Le donne al Parlamento di Aristofane
L’opera fu presentata ad Atene nel 391 A.C., vent’anni dopo che era stata presentata Lisistrata, la quale aveva tentato uno sciopero del sesso, per convincere gli uomini a non fare più guerre. Qui si tratta di tutt’altra cosa, ma la guerra c’entra ugualmente, anzi la guerra più lunga e pericolosa combattuta e persa da Atene, la guerra del Peloponneso. A causa di questa guerra, Atene aveva perduto il primato della Grecia ed anche il denaro conservato nel santuario di Apollo Delio, che era la risultante dei contributi versati da tutti i soci della lega. Diciamo che la batosta era stata forte ed il popolo l’accusava come tale. Insomma gli uomini, secondo Aristofane, il maggiore poeta comico della Grecia antica, avevano saputo fare soltanto guerre, riducendo il popolo alla fame e costringendo le donne a vivere da vedove bianche. Il malcontento era diffuso e si sperimentavano nuove cose per rimediare alla depressione economica. Finché le donne, approfittando di questa situazione di malcontento generale, pensarono di impadronirsi del governo. Fino ad allora, gli affari dello Stato erano stati trattati soltanto dagli uomini liberi e proprietari di terre, i quali avevano tutto il tempo da dedicare alle questioni politiche ed economiche della città, poiché le terre erano coltivate dagli schiavi. All’origine i cittadini atenesi si recavano tutte le mattine in assemblea, per discutere gli affari dello Stato, percependo soltanto un obolo al giorno. Col tempo la somma di denaro era cresciuta ed i membri dell’assemblea, che si riuniva quotidianamente sulla Pnice, percepivano tre oboli al giorno.
La cosa non piaceva a tutti, soprattutto a quelli che ne erano esclusi, ma va osservato positivamente che in Atene vigeva realmente la democrazia, se la città offriva un gettone di presenza a quelli che si dedicavano agli affari comuni.
Le donne, approfittando della situazione di forte disagio, creatasi dopo la guerra del Peloponneso, decisero segretamente di sostituirsi agli uomini nella gestione degli affari comuni e di formare un governo tutto rosa. Si incontrano e accordano alla festa delle Scire in onore di Demetra, divinità femminile. L’iniziativa partì daPrassagora, moglie di Blepiro, a cui le altre donne demandarono il compito di presiedere l’assemblea, riconoscendo che ne era capace e che sapeva parlare. Per non farsi scoprire, però, dovevano adottare importanti accorgimenti, cioè comportarsi da uomini, facendosi crescere la barba, indossando mantelli e scarpe dei mariti, non depilandosi mai, ma anzi cospargendosi d’olio e passando molte ore al sole per farsi crescere i peli. Inoltre, dovevano riunirsi la mattina di buon’ora per non essere riconosciute, prima che il gallo cantasse per la seconda volta, dovevano indossare scarpe spartane e recarsi sulla Pnicecon una lanterna (la commedia si apre con un inno alla lanterna, che rischiara le ombre della notte e consente di camminare per le strade buie. Inoltre la lanterna serviva anche di notte ai mariti che dovevano spiare le mogli a letto) in mano, prima ancora che cominciasse ad albeggiare, dovevano invocare le divinità maschili e stare attente a non nominare quelle femminili e le feste riservate alle donne. Queste feste erano le uniche occasioni in cui le donne dell’antica Grecia potevano figurare in pubblico, diversamente vivevano in casa addirittura nel gineceo, la parte riservata a loro. E lì provvedevano a filare la lana, a guardare le serve, a preparare buone focacce e a tenersi l’amante in casa, secondo Aristofane. Si allude alle donne maritate, mentre alle feste ed ai conviti partecipavano le etére, donne colte, flautiste, chitarriste e ballerine, che allietavano gli uomini. Le donne serie, quelle che i romani chiamavano matrone, avevano il compito di fare figli e di assicurare la discendenza dei mariti. Sicché le categorie delle donne erano tre, quelle che badavano alle faccende domestiche e provvedevano ad assicurare la discendenza ai mariti; quelle che facevano divertire, perché brave nel canto, nel ballo e nel suono degli strumenti musicali e quelle che servivano a scopo sessuale. A Tebe erano chiamate le sacre puttane. L’amante, però, secondo quanto apprendiamo dall’orazione di Lisia ”Per l’uccisione di Eratostene” per accedere al gineceo, doveva passare per il primo piano, o piano terra che era riservato agli uomini.
