Se Balotelli vale la poltrona
Secondo una nota tesi dello storico e filosofo Norberto Bobbio, la vittoria elettorale di Forza Italia del 1994 è spiegabile in termini puramente mediatici, motivata dall’abile propaganda e dalla coltivazione delle masse da parte del leader Silvio Berlusconi capace di trasformare spettatori del Drive In e tifosi del Milan in elettori. Che del resto gli italiani siano un popolo di grandi passioni è noto, e tra queste il calcio occupa un ruolo tutto speciale tale che non si sbaglierebbe a dire che guerre siano scoppiate per molto meno rispetto a ciò che reciprocamente i tifosi di colore avverso si rinfacciano. Controversa al tempo ma oggi comunemente accettata tale da non scandalizzare nessuno e finire sui libri di settore, la tesi di Bobbio ritorna a ogni elezione e si realizza nell’attenta analisi del calciomercato rossonero dai connotati poco calcistici e molto politici. Difatti un po’ da tutte le parti rimbalzano i dati storici delle elezioni con gli acquisti di Rui Costa nel 2001 o Ronaldinho nel 2008 e conseguenti avanzamenti percentuali nei sondaggi, o viceversa i contraccolpi in concomitanza delle cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva o quella di Kakà che a detta dello stesso Berlusconi costò un buon 2%. L’eventualità si ripete e così i sondaggi, oramai all’ordine del giorno man mano che la tornata elettorale si avvicina, assegnano all’acquisto Balotelli un punto percentuale netto in più, addirittura un boom tra i 400 e gli 800mila voti nella Lombardia tappa cruciale del percorso al Senato. Chi vota a seconda del mercato di un club calcistico? Persone che certamente hanno un’idea della politica molto bassa, e non della politica reale che tra scandali e manfrine certo non fa bella figura, ma della politica intensa in senso ideale, svalutata a fede irrazionale in cui credere al di là dell’operato concreto. Tanto più che a motivare l’ulteriore crescita del PDL parrebbe proprio il nuovo contratto all’attaccante piuttosto che lo scandalo Montepaschi di Siena che indebolisce il PD spostando voti però alla lista Ingroia o a Grillo, come a dire che un grosso imbarazzo in un contesto delicato non motiva l’elettorato quanto un colpo in un ambito nazional-popolare come il pallone. Del resto il legame italiano con lo sport va al di là di undici uomini in un rettangolo: la storia racconta ingigantendo che a evitare una guerra civile in Italia, in occasione dell’attentato a Togliatti del 14 luglio 1948, fu l’inaspettata vittoria al Tour de France da parte di Bartali, ai tempi in cui lo sport nazional-popolare per eccellenza era proprio il ciclismo. Verità o finzione che sia, il saper interagire con il ventre del paese costituisce da sempre l’incipit per una vincente strategia elettorale, così quel che Berlusconi ha davvero guadagnato dall’essere presidente del Milan è stato il “vendersi” come uomo comune dall’interesse più comune, malgrado al contempo fosse tra gli uomini più ricchi d’Italia e del mondo, quanto di più distante possa esserci dalla gente. Come distante lo è ora Monti, non più uomo della Provvidenza ma scelta di una ristrettissima fascia di italiani, e come distante sta divenendo il Partito Democratico che dopo le trionfali primarie perde colpo a ogni dichiarazione rischiando l’autogol (tanto per rimanere in tema). A una ventina di giorni dalle urne il Cavaliere lancia l’assalto con tutti i mezzi che può non mancando di riesumare vecchie strategie , e chissà che il già discusso fuoriclasse Balotelli non sia il motore di molto più che un buon reparto d’attacco.
Secondo me ci sono vari problemi, non ultimo il fatto che purtroppo siamo diventati più bravi a creare consenso che a proporre ricette valide. Si mira ad essere eletti, non a risolvere problemi.