Vallo di Diano: Codacons su servizi pubblici

Ci sono servizi che dovrebbero ricadere nel patrimonio di tutti i cittadini e informazioni che dovrebbero essere date per la loro intrinsica valenza sociale. Parliamo del buon andamento dei servizi pubblici, in particolare, e delle notizie giudiziarie relative a personaggi che rivestono o hanno rivestito ruoli pubblici di importanza nevralgica.Tempo fa siamo stati facili profeti nello scrivere un comunicato richiamando il titolo del famoso romanzo di John Steinbeck, ambientato negli Stati Uniti ai tempi della grande crisi del 1929: Uomini e topi. Dicevamo – tra le altre cose – che il Vallo di Diano, preso nella morsa di due “grandi potenze” confinanti, Vallo della Lucania e Basilicata, ha dovuto cedere il proprio Tribunale (una struttura dedicata e costruita con tutti i requisiti previsti dalle attuali norme) per via di una decisione “romana” (D.Lgs n.155/2012) che rivede la geografia giudiziaria. E così, a dispetto della legge sull’impenetrabilità dei corpi, una struttura più grande è stata conficcata in una più piccola. E le conseguenze sono quelle che i cittadini e gli operatori della giustizia sperimentano quotidianamente. Poche le voci “autorevoli” che si sono levate a difesa del Tribunale di Sala Consilina. Ribadiamo che, come cittadini, possiamo lamentare i seguenti conclamati disagi, che fungono da complemento alle criticità già rilevate dagli avvocati del foro di Sala Consilina.

1)    Carenza di collegamenti tra il Vallo di Diano e Lagonegro.

2)    Inadeguatezza delle aule di udienza – aspetto che compromette, di fatto, il buon funzionamento della giustizia.

3)    Difficoltà nell’effettuare gli adempimenti di cancelleria per le lunghe attese e le difficoltà tecniche riscontrate.