Tornando all’argomento della commedia, nel giorno fissato per la prima riunione, Prassagora si presentò in anticipo su tutte le altre donne e si mise ad aspettare. Le altre arrivavano alla spicciolata, ognuna raccontando le difficoltà che aveva incontrato per uscire di casa così presto e per sottrarre ai mariti mantelli e scarpe. Una racconta che il marito, appena tornato da Salamina l’aveva scandagliata per tutta la notte, fino a quando non si era assopito e lei ne aveva approfittato per uscire di casa con il suo mantello e le sue scarpe. Un’altra racconta che il marito si era riempito di sardine ed aveva russato tutta la notte, appena aveva smesso di russare, lei gli aveva sottratto le scarpe e il mantello ed era scappata via.
Quando i mariti si svegliano, cominciando da BLEPIRO, il marito della presidentessa, si accorgono, non soltanto che non ci sono le mogli, ma anche che a loro sono stati portati via le scarpe e i mantelli. BLEPIRO, poiché ha un bisogno urgente di natura corporale, balza dal letto, ma non trova né scarpe né mantello e si domanda dove mai sarà andata la moglie che è una persona per bene. Ne parla con un vicino e questi gli racconta che anche a lui è capitata la stessa cosa. Dove mai saranno andate? Probabilmente sono state invitate a pranzo dalle loro amiche. La cosa strana, però, è che, dovendo andare a pranzo, si sarebbero avviate così presto. Intanto BLEPIRO, incalzato dal suo bisogno urgente e non sapendo dove andare a svuotare la pancia, pensa addirittura di poterlo fare sul letto, ma il lenzuolo è nuovo e pulito. Allora va all’aperto ed i vicini di casa lo insultano perché impiega troppo tempo. Il fatto è che il povero fesso ha mangiato una pera, di quelle piccole e dure, forse l’ha ingoiata e questa pera gli ha bloccato il passaggio. Chiede allora l’aiuto di un medico o di una persona pratica di manovre intestinali. Ma nessuno si presenta. Quando finalmente si libera, vorrebbe recarsi all’assemblea, non sapendo ovviamente che l’assemblea è tutta femminile. Intanto torna dall’assemblea il suo amico CREMETE e gli dice che l’assemblea è terminata e lui ha preso anche l’obolo, che è una specie di gettone di presenza. E allora BLEPIRO rinuncia. Intanto corre voce che l’assemblea ha preso provvedimenti importanti, come quello di attuare il comunismo platonico, di fare della città una sola casa, sfondando le pareti, in modo da potere passare da una casa all’altra. Sta di fatto che non ci debbono più essere, proprio in omaggio al comunismo, ricchi proprietari e poveracci. Tutti debbono vivere allo stesso modo. Sono abolite tutte le differenze sociali, trionfa l’uguaglianza, e questa è utopia, o ironia sul comunismo teorizzato da Platone. Aggiungo che alcuni sono scettici di fronte a queste voci ed altri sono entusiasti. Quando le voci diventano leggi, molti si precipitano a portare in piazza tutte le loro masserizie, vasellame e quant’altro. Qualcuno non crede nello stato e ritiene che la sua roba debba essere controllata da lui, ma, a poco a poco, tutti si convincono e portano all’ammasso anche il grano, il vino e quanto posseggono in casa. Nel frattempo, una donna travestita da uomo, tesse in assemblea un elogio sperticato delle donne: soltanto loro possono salvare la patria, poiché non amano avventure, sperimentazioni, ed altro, vivono all’antica, standosene in casa, chiuse nel gineceo, che è l’ambiente a loro riservato, filano la lana, cucinano, risparmiano, non si fanno rubare da nessuno, perché esse stesse sono ladre, cuociono focacce ed altro ben di dio e, secondo l’uso antico, si tengono in casa gli amanti. Debbo, però, osservare che gli uomini, prima