Pietà per questa terra morente (Edgar Morin)

Giuseppe Lembo

Con questo accorato ed allo stesso tempo disperato grido di dolore, il filosofo-sociologo francese Edgar Morin, si rivolge all’uomo della Terra, affinché si ravveda e non la maltratti più a lungo, riducendone le condizioni di vita e quindi il futuro possibile per quelli che verranno. Morin, nonostante il male estremo del disagio umano che ha contagiato di sé la Terra, non dispera, né estremizza la sua sofferenza, come sofferenza giunta ad un punto di rottura senza ritorno. Morin dall’alto della sua veneranda età dei 91 anni, vuole ancora riporre la sua fiducia nell’uomo che, ravvedendosi, anche se sull’orlo del precipizio, saprà salvare la Terra. Ma è possibile?  C’è con Morin da augurarsi che tanto sia possibile per il bene dell’uomo della Terra, di tutti gli uomini della Terra. Ma questa nostra Terra è in tutte le sue parti gravemente ammalata. Non c’è forse una diversa gradazione della sua malattia nelle sue tante diverse realtà umane e territoriali? La Terra è morente, ma può salvarsi in alcune sue parti; per altre invece la malattia è più grave e la salvezza è più difficile, se non addirittura impossibile. L’uomo non ha sempre saggiamente saputo rispettare la sua madre Terra; purtroppo, ne ha abusato ad un punto tale da vera e propria rottura senza ritorno. In tante parti del pianeta le condizioni di salute della Terra, sono gravi e destano la dovuta preoccupazione in chi si pone responsabilmente il problema di salvare la Terra, per salvare con la Terra l’uomo dalla catastrofe finale. Una parte di questo nostro maltrattato Pianeta che non sta per niente in buona salute è rappresentata purtroppo, dall’Italia dove tutti si sono accaniti contro la madre Terra, violentandola, maltrattandola, abusandone e trasformandola in modo tale da renderla sempre più inospitale, sempre meno bella per il godimento comune, sempre più sfregiata nelle sue naturali bellezze e nel suo paesaggio, sempre più ridotta in tante sue parti in una vera e propria pattumiera ambientale, complice l’indifferenza della gente, l’insensibilità comune per il bello, l’omertà diffusa nei confronti degli uomini del malaffare e della speculazione. Perché tanto violento accanimento nel nostro Paese nei confronti della madre Terra, di quei mondi vitali che, una volta, modificati non garantiscono il bel vivere e tanto meno un buon vivere o il vivere armonico del mondo naturale con il mondo umano? Purtroppo, complice l’indifferenza, la Terra italiana è stata spogliata del suo antico fascino, delle sue tante bellezze paesaggistiche e ridotta in spazi sempre più inospitali per eccesso di antropizzazione selvaggia ed in tante sue parti per gravi condizioni di appesantimento, da vero e proprio carnaio umano. Perché in pochi decenni l’Italia ha subito una vera e propria mutazione genetica, trasformando il suo territorio da una condizione d’uso ad altra condizione d’uso? Perché è violentemente saltato l’equilibrio generazionale, per effetto del quale c’era sempre stato un uso rispettoso del territorio posseduto ed usato senza abusarne, per poi trasferirlo, come bene di tutti, da una generazione all’altra? In soli pochi decenni l’etica comune ed il rispetto dei valori che legano una generazione all’altra, non sono stati più oltre comuni riferimenti positivi, sia per la vita individuale che dell’insieme sociale. Ciascuno egoisticamente, accentuando il proprio familismo amorale, soprattutto al Sud, non ha più minimamente pensato a vivere nel rispetto del bene comune, ma rispondendo solo al proprio delirante egoismo, ingrandito da un eccesso di protagonismo con alla base il proprio apparire che ha fatto dimenticare sempre più il proprio essere. E così, soprattutto al Sud, il problema ambientale, è diventato un problema di vita e purtroppo un problema di vita di malaqualità umana.

