KUKARIBISHA Accogliere, fare entrare (in casa)
“Toc toc, Hodi (si può, permesso)”. Dall’interno sento la voce della mamma che dice alla figlia:”Uende kukaribisha mgeni(vai ad accogliere lo straniero)”. E lei esce e avendomi riconosciuto, dice ad alta voce:”Mama, alifika padiri kututembelea (Mamma, è arrivato il padre a visitarci)”. La mamma se ne esce, asciugandosi il sudore. Si lava le mani e poi con un sorriso mi saluta, dicendomi:”Karibu,starehe (entra,mettiti comodo)”. La figlia mi porta un catino dove lavarmi le mani. E poi viene con un piatto in cui ci sono delle arachidi deliziose. Ne prendo qualcuno e comincio a informarmi su come vanno le cose in famiglia. La mamma si siede su uno sgabello, mentre si smette a sgusciare i fagioli. E comincia il suo discorso. Sono tante notizie della vita di ogni giorno. Mi verrebbe voglia di darle una mano. Lei mi guarda, quasi per dirmi che quello è un lavoro da donne e non va bene che lo faccia il padre missionario. Le rispondo che ho anch’io le mani. E allora mi da qualche rametto per farmi contento e così anch’io partecipo un po’ al suo lavoro. Intanto arriva la figlia con un po’ di acqua. Le dico di darne un po’ anche alla mamma che è molto stanca. Lei mi sorride. Vorrebbe dirmi che lo farà dopo. Ma io insisto e lei acconsente. Così insieme condividiamo quel po’ di acqua che la figlia era andata ad attingere alla fontana del quartiere. Piccole cose, ma che hanno il sapore di una vita vissuta, anche se con fatica, ma anche con gioia.