PD ed elezioni politiche 2013 – Considerazioni sul voto aperte al confronto
Il PD di Bersani non vince le elezioni, perde 3.435.958 voti , il 28,04% di quelli ricevuti nel 2008. Crolla al Sud dove perde addirittura 1.084.630 voti, il 36,8% del 2008. Una sconfitta politica al termine di un ciclo lungo (2008-2013), segnato dalla fine per indegnità ed incapacità manifesta del governo Berlusconi e dall’azione “double face” del governo Monti. Favorito da quel crollo ed al riparo dell’azione di risanamento dei conti pubblici, il PD, durante il governo Monti, avrebbe dovuto proporre l’autoriforma della politica (costi, finanziamento pubblico, trasparenza) e la riforma della legge elettorale per recuperare credibilità e consentire al cittadino di scegliersi parlamentare, partito e governo. Purtroppo l’ “occasione” non è stata colta; è andata sprecata per evidenti limiti soggettivi del PD dovuti a) all’assetto organizzativo che lo connota; b) alla cultura politica che quello stesso assetto alimenta. Il PD di Bersani, pesantemente condizionato da questi limiti, dispersi incautamente l’entusiasmo e la passione suscitate dalle primarie, non vince perché è andato al voto privo di proposta di governo, con una alleanza confusa, senza alcuna propensione a catturare i voti in fuga dal PDL. Questo mancato successo è stato prodotto anche dall’assetto con rilevanti venature oligarchiche che il Pd si è dato al centro come in periferia e che Bersani ha rinvigorito. E’ un partito introverso, spesso dimentico delle ragioni storiche che ne hanno determinato la nascita e della funzione nazionale che è chiamato a svolgere, quale strumento di partecipazione affidato alla titolarità dei cittadini, iscritti o elettori che siano. Avviluppato a volte da un sentimento minoritario di autosufficienza stenta a) a rappresentare le molteplici articolazioni sociali, economiche, professionali di cui è composta l’Italia; b) viene additato come il simbolo di una casta di privilegiati professionisti della (organizzazione) politica, separata dai comuni cittadini. In mancanza di a) un progetto convincente di lotta alle diseguaglianze, di riavvio della crescita economica, di abbattimento del debito pubblico, e di b) riforme puntuali (sviluppo, fisco) di alleggerimento del disagio di famiglie ed imprese, gli elettori hanno comprensibilmente contestato al PD (articolazioni parlamentari e organizzative), la ridotta (e mal spesa) credibilità come rinnovatore sincero della democrazia italiana. Dopo le pesanti misure di risanamento dei conti pubblici, immediatamente esecutivi su pensioni, casa ed evasione fiscale, il PD si sarebbe dovuto distinguere nelle iniziative di revisione del finanziamento pubblico ai partiti, dei contributi ai gruppi parlamentari nazionali/regionali, di trasparenza della loro gestione, di riduzione del numero dei parlamentari nazionali/regionali, di abolizione delle province. Non lo ha fatto, si è mostrato tiepido nella definizione della sua agenda di cambiamento a motivo dell’assetto che la coalizione al comando del PD si è data (le correnti costano e sono dispendiose) e per la concezione che larga parte del gruppo dirigente ha del ruolo di un partito. Esso è, non poche volte, trattato come cosa propria e non dei cittadini, della cui gestione (anche contabile) rendere conto solo agli organismi interni, in un rapporto mai del tutto limpido con iscritti ed elettori. Il suo apparato centrale, intermedio e periferico non a comunica efficacemente con le aree del disagio né si relaziona proficuamente con una comunità civile esigente, che protesta e si propone per contare. Il Pd campano e salernitano conferma il negativo risultato nazionale e la duratura perdita di peso politico locale. In Campania perde 321.577 voti, il 32,97% del 2008. In provincia di Salerno perde 57.573 voti, il 29,74% sul 2008. A Salerno città perde 8.685 voti, il 27,00% sul 2008. Il risultato negativo è rilevante perché si accompagna alla pessima prova elettorale fornita dal PDL campano (di Caldoro, Cesaro, Cosentino, Cirielli) che cala di 773.999 voti, il 47,2% sul 2008 (maggiore perdita regionale).Tale introversione culturale ed organizzativa (elettoralmente penalizzante), la non piena considerazione del cittadino/elettore che intende liberamente partecipare, va denunciata e rimossa da un partito che ha fatto dei principi di trasparenza, di libera partecipazione e contendibilità delle cariche elettive le proprie ragioni fondative. E’ per questi “ragioni” che a) ci rivolgiamo a quanti (cittadini, circoli ed organismi territoriali, associazioni/gruppi) condividono lo spirito e i contenuti e/o intendono discutere aspetti delle osservazioni sopra esposte; b) chiediamo che anche a Salerno e nella sua provincia ci si confronti liberamente sul significato del voto, sui segnali provenuti dagli elettori alla politica/che del PD ed alla sua linea, sulle comuni corresponsabilità, sulle correzioni di linea politica/assetto organizzativo/gruppo dirigente del PD, nelle sedi che si vorrà individuare come più appropriate (circoli, assemblee cittadine, forum tematici, newsgroup).
Alberto Cardone
Giovanni Celenta
Alfonso Conte
Claudio D’Ambrosio
Marco De Santis
Alfonso Fiorillo
Sergio Fruncillo
Sabato Fusco
Bruno Giannattasio
Pucciarelli Massimiliano
Vincenzo Ronca
Nicola Santoriello
Antonella Scannapieco
Alex Vocca