Ogni Paese ha la classe dirigente che si merita
Eugenio Scalfaro, molto opportunamente, ha messo il dito sulla piaga, purtroppo, purulenta ed infettante, dell’Italia dei nostri giorni. L’Italia ha la classe dirigente che si merita; si tratta di una classe dirigente che non viene dal nulla, ma ha le sue radici nell’humus della quotidianità umana, sociale ed economica di tutti noi. È la società che la genera; è dalla società che trae le sue origini. Sono caratteristiche della società (mali, pregi e virtù) a determinare i comportamenti che ritroviamo nel governo del Paese. Il problema viene da lontano; è un problema ormai storico; è un problema fortemente consolidato. Già Machiavelli e Guicciardini, nei primi anni del Cinquecento analizzarono accuratamente la società in cui vivevano. Allora come ora, la situazione dello Stato italiano era ingovernabile. Machiavelli trovò la soluzione inventandosi la figura di un Principe che, con ogni mezzo, anche il più violento ed immorale, doveva organizzare il governo del Paese, ormai in una condizione assolutamente ingovernabile. Anche Guicciardini, bandendo la violenza, considerava ingovernabile il Paese, soprattutto perché ogni cittadino badava soltanto ai fatti suoi; al suo “particolare” interesse, manifestando, proprio come accade ora, il più assoluto disinteresse per il bene comune, per quell’interesse pubblico, assolutamente cancellato dalla coscienza dei più. La lezione magistrale di Machiavelli e Guicciardini è una lezione ancora attuale; tanto, nonostante che la democrazia è ormai diffusa in tutto l’Occidente. L’indifferenza diffusa alla res publica perdura tutt’ora; tanto, anche in conseguenza del fatto che, l’Unità d’Italia, tra l’altro, ancora mal digerita, ha solo 150 anni, mentre, in gran parte dell’Europa, gli Stati si erano formati tre o quattro secoli prima. Molti hanno influito, sulla crescita democratica italiana, i quattro secoli di servitù a potenze straniere ed a Signorie servili e corrotte. Considerato il quadro generale con al centro la società ed io suoi mali e soprattutto chi la governa, bisogna saper opportunamente mettere sul piatto della bilancia anche l’economia, per quella che realmente è, senza finzioni e/o ipocrite falsificazioni. Il nostro Paese, purtroppo, non sta per niente in buona salute; la recessione aumenta; i capitali scappano; il PIL diminuisce; la disoccupazione cresce. Anche il credito è stagnante; non riparte perché molte aziende medie e piccole sono in grave sofferenza. Tra l’altro, le tasse approvate dal Governo dei tecnici, non sono ancora a regime; a regime ci andranno nei prossimi mesi con nuove e gravi situazioni da lacrime e sangue. Certamente non è pensabile che questo e solo questo sia il futuro dell’Italia; non è assolutamente solo immaginabile che, per rispettare la volontà ed i dictat dell’Europa, dobbiamo subire ulteriori gravi provvedimenti economico-finanziari che rendono difficile al nostro Paese, non solo vivere ma anche semplicemente sopravvivere. In alternativa, per il bene del nostro Paese e della stessa Europa, occorrono provvedimenti anticongiunturali, con significativi investimenti di risorse per mettere in moto una politica di possibile sviluppo, partendo dal lavoro e dai consumi che sono completamente fermi per mancanza di risorse. Per il taglio delle spese, così come previsto dalla spending review, bisogna pensare a tagliare solo le spese riguardanti gli sprechi nella Pubblica Amministrazione. Pensare a tagli indiscriminati non si ottengono assolutamente risultati positivi, ma il solo sovrapporsi di problemi già esistenti ad altri problemi che una indiscriminata cura dimagrante comporterebbe soprattutto per i tartassati di sempre. Occorre, prima di tutto, la buona politica, assolutamente alternativa alla cattiva politica che oggi ammorba il nostro Paese e non lo fa più respirare. Per cambiare occorre, tra l’altro, anche una diversa società se si vuole veramente eliminare e quindi cancellare per sempre le attuali radici di una classe dirigente che da tempo, è ormai interessata solo ad essere classe di potere e di privilegi casta.