italo-canadese). In un Paese come il nostro, vissuto e pasciuto secondo logiche assistenzialistiche e con una cultura finto-capitalista, ancora oggi, in piena globalizzazione, risulta complicato comprendere le ragioni che sottendono all’esercizio di un’impresa privata ( fino a prova contraria, la Fiat lo è). E se è vero che per decenni la casa automobilistica di Torino ha obbedito a certe regole “istituzionali” per conservare un primato edulcorato da condizioni monopolistiche, molti esponenti della politica e del mondo dell’informazione stentano ad individuare la sola linea guida che muove qualunque azienda sul mercato : il profitto. Gli imprenditori assumono personale per fare profitto, non fanno profitto per assumere personale. L’assioma e’ tanto semplice quanto ostico per chi non è abituato a confrontarsi con le più elementari regole del liberalismo economico che è poi il fondamento dell’economia internazionale. Perchè Marchionne non ha ancora fatto l’investimento promesso? Si chiedono gli strenui propugnatori della tutela dell’occupazione nelle fabbriche italiane. E’ lecito chiederselo, ma altrettanto inutili sono le argomentazioni con le quali Marchionne è chiamato a rispondere. Proviamo ad immaginarle : in Italia i costi di produzione sono elevatissimi, la pressione fiscale è asfissiante, i sindacati più radicali intentano una causa al mese, la legislazione del lavoro è medioevale, la magistratura pretende di disegnare le piante organiche delle aziende, le cause di lavoro durano più di “Beautiful”, le infrastrutture sono antiquate, la burocrazia é borbonica, gli italiani non hanno i soldi per comprare le auto. Di fronte ad un quadro ambientale così desolante chiunque se la darebbe a gambe. Marchionne in parte ha ragionato così. Ha speso quello che poteva negli Usa, dove tutto è meno complicato e si vendono più automobili, ma non vuole rinunciare per questo a presidiare l’Italia, nella speranza ( forse vana) che arriveranno tempi migliori.  

 

5 pensieri su “Solo il profitto genera occupazione

  1. non mi sembra che sia stata messa in discussione la “Logica del profitto”. al contrario la vicenda marchionne, con tutti i suoi retroscena, sta a dimostrare che: o ha raccontato delle balle o è un incapace.
    dopo un primo momento “istituzionale” e “patriottico”, insomma quando a suon di incentivi “salvò” la fiat e l’italianità (era tutto veltroni e lingotto)al mutar del vento, quasi come un provetto skipper, anticipandolo, si è messo a combattere tutte quelle cose che dici tu, sindacati, statuto dei lavoratori etc.. spaccando il sindacato e lavoratori promettendo 20 miliardi.
    in america gli hanno steso un tappeto rosso ed anche li ha successo con aiuti di stato, sussidi, incentivi e strozzando quel poco di sindacato. il £nostro compaesano” è vincente quando prospetta, come unica alternativa, la disoccupazione e il niente. e quindi la gente sceglie il meglio di niente.
    ma tornando in italia dici, come al solito, le cose a mezzo dando una visione da un’unica prospettiva, se da un lato ti possono sembrare troppe le tutele dei dipendenti dall’altro se fai un poco di confronti vedrai chein italia si guadagna molto meno che da altre parti e che la fiat non ha mai avuto problemi di burocrazia.
    il giudizio sul nostro manager filosofo deve essere franco e basato sull’evidenza: ha fallito perchè nonostante tutto il casino che ha combinato ora dichiara che non può mantenere le promesse.
    tutto il resto è politichese, è un bugiardino liberal, liberista e libertario.

  2. @Angelo:

    ti ho già risposto ieri con l’articolo di Repubblica: Marchionne vuole dall’Italia gli stessi soldi che gli dà il Brasile. Caro Angelo, a fare l’imprenditore “privato” con tutti questi soldi pubblici sono capace anche io.

  3. @michelezecca:

    ma tu hai mai avuto qualcosa contro il profitto?
    A ma pare che qui c’è qualcuno che invece di fare un bagno di umiltà ha preferito nell’ordine:

    – creare uno scontro ideologico con i sindacati che nemmeno nel 1970;
    – promettere a tutto spiano cose che non poteva mantenere;
    – farsi passare per un benefattore in quanto creatore di posti di lavoro (!);
    – lamentarsi per la crisi;
    – prendere a piene mani soldi per la ricerca e lo sviluppo dallo Stato;
    – chiedere allo Stato gli stessi soldi che gli dà il Brasile;

  4. Un imprenditore fa la scelte più vantaggiose per vendere di più e guadanare di più ( profitto). Per Marchionne fare auto in Brasile e in Usa è più conveniente? Le va a fare lì. Questa è la globalizzazione.

  5. @Angelo:

    intanto, Marchionne in queste ore ha sfatato il tuo mito di imprenditore che fa profitti senza aiuti dallo Stato. Ha infatti dichiarato che il Brasile gli dà un sacco di soldi e quindi per lui è conveniente andare lì in quanto questi aiuti sarebbero assolutamente necessari. E questo è perfettamente in linea con la storia della FIAT, che ha preso i soldi del contribuente italiano e ne ha fatto profitti privati. Mi ripeto, a rischio di essere noioso: a fare l’imprenditore in questo modo sono bravi tutti, ma temo che pochi imprenditori (direi nessuno) in Italia abbiano goduto di quanto è stato storicamente concesso alla FIAT.

    Se vuoi sapere la mia: per me se ne possono pure andare, gli Agnelli con tutta la barca, anche perché questo permetterebbe A ME, CONTRIBUENTE PUBBLICO, di non versare più un solo euro ad una azienda PRIVATA che si barcamena come quella, aprendo querelle stucchevoli sui dipendenti. In tutta onestà, penso anche che gli stabilimenti che hanno in Italia saranno rilevati da imprenditori indiani (es. Mahindra) che verranno qui e sapranno cosa farsene. Al massimo mi può dispiacere per l’indotto, e cioè per le aziende piccole e medie che hanno come cliente la FIAT (e ovviamente per i lavoratori e per tutto quello che dovremo pagare loro di INPS negli anni a venire).

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