Salerno: Bernabò battezza il decennio di “Solidarnosc” – 1979-1989

L’organizzazione della mostra vede protagonisti alcuni rappresentanti della comunità polacca di Salerno, e per Bernabò, questo è un segnale particolarmente importante, vuol dire che persone arrivate anni fa come ospiti, sono oggi pienamente inserite nel tessuto sociale salernitano. Anzi, prendono iniziative culturali di rilievo, rendendoci partecipi della loro identità, attraverso le loro storie. Tutto ciò, una volta di più ci lascia capire come Salerno, è riuscita, attraverso l’impegno del Sindaco De Luca e dell’Amministrazione, a diventare una città moderna ed accogliente, proiettata sempre di più, in una dimensione cosmopolita, nella quale ogni contributo culturale diviene prezioso per la crescita collettiva. – È importante poi spendere qualche parola sui soggetti che hanno ideato, curato e promosso la mostra: la fondazione Karta è l’erede diretta di Karta, il giornale clandestino fondato nel 1982, durante il periodo della legge marziale proclamata dal generale Jaruzelski. Parliamo quindi di un’istituzione culturale che ha dentro di sé una tradizione luminosissima di lotta democratica e che oggi rappresenta senza ombra di dubbio uno delle più autorevoli istituzioni culturali polacche; anche l’altro ente organizzatore-  la casa degli incontri con la storia di Varsavia – è una realtà gemmata dalla fondazione Karta. Come si vede, la mostra nasce in un ambiente culturale prestigiosissimo, che rende ancor più valida la decisione di sposare l’iniziativa presa dal Comune di Salerno. La bellezza di questa mostra sta, secondo Bernabò, nella forza delle immagini. Per noi adolescenti nell’estate del 1980 è vivo ancora il ricordo, delle immagini che giungevano da Danzica attraverso la TV e i giornali. Erano assolutamente inconsuete: del tutto diverse dalle parate di Stato attraverso le quali i regimi comunisti si presentavano al resto del mondo, ma anche dalle manifestazioni politiche che attraversavano l’Occidente in quegli anni. Erano fotografie e filmati densi di verità, dalle quali trasparivano la sofferenza, lo spirito della lotta, i sorrisi della speranza. Per tanti di noi, furono un autentico pugno nello stomaco. Si coglieva un desiderio di libertà vero, profondo, popolare. La parola Solidarnosc, per noi quasi impronunciabile, divenne subito sinonimo di lotta di popolo per la libertà. Cosa è rimasto negli occhi di quegli anni? Le tute degli operai dei cantieri di Danzica, Walesa che fa il segno di vittoria, le autoblindo nelle strade di Varsavia, lo sguardo sofferto di padre Popieluszko, i primi segni del consumismo occidentale che affioravano dalle immagini del 1989. Tutto ciò è parte di una memoria condivisa, che unisce tutti gli Europei che amano la libertà e la democrazia, che però i ragazzi di oggi forse non hanno avuto modo di conoscere. Anche per la nostra città, questa mostra rappresenta perciò un atto di trasmissione della memoria: perché i nostri figli sappiano e ricordino che, poco più di 30 anni fa, in un Paese generoso e dolente, un gruppo di uomini e di donne decise di lottare per la sua libertà e, così facendo, mutò il corso della Storia.