“Quel ponte sul fiordo di Furore”: il salto nella vita di Capuano

Rita Occidente Lupo

La sfida della vita: prima con se stessi, che col trampolino dal quale lanciarsi nel vuoto, nell’acqua azzurra. In quel Marmeeting, vetrina ormai accreditata per lo spaccato della Divina, che non desiste dal conquistare tutto il mondo. Per quel fascino incontaminato della natura arborea, tra spruzzate d’azzurro e bucoliche note ambientali. In tale location privilegiata, Enzo Capuano ambienta la sua terza fatica letteraria”Quel ponte sul fiordo di Furore”- ediz. Controcorrente. La narrazione privilegia il nerbo romanzato, ma dalle forme sincopate fin dalle prime battute. Originale lo stile, in un armonico possesso lessicale, tra costanti singhiozzi del ritmo, intercalate pennellate liriche. Proprio come il panorama suggerisce. Infatti, quella di Capuano, una storia che va per gradi, avvalendosi anche del feed back, quando serve a porre sotto la lente d’ingrandimento la cornice alle suggestioni. Che il protagonista detiene intatte nella mente, crocifisse ancora agli scenari bellici, in una Mostar in preda alla barbarie. L’amore, quello che gli culla il cuore, facendogli trattenere la forza che la compagna di percorso gli sa trasmettere, in poche battute a volte nominali. Come la spuma del mare, la scia dei tuffi, la voglia di sfidare l’infinito. Insieme alla paura di non farcela ad andare oltre la stessa cortina delle probabilità di farcela. Nel cimentarsi con se stesso, con la vita, facendo i conti con lacerti di memoria natìa, la consapevolezza che il tuffarsi nella vita, superiore al mare stesso. un ponte, Furore: un banco di prova, per non restare inappagato, nella sua crescita di uomo, sapendo che la vita gli chiederà la caparra della maturità, dopo le lacrime ed i sospiri, di anni non gettati alle ortiche!