La Fretta e il Dubbio
Il voto della giunta del senato sulla decadenza di Berlusconi è slittato a data da destinarsi. Le questioni pregiudiziali ( ora preliminari) sollevate dal senatore del Pdl, Augello, richiederanno infatti qualche giorno di approfondimento, e forse ben altre pronunce. La vicenda è nota, anche se ai più è di difficile comprensione. Molti, infatti, si chiedono come mai il Cavaliere, che è stato condannato con sentenza definitiva, si ostini ancora a sedere tra gli scranni del parlamento. Sovrapponendo, cosi, tra di loro istituti giuridici che nulla hanno a che vedere con la pena principale inflitta dal collegio presieduto dal giudice Esposito e il ruolo politico che riveste l’ex premier. Altri ancora confondono la decadenza con l’interdizione, ignorando che la seconda non è stata ancora determinata dai giudici della Corte d’Appello di Milano, nè confermata dalla Cassazione, davanti alla quale finirà quasi certamente l’attesa sentenza. Ma allora di cosa stanno discutendo i 23 senatori della giunta, di notte, asseragliati in quella stanza di Palazzo Madama, mentre fuori frotte di giornalisti vanno alla disperata ricerca di ultime notizie? Il tema, in realtà, è meno ostico di quanto sembri. Si tratta di capire, cioè, se la legge Severino sia o meno applicabile a Berlusconi, in quanto parlamentare ( innanzitutto), e in quanto condannato per un reato commesso prima della sua entrata in vigore. Riconoscere al Cavaliere – e al partito che lui rappresenta – il diritto di sapere se la propria esclusione dal senato debba considerarsi un atto illecito anzichè legittimo e dovuto, come sostengono invece i suoi avversari, dovrebbe apparire a ciascuno un gesto di civiltà giuridica oltre che di buon senso. Al contrario, l’impressione è che i senatori del Pd, di Sel, per non dire quelli del Movimento 5 Stelle, siano in preda ad una strana fretta di liquidare la pratica in quattro e quattr’otto. Quasi temessero che la Consulta possa dare ragione al centro destra e vanificare l’agognata esclusione. Non fu così per il Lodo Alfano, sul quale la sinistra pretese ad ogni costo il giudizio autorevole della Suprema Corte, nè in altre circostanze in cui il Caimano sembrava volesse trarre vantaggio rispetto a situazioni a lui più sfavorevoli. Ma a cosa serve? Dicono i frettolosi, se tra poco più di un mese il Cavaliere sarà comunque interdetto dai pubblici uffici? Forse a nulla, oppure servirà a guadagnare tempo in vista di una possibile revisione del processo Mediaset. Ma non è questo il punto. Il punto è sottrarre Berlusconi ( e chi dopo di lui dovesse ricaderci) ad un giudizio sommario, ad un rito talebano e da mozza orecchi, che non si addice ad un paese civile come il nostro, culla del diritto e qualche volta ( a sua insaputa) anche della buona politica. Detto ciò, non sarebbe neppure inopportuno se il Cavaliere decidesse, lui, di sottrarsi alla sfiancante e noiosa pantomima della cacciata, anticipando con le proprie dimissioni il voto scontato e gaudente dei suoi aguzzini. Si tratterebbe di un gesto dignitoso e pragmatico che gli consentirebbe di riciclare la leadership tutt’ora indiscussa sotto nuove forme, non meno carismatiche di quelle istituzionali che fino ad oggi abbiamo conosciuto. E nello stesso tempo di sostenere quel governo per il quale la destra si è tanto battuta per far uscire il paese dal pantano della crisi e dal tassismo montiano.
come si può trasformare una noiosa e annosa tiritera, un meleggiare spagnolesco e napoletano, un’allungamento di brodo e eterno rivio in un rito talebano affrettato da mozza orecchi?
saremo anche la culla del diritto però se non siamo in grado di far rispettare le leggi su una questione annossissima che ha raggiunto il terzo grado di giudizio con tre condanne, allora siamo diventati la patria delle pagliacciate e non ce ne siamo accorti.
poi lui là se fosse disinteressato e avesse argomenti per difendersi si sarebbe dimesso da almeno 10 anni, perciò è logico pensare che la politica per lui non è la casua ma la soluzione ai suoi personalissimi problemi.
e poi qua si vuole la botte piena e la moglie ubriaca, se le cose sono come dici tu che faccia cadere il governo.
Scusi, eh, io di leggi poco me ne intendo, ma quando il nostro fu salvato da una sentenza che non poteva più applicare una legge perché quella legge era stata cancellata (e quindi il reato alla data della sentenza non esisteva più), il reato non era un reato commesso prima della entrata in vigore della legge?
Capisco, l’argomento è molto tecnico. Proverò a semplificare il più possibile. Che Berlusconi sia stato condannato con sentenza definitiva, è un fatto assodato ed incontrovertibile ( salvo in caso di revisione del processo : in Svizzera sarebbe stato scagionato per gli stessi fatti, con prove documentali e testimonianze). Altra cosa è la “decadenza”, introdotta dalla legge Severino nel 2012, ma di dubbia applicazione al caso di specie (nulla poena sine praevia lege) : il reato sarebbe stato commesso quando tale sanzione non era stata ancora prevista ed introdotta. Detto questo, il Cav fa bene a contestare la sua possibile esclusione dal parlamento ( per la quale non è sufficiente la sola condanna per frode). Sull’opportunità o meno di resistere ( viste le prospettive : interdizione dai pubblici uffici a breve….) si può discutere. Io mi dimetterei e farei il leader all’esterno ( alla Grillo, per intenderci).
Ma difatti il leader esterno è una cosa che sul piano del marketing gli conviene e saprebbe sfruttarla benissimo, dicendo che lo hanno cacciato o hanno provato a cacciarlo con tutti i mezzi, ma lui ce la farà (o ce l’ha fatta) a ritornare, ecc.ecc. (segue la musica di Rocky IV). Quello che secondo me l’elettore del centrodestra non vuole vedere è che deve andare verso il superamento di Berlusconi e costruire un nuovo centrodestra, senza di lui né dentro, né fuori. Mi rendo conto che Berlusconi riesca a convogliare una grande quantità di voti dati dagli elettori come se andassero direttamente a lui e non al PDL nel suo complesso, ma Berlusconi non è eterno e se il centrodestra si inventasse non già un altro leader ma un nuovo progetto più omogeneo (e non qualcosa in cui tolto il leader non c’è più il partito), la politica tutta ne guadagnerebbe. Insomma, io sono stupito (ma letteralmente) dal fatto che il programma del centrodestra non sia la copia esatta di quello di FARE.
Fare previsioni su Berlusconi è impossibile : ci ha abituato a tutto e di più. E’ morto e risuscitato almeno quattro volte. Il programma di FARE ( che io seguo con attenzione) in parte è simile a quello del Pdl ( e di Renzi).
Sì, sono simili, ma dopo 20 anni possiamo serenamente dire che è rimasto quasi per intero lettera morta? Molto di quello che c’è scritto nel programma di FARE è condiviso anche da molti elettori di centrosinistra (e non solo dai cosiddetti “renziani”). Ci sono cose al suo interno assolutamente ovvie per chiunque abbia un minimo di buon senso e mettendo da parte tutte le ideologie.