Per quanto riguarda l’efficienza della giustizia, abbiamo già avuto le prime avvisaglie. La prima è che l’udienza sul boschetto paleo-palustre, che doveva tenersi il 20-11-2013, è stata rinviata d’ufficio al giorno 24 marzo prossimo venturo. Vedremo, adesso, se questa udienza finalmente si terrà e se la stampa si interesserà a questo caso eclatante dove ad un ex-senatore della Repubblica Italiana, legale rappresentante della soc. Coop. Betulla, viene contestato il reato di occupazione di suolo pubblico (art. 633 c. p.) poiché “dopo aver acquistato, dal Comune di Sassano circa 2845 mq. di terreno sito in località Fornace – via Macchia Mezzana (lotto nr. 09 – zona PIP), realizzava un piazzale in materiale misto calcareo avente una superficie di circa 3750 mq., così arbitrariamente occupando circa 941 mq. di terreno del Comune di Sassano”. Il caso del boschetto fu ripreso, il 31 luglio 2003, nella trasmissione radiofonica di Oliviero Beha e Mauro De Cillis, La Radio a Colori. Un caso nazionale? E perché mai? Perché la Carta di Destinazione d’Uso del Territorio, approvata dalla Comunità Montana in data 13-02-2003, ai sensi della L. R. n. 17/1998, individuava quella zona, unica nel suo genere, come sito di pregio ambientale. Eppure l’amministrazione di Sassano, il 24 dicembre 2003 (D.C.C. n. 26/2003), approvava il Piano Insediamento Produttivi proprio in quella stessa zona. Da allora abbiamo cercato di seguire l’iter amministrativo per la costruzione della zona industriale. Il progetto prevedeva una strada nel boschetto (oggi parzialmente realizzata), che ne isolava i due rami irreversibilmente. La Regione Campania, senza preoccuparsi dell’assenza di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per l’opera infrastutturale da eseguirsi in una zona “di particolare pregio ambientale e paesistico”, finanziava il progetto per un importo di 808.205,05 EUR (del. G.R. n. 5450/02). L’importo totale dell’opera era di 861.954,17 EUR, di cui 53.699,12 a carico del Comune di Sassano. Si è saputo che la soc. Coop. Betulla aveva, tra i suoi fini statutari, anche la “salvaguardia dell’ambiente, intesa come sorveglianza per la salvaguardia dei boschi”. Epperò, nella “Scheda di trasmissione di notizie di reato” del Comando del Corpo Forestale dello Stato, inviata alla Procura il 20-01-2011, è emerso che “sono stati distrutti circa 2000 mq. di bosco”, e che “il Comune di Sassano ha lottizzato, per scopi produttivi, un luogo boscato”. Risulta che partecipano a questa società cooperativa come soci o collaboratori altri pezzi delle istituzioni locali (vari sindaci, vicesindaci e assessori delle passate amministrazioni sassanesi, alcuni ancora oggi consiglieri comunali, un segretario cittadino di partito, un consigliere di un paese vicino, un giudice di pace). L’area industriale è stata costruita da un’azienda di Casal di Principe; oggi quelle infrastrutture sono già del tutto fatiscenti. Tutto ciò è avvenuto nonostante la L.R. n. 17/98 volesse che i Comuni rivedessero il proprio PRG alla luce della Carta di destinazione d’uso del territorio, approvata dalla Comunità Montana in data precedente alla decisione della Giunta Comunale. Tuttavia, la questione del boschetto paleo-palustre resta ancorata, per quanto a noi noto, a questo processo, nato perché avevamo notato, così come rilevato dal Corpo Forestale dello Stato, che “una porzione del bosco, pari a circa mq. 700, risulta ricolma di rifiuti edilizi, miste a terre e rocce da scavo… che avanzano gradualmente nell’area palustre cagionando un serio denneggiamento al bosco”. Il Comune di Sassano, amministrato dal Sindaco ambientalista, già membro del Parlamento in quota Verdi, avrebbe dovuto e potuto costituirsi parte civile in questo processo. Tuttavia, il cittadino comprende molte cose da questa triste storia, anche per quanto riguarda la vicenda legata all’interrogazione parlamentare a firma dell’On. Trepiccione, in quota Verdi, prima presentata su nostra proposta nel 2007 e poi “opportunamente” ritirata dallo stesso. La seconda questione è il completo black-out che è caduto sull’udienza camerale del 5 luglio 2013 sulla vicenda della mancata bonifica dei terreni agricoli (per un’estensione di 41000 mq) interessati da smaltimento illecito di rifiuti, sequestrati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere nel 2007, e ricadenti nei comuni di San Pietro al Tanagro, San Rufo, Sant’Arsenio e (sembrerebbe!) in un’isola amministrativa santarsenese inclusa nei confini di Teggiano. Infatti, all’avv. Elisabetta Giordano, che ha esposto le ragioni della nostra opposizione alla richiesta di archiviazione, tutte reperibili al sito seguente http://robertodeluca.blogspot.it/2013/06/una-speranza.html, non è ancora stato comunicato alcunché in merito, nonostante una richiesta, in tal senso, del 5 novembre 2013. A tale richiesta è seguito un sollecito dell’11 novembre scorso, dove si specificava l’urgenza di prendere visione del fascicolo perché la questione è inquadrata nell’ambito della più vasta inchiesta sui rifiuti illecitamente smaltiti nel territorio campano. Come già ribadito altre volte, il trasferimento del Tribunale da Sala Consilina a un’altra Regione comporterà, nel tempo, un irreversibile impoverimento dell’intero comprensorio, non solo dal punto di vista economico, ma anche sotto l’aspetto sociale e culturale. Il rischio di un arretramento anche sul piano della legalità porrebbe, infine, non pochi interrogativi a tutti noi. Queste cose le vogliamo ripetere e ripetere e ripetere, affinché sia più chiaro lo scenario futuro del “Vallo che sarà”; che una semplice azione amministrativa locale non potrà – purtroppo – più cambiare.