Rotto il rapporto armonico ed equilibrato uomo-natura, si è avuto una prevaricazione umana sull’ambiente naturale, con spazi di vita sempre più limitati e sempre più trasformati, sottraendoli all’uso agricolo per poi destinarli ad un uso-abusato di un innaturale insieme umano, con colate di cemento che, soprattutto al Sud, si son mangiato il suolo da sempre agricolo; questa trasformazione violenta e senza senso, ha modificato il principio del trasferimento della Terra da una generazione all’altra; la Terra da bene in affidamento, è diventata per i più bene di speculazione ed affari, con assoluta indifferenza per chi doveva un giorno ereditarla nelle sue caratteristiche tradizionali e di bene da conservare, contenendone l’uso-abusato in tutte le direzioni possibili. Ma così non è stato. In Italia e soprattutto nel Mezzogiorno purtroppo, negli ultimi decenni, c’è stato poco rispetto per la Terra, compromettendola in tante sue parti e rendendone il rapporto con l’uomo sempre più conflittuale e di poco amore, invertendo così quella simbiosi  umana uomo-natura durata da secoli. L’azione umana, da azione di grande amore si è andata trasformando in azione devastatrice da parte dell’uomo che impazzendo ha creduto di potersi riprendere la rivalsa sulla natura, sulla Terra, male utilizzandola, spesso devastandola, per il proprio insaziabile egoismo di uomo dell’apparire e della ricchezza a tutti i costi. E così l’azione umana di devastazione dell’ambiente ha raggiunto livelli di un sempre più violento contrasto con danni covando sotto la cenere, sono poi esplosi in eventi tragici, come quelli sismici, frane, alluvioni, o altre evenienze naturali nelle quali la natura si è rivoltata contro ed ha messo in evidenza tutte le responsabilità dei comportamenti umani per niente saggi e virtuosi, in quanto fortemente speculativi e spesso contro natura. La Terra è stata usata abusandone per crescenti fini economico-speculativi. E così speculando, speculando il territorio italiano ha cambiato volto e destinazione. Da territorio agricolo con culture pregiate di tanti prodotti nobili della dieta mediterranea, è stato modificato in territorio cementificato. Abbiamo assistito, con indifferenza complice quotidianamente ad un furto legalizzato da parte dei tanti ladri di futuro delle terre da sempre coltivate e che dovevano continuare ad essere coltivate anche dai nostri figli per il loro bene e per il bene della società più in generale. È ormai tempo di dire basta agli sfregi italiani contro i terreni agricoli; non possono e non devono subire ulteriori atti di inopportuna violenza umana per fini speculativi assolutamente ingiustificati ed ingiustificabili. Il suolo italiano deve essere rispettato nelle sue caratteristiche; il primo in assoluto ad essere rispettato è il suolo agricolo italiano, una grande ed insostituibile risorsa per l’intera società del nostro Paese. La cementificazione, soprattutto selvaggia, si è mangiata gran parte del nostro suolo agricolo; negli ultimi quarant’anni ha sottratto all’agricoltura italiana ben 5,1 milioni di ettari. L’Italia, così come selvaggiamente aggredita, è il terzo Paese dell’Unione Europea per deficit di suolo agricolo; il quinto su scala mondiale. Ha raggiunto un deficit di suolo agricolo che è più del doppio degli ettari disponibili. Per coprire i consumi di cibo da parte della popolazione italiana, il nostro Paese avrebbe bisogno di 30 milioni di ettari di SAU (superficie agricola utilizzata); rispetto a tale necessità di suolo agricolo, l’effettiva disponibilità è di soli 12 milioni di ettari. Questa condizione, fortemente aggravata dalla cementificazione selvaggia, ci pone necessariamente in una condizione di forte dipendenza alimentare da altri Paesi, che saggiamente hanno saputo meglio rispettare le caratteristiche del proprio suolo e conservarlo come Terra da coltivare anche per le generazioni future. Il nostro Paese non è stato per niente saggio; ha sconsideratamente cementificato per fini speculativi, mangiandosi così da ladri di futuro, il futuro dei propri figli, che saranno sempre più poveri anche di cibo, sempre più scarso per effetto di una crescente e diffusa pressione sui sistemi ambientali ed agro-alimentari. La superficie agricola utilizzata in Italia al 2010 era di 12.858.047,82; nel 1982 era di 15.832.612,88; dal 1982 al 2010 abbiamo avuto una perdita percentuale di territorio agricolo del 18,8%. Le regioni con maggiore sofferenza di suolo sottratto all’agricoltura sono al Sud; nel periodo 1982-2010 la Calabria ha avuto una perdita percentuale del 23,9%; la Campania del 22,4%; la Sicilia del 18,1%; la Basilicata del 17,1%; la Puglia del 15,7%. Le Regioni con il più alto indice di suolo sottratto all’agricoltura sono soprattutto al Sud (- 23,9 Calabria; – 22,4 Campania). E così colate di cemento hanno ricoperto suoli agricoli dove un tempo si coltivava il grano e si produceva l’olio. Il dato italiano relativo al processo di cementificazione dei territori sottratti all’agricoltura è del 6,7%; la Campania va oltre il 9,5%. In quarant’anni l’Italia ha subito una profonda trasformazione del suolo; da 18 milioni di ettari coltivabili si è passati a soli 13 milioni. Un dato allarmante; un dato che ha richiamato l’attenzione dell’attuale governo tecnico del Paese che, portavoce il Ministro dell’Agricoltura Mario Catania, ha  lanciato il grido di allarme, evidenziando l’urgente necessità di bloccare la distruzione dei terreni agricoli, con una legge di tutela delle terre agricole, evitandone così la distruzione con destinazione abusata per altri usi.