di raggiungere il gineceo che è ubicato nella parte superiore della casa, debbono passare per il piano terra riservato agli uomini e perciò debbono essere particolarmente prudenti. Nel frattempo il pranzo è stato approntato per tutti: sono stati cucinati conigli, lepri, cacciagione, agnelli e tutte le cose migliori che si mangiavano in Grecia. Vi hanno lavorato tutte le donne, le giovani si sono dedicate particolarmente alla polenta. Si pranza sotto i portici ed in altri spazi enormi, per poter accogliere tutti gli affamati che si raccolgono a tavola. Si fa uso di molto vino, che è una caratteristica della Grecia: bevono uomini e donne. Terminato il pranzo, arriva il momento, per i giovani, di andare a donne. Un giovane si porta nell’agorà con l’intenzione di andare a trovare una sua amica giovane, ma una vecchia gli sbarra la strada e lo informa che la nuova legge vuole che prima debbano essere soddisfatte le vecchie e poi le giovani. Il giovane fa resistenza e la sua giovane amica insulta la vecchia dalla finestra. Ma ecco che arriva una seconda donna più brutta della prima, e poi una terza più brutta della seconda. Per il giovane non c’è più scampo, tutte e tre lo trascinano nella loro casa e lo sfiancano per bene tutta la notte. Al giovane fanno tutte schifo, però non può fare a meno di giacere con loro, poiché la nuova legge, bandita dalle donne, vuole che tutte le donne debbono poter fare l’amore, prima le brutte, laide e vecchie e poi le giovani. Anche gli uomini possono frequentare tutte le donne, senza pagare una lira, prima i brutti e poi i belli altrimenti tutte le donne sceglierebbero i belli. Questa è la legge. E la legge è uguale per tutti.
Sicuramente i giovani restano insoddisfatti di questa misura, come sono rimasti insoddisfatti della polenta, ma quello che si poteva fare col vecchio regime, cioè scegliere da chi andare, però a pagamento, non è più possibile, ora che comandano le donne. Gli uomini vistisi disoccupati, si domandano che cosa debbono fare , se fanno tutto le donne. Ma qualcuno risponde: “statevene a letto a poltrire”. Sarebbe come dire: “continuate a fare quello che avete sempre fatto”. Qualcuno si domanda se due persone avvinazzate si prendono a botte e finiscono in tribunale, (nell’Atene nel IV secolo AC si era diffusa la moda delle spie, delle cause; delle false testimonianze, sicché i tribunali erano oberati di lavoro) chi pagherà le spese della giustizia, ma altri rispondono che ormai non si paga più niente, tutto è gratis per tutti. Una cosa ancora mi rimane da aggiungere, che la vita promiscua, impedisce a ciascuno di sapere di chi sono figli i bambini che nascono. Sicuramente non è possibile farlo, ma ognuno può pensare che siano figli suoi. Così se uno strangola il proprio padre, va assoggettato certamente ad una multa, ma la multa non si paga. E però i benpensanti rispondono subito che tutta la gente impedisce al malintenzionato di strangolare il proprio padre, poiché ognuno può pensare che possa essere suo padre.
Annotazione finale
ARISTOFANE è il più grande comico dell’antica Grecia. Un uomo dalla fantasia sbrigliata, che inventa situazioni comiche su situazioni comiche, ma tutte a sfondo sessuale. È anche piuttosto volgare, come dimostra l’episodio di BLEPIRO, che si sforza di andare di corpo all’aperto, facendo divertire i suoi vicini di casa.
Di Aristofane ci sono pervenute undici commedie, mentre altri comici sono andati completamente perduti, salvo Menandro, che però appartiene ad una generazione successiva.
445 A.C. nasce Aristofane
431 A.C. inizio guerra Peloponneso, Aristofane ha 14 anni
404 A.C. fine guerra Peloponneso