Accelerare per sopravvivere: Renzi e l’ultimatum

Amedo Tesauro

Ritornare ancora una volta sulle strategie politiche dell’attuale premier potrebbe sembrare ridondante. Dalle accuse di televendite istituzionali a Twitter, da  “La ruota della fortuna” alle ospitate televisive, non c’è giorno che non ci si soffermi su questo o quell’aspetto di una strategia studiata nei dettagli per vincere le resistenze degli scettici. Eppure è doveroso perché il suo successo si spiega in gran parte proprio attraverso le dinamiche della comunicazione, ed invero bisogna ripartire proprio da quell’iniziale scetticismo, compreso quello dei suoi sostenitori, causato dalla staffetta Letta-Renzi. All’alba di un nuovo governo non eletto, maturato all’interno della segreteria di un singolo partito, in tanti si chiedevano perché. Del resto mettersi al comando di un esecutivo circondato da simili perplessità, un esecutivo fondato su una maggioranza instabile dove perfino i propri uomini non sono fedeli alla linea, non si dimentichi che i gruppi parlamentari sono quelli bersaniani delle ultime elezioni, a tanti era sembrato un azzardo al buio. Si disse che Renzi non poteva rimanere fermo, che fosse necessario per la sua strategia fare qualcosa, e l’unica cosa da fare era prendere in mano il gioco e dirigere le operazioni. Vero, ma il gioco può non valere la candela. Eppure, ad un mese e mezzo dal passaggio di consegne, stanno emergendo i punti vincenti di una giocata che in troppi avevano dato per perdente. La chiave di tutto sta nell’accelerare, correre senza guardarsi indietro, programmare riforme e avanzare, o quantomeno dare l’idea di farlo. La strategia regge tanto nel fare concreto quanto nell’atto propagandistico, nel ripetere ossessivamente che si stanno approvando provvedimenti epocali e che se ci si impantana si è pronti ad andare a casa. La mossa è rischiosa, ma è la miglior copertura possibile, perché garantisce una situazione di vittoria in ogni caso: se le riforme riescono se ne si prende il merito, se falliscono è colpa di chi le affossa. Renzi può declamare con tranquillità le ipotesi di un abbandono fino a quando riesce a far passare il messaggio che la grande rivoluzione è stata bloccata da altri, non dai suoi errori: colpa dei rosiconi e dei gufi che vogliono far fallire l’Italia, un nemico che tira in ballo spesso nei suoi proclami. Certo, questo non basta a dimenticare il peccato originale, ovvero l’arrivo al potere attraverso una manovra di palazzo, tuttavia convince tanti italiani della buona fede dell’operazione. Inoltre la “rivoluzione renziana”, reale o meno, si scontra con l’altra rivoluzione promessa, quella grillina. Renzi si è spesso rivolto agli elettori del M5S, evitando di accusarli di populismo e rispettando il desiderio di mutamento che li ha animati, sostenendo che quel mutamento cercato sta avvenendo ora attraverso le riforme proposte. Ecco allora che l’immobilismo dei cinque stelle può facilmente passare come rifiuto di collaborare al cambiamento, un tradimento nei confronti dei milioni di elettori che li hanno mandati in parlamento. Renzi e Grillo, rivali alle europee dove l’ex comico gode del vento favorevole antieuropeista, appaiono ora i rivali più quotati anche sul terreno italiano. Ma dopo diverse settimane dall’insediamento del nuovo esecutivo la luna di miele pare non essere ancora finita, segno che la giocata di Renzi sta fruttando i risultati sperati.