23 settembre 1985-23 settembre 2013 ricordando Giancarlo Siani…
Il 22 settembre del 1985 “Il Mattino” di Napoli pubblicava questo articolo di un giovane corrispondente di cui riproponiamo uno stralcio: Nonna manda il nipote a vendere l’eroina. Mini-corriere della droga per conto della nonna: dodici anni, già coinvolto nel “giro” dell’eroina. Ancora una storia di “muschilli”, i ragazzi utilizzati per consegnare le bustine. Questa volta ad organizzare il traffico di eroina era una “nonna-spacciatrice”. Era lei a tenere le fila della vendita con altre due persone ed il nipote. La casa-basso nel centro storico di Torre Annunziata era diventata il punto di riferimento per i tossicodipendenti della zona. Al ragazzo il compito di portare le dosi ed incassare i soldi. A scoprire il traffico di droga sono stati i carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata che hanno arrestato la donna, Maria Cappone, sessant’anni e Luigi Cirillo, di 34 anni, anche lui coinvolto nel “giro”. Un altro uomo, parente della donna, è stato identificato ma è riuscito a scappare. Il ragazzo è stato affidato ai genitori. La madre, impiegata comunale a Torre del Greco, era all’oscuro di tutto. Sapeva che il figlio la mattina si recava dalla nonna ad aiutarla nei servizi di casa. In realtà l’aiuto consisteva nel fare da staffetta per consegnare le bustine. I carabinieri da diversi giorni tenevano sotto controllo la casa di via Carlo III, nel centro storico di Torre Annunziata. Avevano osservato tutti i movimenti dei tre spacciatori e avevano notato anche il ruolo che era stato affidato al ragazzo (minorenne e quindi non imputabile: nessun rischio se veniva trovato con l’eroina). L’altro giorno i militari, diretti dal capitano Sensales, sono intervenuti, hanno bloccato Luigi Cirillo (aveva in tasca una bustina d’eroina) ed hanno fermato il dodicenne che al pretore di Torre Annunziata, Luigi Gargiulo, ha confermato il suo ruolo, l’attività della nonna e degli altri due spacciatori. Il Cirillo contattava i tossicodipendenti, stabiliva il prezzo e fissava l’appuntamento davanti all’ingresso di Maria Cappone. Al ragazzo veniva affidata l’eroina, la consegnava ai tossicodipendenti ed incassava i soldi. Quando i carabinieri sono intervenuti la donna di sessant’anni è riuscita ad allontanarsi, ma è stata arrestata dopo qualche ora. L’altro parente della donna, invece, è riuscito a sfuggire all’arresto; contro di lui la Procura della Repubblica di Napoli ha emesso un ordine di cattura per detenzione e spaccio di droga. I militari hanno sequestrato altre due bustine di eroina. Secondo le indagini i tre non avevano collegamenti con clan camorristici. L’appartamento era un centro di vendita al “dettaglio”. La madre del ragazzo (ogni mattina per lavoro si spostava a Torre del Greco) era certa che il figlio andasse a trovare la nonna perché ammalata. Li chiamano “muschilli”. Sono minori, non imputabili Li chiamano i “muschilli”, gli spacciatori in calzoncini, i corrieri-baby. Un “lavoro” da intermediario, un compito di appoggio. Il ragazzo di dodici anni di Torre Annunziata non è né il primo né l’unico caso. A maggio scorso il caso di Gennarino di Secondigliano, a dieci anni forzato della droga. Ma tanti altri ancora. Quanti ne sono? Impossibile azzardare un dato statistico, certo è che il fenomeno esiste in proporzioni molto più vaste di quanto si creda… Questo il suo ultimo articolo. Il giorno dopo, il 23 settembre, quel giovane corrispondente veniva ucciso dalla camorra. Oggi Napoli ricorda quel giornalista simbolo dell’informazione libera, d’inchiesta e della lotta all’illegalità. Giancarlo Siani aveva 26 anni. La sua auto, la Méhari su cui fu assassinato, sarà installata oggi, a 28 anni dalla morte, nella Rotonda della Legalità, in via Caldieri a pochi metri dalla sua abitazione, in piazza Leonardo – Villa Majo, nel quartiere del Vomero. Giancarlo Siani venne condannato a morte dalla camorra per le sue inchieste, con un suo articolo accusò il clan Nuvoletta, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia”, di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, ottenute da Giancarlo grazie ad un suo amico carabiniere e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la camorra a sbarazzarsi di questo scomodo giornalista. Il 23 settembre 1985, appena giunto sotto casa sua con la Citroën Méhari che oggi girerà per Napoli, Giancarlo Siani venne ucciso: l’agguato avvenne alle 20.50. Nel 2009 è uscito il film Fortapàsc di Marco Risi che ne ha ricostruito fedelmente la vicenda. Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della corte d’assise di Napoli ha condannato all’ergastolo i mandanti dell’omicidio (i fratelli Lorenzo, poi morto, e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante detto Maurizio) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). In quella stessa condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata dalla Corte di Cassazione, che però dispose per Valentino Gionta il rinvio ad altra Corte di Assise di Appello: si è svolto un secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l’ha di nuovo condannato all’ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha definitivamente scagionato per non aver commesso il fatto.