Insulto ad insegnante, oltraggio a pubblico ufficiale!
Spesso, l’incomprensione docente-allievo. E la famiglia che, il più delle volte, scende in campo alla riscossa del proprio rampollo! Finiti i tempi delle punizioni severe, degli sguardi torvi, delle bacchettate sul palmo delle mani! Rimedi “barbari”, a detta di tanti, che hanno segnato un’epoca, in cui in aula si andava, convinzione comune, per imparare per la vita. Studiando sodo, anche mnemonicamente e senza troppi orpelli! Una didattica che rendeva la scuola non tanto magistra vitae, quanto spauracchio dei meno volenterosi. Con e senza orecchie d’asino, appese a tergo tra i banchi! Un tempo, tanto di cattedra, tra docenza ed apprendimento. Con l’alunno, obbediente scolaro, in ossequio al sapere, in composto silenzio, dal basso del troneggiante “faro sapienziale”, arroccato sul basamento ligneo. Il docente, detentore di una cultura enciclopedica o latitante, trasudante dagli spessi occhiali o sorniona tra le rughe dell’abbozzata distensione dei muscoli facciali, vaticinatore di sorti vitali! Nel promuovere o bocciare: anche tra cantonate, di camuffati Einstein, occultanti scintille geniali! Tempi biblici, quelli della riforma Gentile, nella sfilata, non sempre in religioso silenzio, di generazioni in corsa: da allora, acqua sotto ponti riformisti, a catinelle! A tal punto da rischiare d’inondare lo stesso sapere, ancillare d’un processo globale educativo, impostato sui cardini della vecchia nomenclatura civica. Sussidiaria a malapena a tomi storici, rivisitati da appendici coloratissime, non sempre degnamente consultate tra gl’incastri delle contrazioni orarie settimanali. Spesso, la scuola del nuovo millennio, in picchiata di consensi! In vetrina per offerte appetibili, orientate al boom d’iscrizioni, denigratrice di rinneganti liceali istituzioni, un tempo ritenute autorevoli. In un mondo vertiginoso, anche il rapporto scuola-famiglia, stravolto. In alcuni contesti deprivati, assente o latitante; in altri, eccessivamente presenzialista. Troppo, per accettare l’educatore autonomo nei paradigmi valutativi. Di qui polemiche, incomprensioni ed addirittura alterchi, che oltre a colorare la cronaca, imbizzarriscono le vittime. Genitori in foga, contro docenti sbrigativi nelle valutazioni o tacciati d’incapacità nella valutazione, in preda ad impeti scalmanati, specialmente alla chiusura di anni scolastici o di scansioni mensili. A volte, mitragliata d’insulti, allorquando temuto lo scarso profitto dell’allievo, che il genitore ama coprire, anzicchè riconoscere con obiettività. Di qui insulti o ingiurie, nei confronti di chi preposto ad approvare o bocciare il processo culturale. La Cassazione, nei giorni scorsi, sulla querelle ha battuto giustizia: reato l’ insulta ad un docente, sul rendimento scolastico, non semplice ingiuria, ma oltraggio a pubblico ufficiale! La quinta sezione penale ha riaperto il processo a carico di una mamma toscana, contro una docente della figlia. Di qui l’appello dell’insegnante, la voce della Cassazione, a tutela di chi esercitando un ruolo ufficiale, non può essere apostrofato e minacciato, nell’esercizio della sua pubblica funzione!