La diversità nell’essere uguali

Padre Oliviero Ferro*

 11 maggio 2013, nei locali della Colonia S.Giuseppe a Salerno, i Capiscout della Zona Salerno (Salerno, Cava, Minori, Amalfi) , al termine di un cammino annuale , si sono ritrovati per riflettere e condividere insieme sul tema della Disabilità. Tutto è stato preceduto da diversi incontri di pattuglia(cioè di quelli che lavorano in una medesima Branca: Lupetti,Esploratori-Guide,Rover-Scolte), in cui si sono presentate delle criticità e con l’aiuto di esperti si sono cercate delle possibili soluzioni. In questo Convegno si è cercato di fare una sintesi con l’aiuto di diversi relatori. Dopo il saluto iniziale di Nico Mazzeo,delegato alle politiche giovanili del Comune di Salerno e di Franco De Martino,responsabile Zona Salerno, la parola è stata data alla dott.ssa Maria Teresa Ingenito,psicoterapeuta alla “Nostra Famiglia” di Cava. Con i suoi 40 anni di esperienza, ci ha aiutato a capire meglio come rapportarsi con i genitori dei bambini diversamente abili. Ci ha ricordato che vi sono 3 fasi:quella della negazione della disabilità, quella magica(speranza di risolvere il problema) e infine della presa di contatto realistica della situazione. Naturalmente tutto questo rende triste la famiglia,sia per la diversità rispetto agli altri,alle proprie aspettative,l’incertezza del futuro,l’indifferenza della società e infine la solitudine. Allora come aiutare la famiglia? Offrendo delle informazioni sul comportamento del bambino,incentivare momenti di condivisione e approcciare il problema con comprensione,rispetto e stima per quello che la famiglia opera. Da tenere presenti le problematiche del ragazzo:percezione dello stimolo e della decodifica corretta di esso, ciò porta insicurezza e disorientamento anche nelle scelte sociali e rischia di essere influenzato dalle attese che gli altri hanno su di lui. Bisogna aiutare il bambino in una crescita equilibrata,in modo che le scelte non vengano fatte PER il bambino,ma CON il bambino. In sintesi:CONOSCERE il bisogno e la persona,CONDIVIDERE(sostenere e farsi carico),PROMUOVERE(individuare le potenzialità e valorizzarle). Per finire,il gruppo scout deve valorizzare la cura personale,la comunicazione extraverbale,la creatività e l’integrazione sociale, sommistrando gradualmente la regola condivisa. La dott.ssa MariaLuisa Lanzara,assistente sociale “Villa Alba” a Cava, ci ha ricordato che chi ha la disabilità deve organizzare la sua vita in modo diverso dagli altri(il disabile non accetta la propria situazione). Come aiutarlo? Stimolandolo con attività per creare autonomia. Da non dimenticare che spesso la famiglia non è una risorsa,ma un limite(non accetta la disabilitò). Quindi aiutarla a rendersi conto della situazione per vivere la realtà. Pino Romeo e Maria Assunta Di Napoli,genitori di una ragazza disabile da 25 anni, ci hanno raccontato la loro esperienza,ricordando che questo è un fatto invasivo per la famiglia,soprattutto anche per le difficoltà(Indifferenza della società). La loro esperienza scout li ha aiutati per mettere in evidenza l’autonomia e la responsabilità per aiutare la loro figlia. Il loro consiglio è quello  di aiutare i ragazzi normodotati a stare con i ragazzi in difficoltà(cioè comportarsi in modo normale). Infine, attraverso un video, abbiamo ascoltato la dott.ssa Anna Contardi,coord.nazionale Ass.Ital.Persone Down e capo scout. Il tema della disabilità è presente nello scoutismo da tempo, sia attraverso l’educazione all’accoglienza, all’inserimento nel territorio e nella scelta di fede in realtà difficili. Tutto questa ha una valenza educativa per la persona con handicap e il metodo scout la aiuta nell’autonomia,responsabilità,cammino personale e comunitario,molteplicità dei linguaggi. Insomma crea nuove opportunità educative per tutti. Quale deve essere l’atteggiamento dei Capi,degli educatori? Mettersi gli occhiali,cioè:riconoscere che queste sono persone,riconoscendo quello che sono e che sanno fare, lavorare in gruppo per progettare il loro cammino. Bisogna ricordare che si deve preparare il gruppo all’accoglienza della diversità e non della persona. Accogliere qualcuno nel suo gruppo di età,tenendo presente che ognuno ha diritto a un suo progetto e con i suoi tempi. Con le famiglie deve esserci un rapporto di sincerità,comunicazione. Infine bisogna utilizzare il metodo scout con spirito creativo,tenendo presenti i 3 tempi:protagonista,partecipante e spettatore. In sintesi potremmo dire che questo Convegno ci ha dato 3 parole chiave: CONOSCENZA, RISPETTO E VALORIZZAZIONE per qualcuno che è uno di noi, una persona come noi.

*capo scout e AE zona Salerno