Un disegno di legge governativo dovrebbe finalmente mettere ordine al grande disordine evitando così l’ulteriore saccheggio selvaggio di altri territori agricoli.

L’Italia già fortemente abusata nell’uso improprio dei suoli, non può permettersi altre azioni di rapine. In base a quanto previsto nel disegno di legge salva terre da coltivare, i terreni agricoli non possono mutare destinazione d’uso, trasformandoli, come per tanti anni è stato inopportunamente fatto, in territori da cementificare, soprattutto per fini speculativi ad opera di organizzazioni malavitose, presenti ed operanti in gran parte del Paese.  L’Italia deve smetterla di farsi male; deve smetterla di usare ed abusare delle sue risorse utilizzandole con accanimento aggressivo tale da far ritenere che dopo di noi c’è il nulla e solo il nulla. Non è possibile continuare più oltre con comportamenti egoistici che oltre al male che fanno a chi vive nel presente, fanno un male assolutamente maggiore agli eredi che verranno e che si troveranno con le mani vuote, con un futuro fatto di niente per effetto del fare violento dei tanti ladri di futuro che, spinti da assoluta immoralità saccheggiano tutte le risorse possibili, usandole per fini egoistici, assolutamente privi come sono, di valori etici e di moralità, una virtù dell’uomo di tutti i tempi che oggi è sempre più difficile da incontrare. Che fare per evitare la catastrofe finale? Fermare e da subito l’aggressione al territorio e la violenta deturpazione del paesaggio. Occorre con saggezza utilizzare al meglio le risorse disponibili, in quanto trattasi, tra l’altro, di risorse sempre più esauribili. Il nostro Paese non ha bisogno di ulteriori azioni di aggressione al suolo agricolo; il nostro Paese non ha assolutamente bisogno di altra cementificazione selvaggia. Il cementificatore è un immorale, che agisce contro la natura per soli fini egoisticamente speculativi, compromettendo con assoluta indifferenza l’uomo ed il paesaggio. Bisogna assolutamente porre la parola fine all’uso abusato del suolo italiano; in alternativa c’è da pensare saggiamente al recupero del patrimonio edilizio, favorendo ed incentivando al massimo l’attività di manutenzione, ristrutturazione e restauro degli edifici esistenti. È importante ripensare il costruito, mettendolo in riuso con standard assolutamente funzionali alla qualità sociale ed alla qualità della vita individuale. Occorrono comportamenti virtuosi; occorre una diversa condizione del suolo e del suo uso, rigenerando, per questo importante obiettivo gli spazi urbani per mondi vitali più umani, più vivibili e con un ridotto impatto ambientale ed un altrettanto ridotto consumo energetico. Gli scenari del suolo italiano sono scenari tristi e preoccupanti; ogni giorno ben 100 ettari di terreni naturali subiscono l’intervento distruttivo del cementificatore che egoisticamente pensa ai propri affari, assolutamente indifferente al danno presente e soprattutto futuro per la società silenziosa ed indifferente del nostro malcapitato Paese. Essendo il nostro un Paese civile, non può subire da rassegnato, un danno così grave, perdendo risorse naturali necessarie all’insieme italiano di oggi ed ancor più all’insieme italiano di quelli che verranno. La via da seguire per il bene di tutti, è quella della riforma del territorio, per il cui uso va pensato una programmazione basata soprattutto sulla rigenerazione urbana sostenibile, utilizzando così l’uso del suolo che serve alla vita degli italiani e non dei soli speculatori e cementificatori violenti. Basta con il cemento; con comportamenti saggi, nell’interesse di tutti, pensiamo positivo e con un salto di qualità, guardiamo avanti e forti di un sentire culturale nuovo, diciamo per sempre basta all’uso abusato del suolo agricolo e guardiamo avanti da attivi protagonisti di una rigenerazione urbana sostenibile, come pare pensa di fare il governo attraverso il disegno di legge salva campi, prevedendo l’opportuno divieto di cambiare la destinazione d’uso dei terreni agricoli, per evitare così il dissennato consumo di suolo, un male italiano con gravi conseguenze soprattutto per il futuro del nostro maltrattato Paese.