Quale Senato!
Aspettando che venga approvata la legge elettorale e che si metta mano al Titolo V della Costituzione – devastato dalla sciagurata rivisitazione imposta dalla sinistra di Prodi con appena 4 voti di scarto, nel 2001 – a tenere banco è la riforma del cosiddetto bicameralismo perfetto attraverso il superamento del senato. In buona sostanza, si tratta della riproposizione della riforma già varata nel 2006 dal governo Berlusconi ( che allora includeva anche il premierato forte), e poi bocciata col referendum confermativo. La proposta di Renzi – più o meno discussa e pattuita al Nazareno proprio con il Cavaliere – prevede un senato delle autonomie composto perlopiù da sindaci e governatori non eletti e non retribuiti. Il nuovo senato non dovrebbe né concedere la fiducia al governo né votare la legge di bilancio. L’idea è quella di semplificare, in primo luogo, i processi legislativi, che qui da noi hanno spesso tempi biblici, ma anche di apportare un risparmio alle casse dello Stato tagliando indennità e vitalizi. Il bicameralismo perfetto, che esiste solo in Italia, fu concepito dai padri costituenti a ridosso del fascismo per arginare possibili derive autoritarie, sia di destra che di sinistra, nel più ampio progetto costituzionale di dotare il primo ministro di meno poteri possibili ( democrazia parlamentare). Col senno di poi, quella scelta, evidentemente troppo prudente, si è rivelata una vera e propria iattura per il governo del paese, visti gli innumerevoli esecutivi che si sono susseguiti dal 1948 in avanti. OggiAggiungi un appuntamento per oggi dunque ci troviamo di fronte ad una svolta epocale che potrebbe ( il condizionale è d’obbligo) far cambiare verso al paese e ridare slancio all’azione legislativa del parlamento, adeguando finalmente i ritmi della politica a quelli della vita reale. Sul superamento del bicameralismo paritario, in linea di massima, siamo tutti d’accordo, ad eccezione del solito manipolo di costituzionalisti comunisti, custodi del “Santo Gral” e della sua intangibilità. Ma la riforma di Renzi va bene così com’è o è perfettibile? Una prima risposta potrebbe essere : è meglio dello status quo. Volendo però addentrarci nelle pieghe del disegno di legge ed approfondire l’argomento con maggiore spirito critico – il tema è delicato – sarebbe opportuno forse che i nostri legislatori aggiungessero qualche tassello o modifica, se non altro per mettersi al riparo da possibili bocciature della Consulta. Ad esempio, uno dei punti che desta maggiori dubbi è l’elettività o meno dei senatori e la loro retribuzione. Cosa accadrà se e quando il parlamento sarà chiamato a votare una legge costituzionale ( art. 138) ? Si può consentire a dei senatori non eletti, privi cioè di un apposito mandato elettorale, di modificare addirittura la Costituzione? Secondo quesito : si può immaginare che un sindaco possa “distrarsi” in altre attività e trasferirsi a Roma, senza ottenere in cambio neppure un rimborso spese? Contestualmente al progetto di Matteo Renzi, sta circolando nei palazzi una seconda bozza di riforma – predisposta da Vannino Chiti – la quale prevede il dimezzamento dei deputati e una drastica riduzione dei senatori, i quali però verrebbero eletti e retribuiti con un’indennità. E’ probabile che sulla soluzione avanzata da Chiti possa convergere Forza Italia, anch’essa a favore della tesi della eleggibilità. Così come non si può neppure escludere che alla fine questo percorso lungo e complicato (doppia lettura nelle due camere e pausa tra la prima e la seconda approvazione ) si areni tra le solite beghe di partito e crisi di governo. Renzi prova a dissuadere i disfattisti minacciando, come fa ogni volta, le dimissioni. Se questo però possa costituire un deterrente contro i gattopardi o, al contrario, un acceleratore della loro azione di disturbo, è da vedersi.