Sud amaro, basta con i Borboni!

Giuseppe Lembo

Caro Direttore Antonio Polito, innanzitutto le mie congratulazioni per la sua recente nomina a direttore del Corriere del Mezzogiorno. Congratulazioni anche per la pagina aperta, utile a favorire il dialogo con i lettori. Vengo al perché di questa mia lettera – riflessioni

Leggendo in questi giorni, le pagine del suo giornale, si ha la forte impressione che l’unico futuro possibile per Napoli, la Campania ed il Sud più in generale, sia nelle mani dei Borboni.

Ho apprezzato e non poco l’attenzione del giornale per il libro di recente pubblicazione di Emanuele Felice “Perché il Sud è rimasto indietro” Edizioni Il Mulino.

Non ho, però, per niente apprezzato lo spazio quasi quotidiano ad interventi da spazzatura culturale che vengono dal mondo borbonico e da una cultura fortemente legata ai mali dell’ottocento borbonico al Sud ed in Campania in particolare.

Soprattutto non ho per niente apprezzato la paginata dedicata allo scrittore borbonico Pino Aprile, autore di quel volume intitolato “Terroni” che considera un libro sacro con le uniche esclusive verità storiche riguardanti il Sud e la Campania in particolare alla vigilia dell’Unità d’Italia, con pagine amare che si tengono pretestuosamente aperte per tenere divisa questa povera Italia nostra, dove c’è un diffuso compiacimento di farsi e fare male agli italiani che meriterebbero altro.

Non ho gradito da lettore assiduo del Corriere della Sera e quindi del suo inserto regionale del Corriere del Mezzogiorno, l’aggressione violenta del borbonico Pino Aprile nei confronti di Emanuele Felice, un giovane ed intelligente studioso di un problema storico che in tanti lo hanno analizzato e lo analizzano, portandone alla luce non la verità, ma le proprie verità, spesso con l’obiettivo dichiarato di non dare un contributo positivo né alla verità, né a quell’Italia unita che, in modo del tutto inopportuno, è al centro di un confronto-scontro, stupidamente suicida.

Un confronto-scontro che non poteva risparmiare il libro di Felice, una giovane intelligenza italiana che Pino Aprile ha vergognosamente offeso, aggredendola con un linguaggio da vero Borbone di Napoli.

Pino Aprile, nel rispetto sacrale della storia e dei suoi protagonisti è il passato; un passato che, nonostante l’ottimismo di un manutengolo di fanatici, è ormai sepolto e per sempre, anche se rigurgiti neoborbonici di qualche nostalgico alla Pino Aprile, tornano ad ammorbare l’aria pulita che va assolutamente in altre direzioni.

Mi dispiace da lettore fortemente infastidito che abbiate permesso a Pino Aprile di vomitare tante inopportune e violente cattiverie nei confronti di un giovane intellettuale italiano; un intellettuale intelligente che ci ha regalato una buona lettura della storia e dei mali antropici che non hanno permesso al Sud di diventare alla pari, parte unitariamente sviluppata dell’Italia che è stato e sarà anche per le future generazioni un bene, un grande bene averla unita.

Un rispetto sacrale va al sangue versato; non dovrà essere mai cancellato dalla memoria il sacrificio umano che ha comportato il sogno di unire l’Italia per il bene di tutti gli italiani.

L’Italia, ma soprattutto il Sud, rifletta con responsabile saggezza sui suoi tanti mali; trattasi di mali che vengono da lontano e si sono incancreniti nel corso degli anni unitari, senza quella giusta e possibile soluzione, mai trovata per colpa degli uomini che ne hanno aggravato le condizioni, rendendo il mondo meridionale familista e senza un insieme umano e sociale attento allo sviluppo ed al cambiamento possibile; un cambiamento fortemente coeso per costruirsi, purtroppo, la sola crescita diffusa delle negatività, da cui ancora oggi dipendono le tante sofferenze meridionali.

Non intendo, caro Direttore, prolungarmi oltre.

Su Emanuele Felice, la mia analisi l’ho fatta in un allegato a questa mia lettera – riflessioni con quel rigore che merita un libro di storia, con un percorso che, sin dall’inizio, ha messo inopportunamente gli uni contro gli altri, facendo male, tanto male all’Italia, all’identità italiana, all’appartenenza ad un Paese falsamente unito, ma di fatto disunito che, purtroppo, mai umanamente, come per l’Europa di oggi, si è saputo ritrovare veramente italiano da Nord a Sud.

Non voglio aggiungere altro. Le cose da dire, come scrittore e giornalista, le ho detto nell’allegata recensione.

Le scrivo per esprimerLe il mio rammarico, per la sua generosa disponibilità a quel Pino Aprile che, ritrovandosi a promuovere la cultura neoborbonica, non sa né amare, né rispettare il prossimo, trattandosi, tra l’altro, di un giovane intellettuale a cui va tutta la mia stima, il mio affetto, il mio grazie di comunicatore autentico ed il mio augurio di una grande carriera di storico attento al vero storico, di studioso attento al protagonismo umano e di intellettuale autentico impegnato a promuovere la cultura, facendo crescere la gente anche in funzione di un insieme italiano di cui oggi più che mai c’è tanto bisogno nel nostro Paese, se vogliamo, tutti insieme, evitare il quasi inarrestabile declino italiano.

Con rinnovata fiducia, augurandomi di non leggere mai più brutte pagine borboniche, come quella firmata da Pino Aprile, continuerò a comperare ed a leggere Il Corriere della Serra in uno con il Corriere del Mezzogiorno