Le “cartiere” politiche
Enzo Carrella
Il virus delle società “cartiere” continua a minare il sistema economico pubblico. E’ ormai opinione prevalente che le società “cartiere” e “filtro” nascono infatti per la “gestione” di un limitato numero di operazioni illecite e scompaiono poi velocemente, rendendo così – nella prassi – estremamente difficoltosa l’individuazione degli effettivi responsabili dei fatti illeciti; e comunque, anche quando vengono rinvenuti i rappresentanti legali delle cartiere, si tratta per lo più di soggetti insolvibili, se non addirittura incapaci di intendere e di volere, magari convinti a firmare qualche documento in cambio di pochi euro, o di qualche bottiglia di vino. Un tale classico esempio potrebbe essere rappresentato da “associazioni e movimenti politici” per l’appunto- , di cui però – a differenza delle altre – si conoscono dati e/o fatti messi a “caso” ( ovvero, utilizzando un gergo nostrano, “ad papocchiam” ) nei “pubblici” bilanci ( tali perché stampati obbligatoriamente nelle Gazzette Ufficiali ) , stante la loro peculiarità di destinatari di fondi pubblici , rectius “soldi dei cittadini”. Intercettare – costi quel che costi- grattando risorse finanziarie statali ( su tutte quelle erogate non solo direttamente dalla sede centrale del movimento politico di appartenenza – ma anche – e in aggiunta – se spettanti, quelli previsti per i partiti politici perché intrecciati alle rituali consultazioni elettorali ) ha rappresentato , con ogni probabilità. l’unico comun denominatore che ne avrebbe giustificato – per alcuni di essi – la loro breve esistenza. Sorprende , infatti, da una prima lettura dei documenti contabili – vista anche la levatura dei loro estensori – che manchino i fondamentali ( e elementari) principi di redazione che vengono insegnati a esordienti scolaretti di istituti tecnici: la prima operazione che viene , infatti, loro illustrata è riferita – se associazione o società- alla sua costituzione. “Il Carusiello ( ovvero, in gergo tecnico, il Capitale sociale iniziale) rappresenta , infatti, il primo step non solo normativo ma che contabile di vita di una struttura associativa . Molti definiscono questo passaggio l’autentico “battesimo” per società, associazioni , club , circoli in qualsiasi forma fosse costituita.
Se quattro tizi, tanto per intenderci, decidono di dare vita ad un organismo associativo avente uno scopo comune ( ccdd soci fondatori) , tirano fuori dalle proprie tasche un piccolo capitale ( denominato in gergo quota associativa ) necessarie e indispensabili per impinguare quel fondo ( capitale iniziale ovvero tecnicamente “capitale sociale”) necessario per le primi spesucce per lo sturt-up gestionale . Nei rivoli delle pieghe del bilancio di molti partiti & associazioni ciò non emerge. Infatti- stranamente e si aggiunge in maniera del tutto anomala- non esiste alcun “fondo di dotazione” (ovvero capitale sociale ) . Questa sua ..latitanza genera una serie di sospetti che ne confermerebbero la natura di una esistenza , probabilmente, soltanto formale. I dubbi e gli interrogativi aumentano se soltanto ci si addentra nelle viscere della piattaforma contabile di dette strutture associative. La quota di capitale sottoscritta ( e si presume versata ) nella casse sociali concede una serie di diritti ( e naturalmente anche doveri) ai suoi possessori ( soci). Quali? Su tutte la nomina degli organi societari ( o associativi) con i contemplati quorum costitutivi e deliberativi. In definitiva si scelgono tra i soci chi dovrà governarne la gestione attribuendo loro il “mandato” di amministratori e chi, invece, si “accontenta” di farne parte quali spettatori ( i soci per l’appunto) a cui è comunque demandato il potere sovrano di “condivisione” ( o eventuale opposizione) del loro operato all’atto dell’approvazione degli annuali rendiconti contabili. Tornando a ciò che è apparso e pubblicato sulla GU, nei bilanci dei partiti/movimenti politici vi sarebbero appostati una fetta consistente di contributi provenienti da enti e società private suscita – naturalmente – curiosità ad un attento lettore di un bilancio del genere tentare di individuarne le fonti e intuirne le generalità: curiosità, soprattutto, per dissipare l’atroce dubbio di escludere a priori l’esistenza dell’antipatico rapporto sinallagmatico individuabile in simile circostanze del “do ut des” , foriero di quel pericoloso – vista la natura dell’ente – “voto di scambio” che grossi grattacapi ha prodotto a personaggi dell’alta politica nazionale. Ma comunque non è questa l’analisi che si tenta di interpretare ma la superficialità di “conduzione” delle “fantomatiche ”attività posta in essere da alcune associazioni di movimenti & partiti politici”. Basta dare uno sguardo alle spese sostenute e confluiti nei documenti contabili a consuntivo di tali “soggetti giuridici” , quali quelle per fitto ( mai costanti negli anni) , viaggi, telefoniche, postali, comunicazione ecc : segnali “contabili” questi ultimi che lascerebbero intravedere il “classico” concetto “ di bilanci redatti non secondo i “sacri principi” previsti civilisticamente “ ma con il “metodo ccdd a fisarmonica” , cioè conti generati e collocati nelle sue pieghe “all’occorrenza” con costi che si “ingrassano e dimagriscono” a seconda delle necessità. Ci si interroga – di fronte a tale scenario – per capirne e- soprattutto – interpretarne le motivazioni: se, ad esempio, le spese telefoniche sono riferite a linee per le quali si pagherebbe una regolare fattura alle relative compagnie , come potrebbero restare improvvisamente mute annullando quel traffico di “chiacchierate” che ne ha contraddistinto l’intensità ( e, con esse, le spese)nell’anno immediatamente precedente ? I maligni potrebbero individuare in tali costi altre “uscite” e che quelle dei viaggi, telefoniche e postali siano solo “formali coperture”. Insomma da tutto ciò emergerebbe una chiara e evidente situazione di estrema superficialità condotta dai suoi autori/amministratori. A quale scopo si direbbe? Sicuramente non quello di una normale conduzione fondata sui veri e sacri valori associativi sviluppandone i contenuti previsti nelle attività del proprio oggetto sociale ma .. la necessità di “insaccare ” soldi pubblici e riversarne gli effetti sui territori di competenza. Per tornare alla nostra osservazione di apertura : qualche astuto indagatore potrebbe individuare in una tale situazione e per alcune di esse, la classica “piattaforma di struttura cartiera”., creata all’occorrenza? A breve, comunque, le attuali rispettive “ governance” saranno chiamata a rendere conto della gestione 2012: con la eventuale (scontata) approvazione si “dovrebbero” anche conoscere le sorti degli di milioni di euro conservati nei “forzieri “ di questi enti , frutto degli avanzi delle precedenti gestioni ( coincidenti con il rimborso di fondi ottenuto dall’autorità centrale). Chissà che non vengano riportati e descritti investimenti necessari alla struttura quale quello del yacth di 2,5 milioni di euro della lega nord.. per “gli sfizi” di Bossi junior